Corriere 4.9.18
Diciotti, cade per Salvini l’accusa di arresto illegale Possibili nuove indagini
di Giovanni Bianconi
PALERMOIl
problema è dover decidere senza poter fare indagini, ma è ciò che
prescrive la legge. Sia per quanto riguarda i reati da contestare al
ministro dell’Interno Matteo Salvini, sia per chi dovrà eventualmente
giudicarlo. Per questo di qui alla fine della prossima settimana il
procuratore di Palermo Franco Lo Voi, l’aggiunto Marzia Sabella e gli
altri magistrati dell’ufficio dovranno studiare le carte arrivate dalla
Procura di Agrigento e stabilire con quali richieste trasmettere gli
atti al Tribunale dei ministri nel procedimento a carico del titolare
del Viminale finito sotto inchiesta (insieme al capo di gabinetto Matteo
Piantedosi) per il trattenimento illegittimo di 177 migranti a bordo
della nave militare Diciotti. E ieri, al secondo piano del palazzo di
giustizia, ci sono state le prime, lunghe riunioni.
Il procuratore
di Agrigento Luigi Patronaggio ha individuato cinque possibili accuse —
al termine di una breve istruttoria, necessariamente incompleta poiché
anche lui s’è dovuto fermare di fronte alla supposta responsabilità
ministeriale — ma alcune sono alternative tra loro. A cominciare dalle
più gravi. Il sequestro di persona «semplice», ad esempio, cadrebbe se
venisse confermato il sequestro di persona «a scopo di coazione»,
introdotto con il recente articolo 289-ter del codice penale; reato
punito con una pena più pesante, che rientra nella categoria dei
«delitti contro la personalità dello Stato» (quelli solitamente
contestati ai terroristi) e finirebbe per assorbire l’altro tipo di
sequestro compreso fra i «delitti contro la persona».
Inoltre,
un’eventuale imputazione per il 289-ter potrebbe non rimanere confinata
al solo Salvini, giacché il presunto «ricatto» agli organismi europei
per costringerli a farsi carico dei migranti «sequestrati» a bordo della
Diciotti sarebbe stato rafforzato dalle contemporanee o successive
dichiarazioni di altri componenti del governo: il presidente del
Consiglio Conte, l’altro vicepremier Di Maio, il ministro dei Trasporti
Toninelli. Sono ipotesi da valutare sulla base degli elementi già
raccolti, fatta salva l’autonomia dell’attività politica e di governo; è
dunque possibile che nel suo ruolo «classificatorio, sollecitatorio e
di impulso» (così lo definisce la dottrina) la Procura chieda al
Tribunale dei ministri di prenderle in considerazione attraverso
ulteriori accertamenti che solo a quell’organismo sono consentiti.
Un
altro reato inizialmente considerato dalla Procura di Agrigento era
l’arresto illegale, che però è stato escluso poiché presuppone
l’esistenza di un provvedimento (l’arresto, per l’appunto) che in questo
caso non c’è. Anzi, l’accusa di sequestro deriva proprio dal fatto che i
migranti sono stati costretti a rimanere sulla Diciotti in assenza di
un provvedimento motivato di chicchessia; tutto sarebbe avvenuto,
secondo ciò che è stato ricostruito finora, sulla base di ordini e
indicazioni trasmesse a voce.
Gli altri reati configurati,
omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio, sono «residuali»; in
particolare il secondo, previsto quando non sussistano accuse più gravi.
E in tal caso il peso anche politico di tutta la vicenda verrebbe
ridimensionato. Ma non sono queste le preoccupazioni di una Procura che
deve limitarsi a un «preventivo inquadramento giuridico della
fattispecie» prima di trasmettere il fascicolo al tribunale dei
ministri, il quale diventerà il dominus e deciderà in totale autonomia.
Anche sui capi d’imputazione e sulla competenza: se il trattenimento dei
migranti (illegale perché non dovuto a motivi tecnici o di altra
natura) è cominciato al largo di Lampedusa il giudizio spetterà ai
giudici di Palermo; se invece il mancato approdo era giustificato e
l’ipotetico sequestro si è verificato a Catania, allora le carte
dovranno ripartire per la città etnea. Dove, eventualmente, un altro
Tribunale dei ministri dovrà rivalutare tutto daccapo.