il manifesto 4.9.18
Alla sinistra serve un segno di discontinuità e di rottura col passato
Scenario.
È legittimo pensare che il divorzio tra la sinistra ed il suo popolo
sia cominciato con l’esperimento sbagliato del Partito Democratico e
che, quindi, occorra ben di più delle formulette sull’unità che è meglio
della divisione o sulle alleanze per battere il nemico di turno che più
larghe sono meglio è, senza mai dire una parola sulla redistribuzione
di redditi e lavoro, sulla progressività fiscale, sui diritti nel lavoro
ed al lavoro.... Se il problema fosse così semplice e solo di buona
volontà il problema non ci sarebbe
di Aldo Carra
Una
crisi lunga 10 anni. Esattamente nella seconda parte del 2008
deflagrava la crisi economica e finanziaria che, in Italia, ci
trasciniamo ancora oggi. Sì, in Italia, perché noi siamo l’unico paese
europeo ancora lontano dai livelli di Pil pre-crisi (-5%).
È vero
che gli occupati come numero hanno raggiunto i livelli del 2008, ma si
tratta solo di un abbaglio statistico: sono aumentati, ma lavorano di
meno – non per scelta, ma perché più precari e sottoccupati – ed il loro
impiego in ore lavorate è ancora inferiore del 5%. Adesso, lo ha
confermato l’Istat ieri, diminuiscono sia i disoccupati che gli occupati
perché aumentano gli scoraggiati.
SERVE ALTRO PER CAPIRE perché
ci sono più disuguaglianze, più povertà, relativa ed assoluta e, quindi,
più amarezza, più rabbia, meno umanità e più intolleranza? Se non ci
diciamo questa amara verità non possiamo capire perché siamo anche, in
Europa, il paese col peggior quadro politico: unico con una maggioranza
di governo larga, ma formata da due populismi e senza alternative
possibili in vista.
Sarà questo il nuovo scenario politico
italiano? Due populismi alleati oggi per guidare la transizione verso un
bipolarismo tra populismi domani? Per quanto i grandi schieramenti
politici e sociali di sinistra e destra siano stati scompaginati dai
processi oggettivi di globalizzazione e finanziarizzazione e da quelli
soggettivi di conversione anche delle sinistre al neoliberismo, penso –
e spero – che il nuovo assetto non sia stabile e che possano aprirsi
prospettive diverse.
Se, infatti, la prepotente irruenza di
Salvini sta occupando tutti gli spazi liberi a destra, la stessa cosa
non può dirsi per il M5S. Qui la gestione Di Maio sta mostrando tutti i
suoi limiti e, mentre la Lega, nei pochi mesi di governo, ha quasi
raddoppiato il suo 15%, il M5S ha perso qualche punto ed annaspa ad
inseguire Salvini nelle sue performance quotidiane. Quasi certamente,
quindi, tra poco assisteremo al sorpasso della Lega ed all’arretramento
del M5S non tanto per un ritorno di elettori a sinistra, ma per altra
astensione da delusione.
D’ALTRA PARTE è pressoché impossibile che
questo M5S possa occupare, come avviene a destra, tutta l’area
progressista fino alla sinistra. È più probabile, invece, che avremo una
sottorappresentazione dell’elettorato a sinistra di questo governo.
Questo è il problema che ci sta. oggi, davanti: ci sarà un’area di
sinistra non rappresentata che, però, non avanza una domanda esplicita
di sinistra. Si produce, così, e solo a sinistra, una situazione
paradossale: una domanda senza offerta ed un’offerta senza domanda.
Basta
attendere gli errori degli altri perché la contraddizione si sani ed il
punto di incontro si trovi? Pensarlo è legittimo sia per chi si pone in
attesa sgranocchiando pop corn per ingannare il tempo, sia per chi,
prendendo solo adesso le distanze da Renzi, pensa di riproporre le sue
vecchie formule condite col buonismo di sempre, senza mai sottoporre a
revisione critica la svolta del Lingotto.
MA ALTRETTANTO LEGITTIMO
è pensare che il divorzio tra la sinistra ed il suo popolo sia
cominciato proprio con l’esperimento sbagliato del Partito Democratico e
che, quindi, occorra ben di più delle formulette sull’unità che è
meglio della divisione o sulle alleanze per battere il nemico di turno
che più larghe sono meglio è, senza mai dire una parola sulla
redistribuzione di redditi e lavoro, sulla progressività fiscale, sui
diritti nel lavoro ed al lavoro…. Se il problema fosse così semplice e
solo di buona volontà il problema non ci sarebbe.
C’è, invece,
perché esso è complesso e richiede non un appello, ma una strategia. La
rottura tra soggetti sociali che di sinistra hanno bisogno e soggetti
politici che la sinistra esprime è gravissima. Essa richiede
l’attivazione di un processo nuovo, la creazione di un circolo virtuoso
progressivo che riannodi il filo spezzato tra popolo di sinistra e sua
rappresentanza, in grado di invertire il terribile processo che si è
messo in moto. Di questo dovremmo ragionare. Di come dare un segno
politico di rottura col passato e di discontinuità. Di come fare in modo
che le seconde e le terze file di ciò che resta della sinistra
organizzata possano imporsi ed assumere sulle loro spalle la
responsabilità di creare una rete tra appartenenti a soggetti diversi
che si ritrovino, ad esempio, sui tre capisaldi prima indicati per una
nuova sinistra (redistribuzione, progressività, diritti..). Di come
creare nei territori sedi aperte da mettere a disposizione di tutti i
soggetti che operano nel sociale ed in qualunque forma organizzati. Di
questo e di tanto altro, insomma.
PERCHÉ SI TRATTA di fare in modo
che i germi di una nuova offerta politica possano alimentare la
speranza di una nuova sinistra e che in parallelo si possano riattivare
forme nuove di partecipazione e protagonismo, che a loro volta possano
rafforzare e rendere credibile e possibile la costruzione di un soggetto
nuovo. Solo a questo punto potrebbe prendere corpo una domanda organica
di una sinistra che si incontra con una nuova offerta. Processo lungo?
Si. D’altra parte le due forze oggi dominanti non vengono dal nulla, ma
hanno alle loro spalle una lunga incubazione anche se due storie
diverse. La Lega è nata nel vivo di un processo di ristrutturazione
dell’apparato industriale del nord attingendo negli strati popolari ed
operai, ha avuto un balzo iniziale, poi una crisi profonda e negli
ultimi anni una vera e propria resurrezione che la fa apparire come una
forza nuova sebbene abbia in realtà amministrato ed in molti casi male.
MA
DI QUESTO PASSATO ha saputo sfruttare un certo radicamento nei
territori e la creazione anche di una classe di amministratori. La
storia del M5S è diversa, ma ha anche essa una lunga incubazione. Dagli
spettacoli di Grillo che hanno seminato, soprattutto in un pubblico di
giovani e di sinistra i temi dell’ambiente e della critica alla
politica, alle elaborazioni discutibili, ma con un loro fascino utopico
di Casaleggio. La sinistra con la sua lunga storia forse non deve
ricominciare da zero. Ma deve ripensare alla società e ripensarsi
radicalmente. Il lavoro sarà lungo, ma se non si comincia subito ad
avviarlo sarà più lungo ancora. Ci sono le elezioni a breve? Si come
sempre accade. Parliamone allora. Ma senza fare come sempre abbiamo
fatto: parlare di alleanze a prescindere dai contenuti.