il manifesto 6.9.18
Palestina, il governo italiano tace
Medio
Oriente. I palestinesi altro non sono che il precedente storico
dell’attuale crisi dei migranti. Non a caso sono chiamati il «popolo dei
campi», profughi a casa loro in Cisgiordania e Gaza, sradicati e
dispersi in tutto il Medio Oriente: sono circa 5 milioni e mezzo,di
serie B nei Paesi arabi e, in Palestina, in una condizione di status
sospeso, occupati militarmente dall’esercito israeliano tra i più
efficienti al mondo
di Tommaso Di Francesco
«Aiutiamoli a
casa loro», è lo scellerato proposito derivato da destra e giunto prima
del 4 marzo fin dentro il governo di centrosinistra a guida Pd. E ora
mantra governativo del dramma dei profughi. Una parola d’ordine che
azzera la tragedia delle migrazioni come realtà epocale, a fronte di
guerre e miseria che derivano per buona parte dal nostro modello
occidentale di sviluppo.
Eppure il «mantra» viene invece
assolutamente disatteso se si tratta dei diritti dei palestinesi. I
quali altro non sono che il precedente storico dell’attuale crisi dei
migranti. Non a caso sono chiamati il «popolo dei campi», profughi a
casa loro in Cisgiordania e Gaza, sradicati e dispersi in tutto il Medio
Oriente: sono circa 5 milioni e mezzo,di serie B nei Paesi arabi e, in
Palestina, in una condizione di status sospeso, occupati militarmente
dall’esercito israeliano tra i più efficienti al mondo; senza Stato,
economia, terra, attraversata com’è da Muri, occupata da insediamenti
colonici così tanti che ormai mettono in discussione la continuità
territoriale di una formazione statale possibile. E repressi
violentemente nelle loro istanze di libertà, imprigionati a centinaia
nelle galere dell’«unica democrazia» del Medio Oriente in mano
all’estrema destra e a guida Netanyahu; costretti a vivere tra i posti
di blocco e a subire la negazione della loro storia con l’attribuzione
di tutta Gerusalemme all’occupante israeliano.
Almeno, pensò la
comunità internazionale e gli Stati uniti in primis nel 1949 – a ridosso
della Nakba, la cacciata dei palestinesi dalla loro terra -, aiutiamoli
in questa condizione di profughi con un sostegno «che implementi la
pace», la Risoluzione 194 nella fattispecie. Nacque coì l’Unrwa,
l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. Non ha aiutato la pace a
quanto pare, ma solo la sopravvivenza di milioni di bambini, donne
lavoratori e soprattutto ha comunque salvaguardatocosì il diritto dei
profughi a pensare di potere tornare nella loro terra. Diritto, del
resto, costitutivo dello Stato d’Israele.
Bene. Ora il presidente Usa
Trump, non contento della concessione a Netanyahu di «Gerusalemme
capitale d’Israele», di fatto con lo spostamento dell’ambasciata
americana, annuncia la cancellazione dei fondi statunitensi all’Agenzia
Unrwa-Onu della quale sono stati il maggior contribuente con circa
380milioni di dollari. Un atto criminale, che svela insieme alla natura
dei rapporti di forza e la tragedia di un popolo.
Un atto rischioso
però, già qualcuno parla di una nuova Intifada che potrebbe essere
innescata proprio da questo gesto che azzera l’intera condizione di un
popolo senza offrire alcuna contropartita e alternativa di pace. Anzi
no. Per i palestinesi c’è la tragicomica riproposizione-riedizione Usa,
dagli anni Settanta e lì morta e sepolta, della «confederazione con la
Giordania».
La protesta monta, ma c’è qualche reazione europea
avveduta e importante insieme a troppi silenzi colpevoli e assordanti.
Soprattutto da parte dell’Italia che ha storicamente avuto un ruolo
importante nella crisi mediorientale. E che tace invece anche di fronte
alla distruzione decisa dalla Corte suprema d’ Israele di una scuola,
alle porte di Gerusalemme, costruita dagli italiani.
Così, mentre la
«perfida» Germania e la Spagna hanno deciso, in risposta a Trump, di
raddoppiare il loro contributo all’Unrwa, il governo italiano, a
contratto M5S-Lega, tace. Sarà per l’andirivieni di Salvini e Di Maio
all’ambasciata americana, sarà per la sostanziale subalternità, certo
ereditata dai governi di centrosinistra, a gestire i disastri delle
troppe guerre alle quali abbiamo partecipato.
Oppure sarà perché
Trump finalmente mette in chiaro le volontà di potenza. Ma imbroglia,
come sta facendo adesso con la crisi siriana e Idlib. Per non accettare
la sconfitta della coalizione alleata che voleva fare a Damasco quello
che nel 2011 era riuscito a Tripoli, ora il presidente americano si dice
preoccupato della sorte dei civili a Idlib, circa 2milioni e mezzo di
persone in mezzo a due fuochi, e intanto ostaggio di un raggruppamento a
guida qaedista. Che dovrebbe invece abbandonare il campo, dice
l’inviato dell’ Onu De Mistura, permettendo l’uscita e la liberazione
della popolazione. Com’è accaduto nelle sconfitte jihadiste precedenti.
Intanto
si prepara un’altra provocazione sulle presunte «armi chimiche» con
spot di “caschi bianchi” finanziati dallo Stato cofondatore dei
jihadisti, l’Arabia saudita. Trump poi diventa umanitario, a 5 giorni
dalla dichiarazione della coalizione a guida Usa che bombarda in Siria,
che ha ammesso tranquillamente di avere ucciso «involontariamente» – si
chiama terrore dall’aria – mille civili nei raid su obiettivi siriani. E
c’è da temere che anche i raid russi non risparmieranno i civili.
Ecco
che Trump diventa «umanitario» in Siria e intanto cancella gli aiuti a 5
milioni e mezzo di profughi palestinesi. I quali, se potessero arrivare
nel Mediterraneo sulle nostre coste e in tutta Europa, renderebbero ben
chiara la loro disperazione. Ma non lo possono fare perché sono dentro
un grande recinto di fili spinati, un posto sicuro, la «democrazia»
militare israeliana.
Dovremmo aiutare i palestinesi a casa loro, almeno secondo la vulgata populista corrente. Ma l’Italia tace. E chi tace…