martedì 4 settembre 2018

La Stampa 4.9.18
Il popolo della Festa dell’Unità
incorona il compagno Fico
di Fabio Martini


Sul far della sera nel capannone dei dibattiti della Festa nazionale dell’Unità fa la sua comparsa il “compagno” Roberto Fico, il presidente della Camera Cinque stelle che viene dall’estrema sinistra, tutti spalancano occhi e orecchie per scoprire come sarà accolto: dalla platea si alza un applauso di dieci secondi, un applauso di simpatia che, si capirà più tardi, comprende anche alcune decine di Cinque stelle. Non esattamente una (legittima) claque, ma qualcosa che ci somiglia. Dunque impossibile misurare con precisione i sentimenti veri del “popolo” Pd rispetto ad un esponente “buono” della maggioranza e infatti, durante il confronto con l’ex ministro Pd delle Infrastrutture Graziano Delrio, ogni tanto verso il presidente della Camera sono partite bordate e malumori, ma dopo 70 minuti di dibattito Roberto Fico ne è uscito bene, si è mosso con abilità sul palco di Ravenna.
Ad un certo punto del confronto è partita, sia pure in politichese, la bordata contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Ciò che io non tollero da nessuna parte è che sull’immigrazione si parli con la pancia e non si diano dati seri, non si racconti chi sono queste persone, perché partono». E poi, più esplicitamente: «Lo dico senza alcuna remora: dalla Diciotti tutte le 179 persone dovevano scendere il primo giorno e non si doveva aspettare tutto questo tempo. È una questione su cui ho lavorato molto e infatti la mattina che io intervenni, scesero il pomeriggio dalla nave». Se Salvini fa politica con la «pancia» - e non è una carezza quella di Fico – durante una passeggiata tra gli stand della Festa, un compagno di quelli di base, si avvicina al presidente della Camera e gli dice: «Fico bravo, ma se non abbassate lo spread, siamo tutti nella cacca!». E Fico annuisce: «Hai ragione!». Fico, l’ex militante dei Centri sociali, che si fa carico dello spread, a suo modo, è un’altra notizia, visto che per Salvini e Di Maio a surriscaldare lo spread sono i «poteri forti».
Quarantaquattro anni (dodici in più di Luigi Di Maio), ex ragazzo dell’estrema sinistra napoletana, da presidente della Camera, sinora Fico ha provato a tenere un profilo istituzionale ma alimentando – con esternazioni anti-Salvini, e con una tessitura dietro le quinte - il suo profilo di capofila della sinistra grillina. Un’area che sinora non ha mai espresso pubblicamente una linea alternativa a quella di Di Maio-Casaleggio e per parte sua Fico non pare intenzionato, per indole, ad aprire fronti in nome di una diversa opzione strategica. Gli basta coltivare il suo ruolo istituzionale e quello interno di capo-area, ma senza spirito di fazione e tantomeno di battaglia.
Tanto è vero che l’applauso più fragoroso della serata lo ha preso il direttore dell’Espresso Marco Damilano, quando ha chiesto a Fico come mai nessuno lo avesse difeso nella sua politica sui migranti: «Non è vero – ha risposto il presidente della Camera - mi hanno difeso molti parlamentari del movimento, alcuni ministri. Non ho bisogno di difesa, di creare la polemica costantemente, non me ne frega neanche di rispondere a Salvini». Se quello tra Fico e Di Maio somiglia ad un gioco delle parti, il presidente della Camera continua ad esprimere con chiarezza la sua linea sui migranti. E su questo tema gli applausi a Fico uniscono militanti del Pd e dei Cinque stelle.