martedì 4 settembre 2018

La Stampa 4.9.18
L’ultima frontiera del sesso: a Torino la casa delle bambole hot
Oggi è la giornata internazionale del benessere sessuale, istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2010
di Nicolas Lozito


Oggi è la giornata internazionale del benessere sessuale, istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2010. Ieri nella periferia Sud di Torino ha aperto il primo bordello di sole bambole in Italia: Lumidolls. Le due notizie sono in contrasto o vanno a braccetto? È questo il sesso del futuro a cui dobbiamo prepararci?
Intanto, facciamo chiarezza su Lumidolls: situato in un’anonima piazzetta di Mirafiori, all’interno di un altrettanto anonimo palazzo grigio, per accedere alle stanze bisogna prenotare in anticipo sul sito. È completamente legale, e fa parte di un franchising europeo. Si paga sul posto, a un receptionist che si occupa anche delle due ore di pulizia della bambola. All’ingresso si può scegliere una delle tre stanze e una delle sette bambole disponibili. Alcune hanno il seno molto prosperoso, altre lineamenti asiatici. Ci sono Kate, Molly, Arisa e così via. C’è anche un bambolo: Alessandro. Mezz’ora costa 80€, un’ora 100€. Bisogna togliersi catenine e braccialetti, e mettere il preservativo. Così richiedono le regole. Discrezione, privacy e anonimato garantiti. Meno garantito è il piacere: le bambole hanno uno scheletro metallico, mentre la carne e la pelle sono in gomma termoplastica. Non stanno in piedi da sole, non si muovono. Insomma, bisogna impegnarsi. O essere parafiliaci, che non è una malattia, né un crimine: il termine si usa quando si hanno pulsioni sessuali nei confronti degli oggetti.
A Lumidolls sono arrivate tante critiche quante prenotazioni. C’è chi sostiene che sia una depravazione, o che spinga a ridurre il partner a un oggetto. Ma poi il fenomeno incuriosisce uomini, donne, coppie. Per provare o per passione. Per solitudine, come faceva Ryan Gosling nel film Lars e la ragazza tutta sua, o per goliardia. Insomma, dall’addio al celibato all’ideale del sesso futurista.
Ma la verità è che di futuro non si può parlare davvero: siamo ancora lontani dal «Future sex» di cui scrive Emily Witt nel suo libro sulle avanguardie della sessualità. Male, perché forse il mondo ha bisogno di più robot sessuali animati e meno sfruttamento della prostituzione e massaggi con il «finale felice». Bene, perché sdoganare la bambola Kate può scatenare un avvenire terribile. La violenza (molte bambole vengono distrutte), la perdita di sentimenti verso persone reali, la deriva simil-pornografica, soprattutto tra i giovani. O per evitare, più prosaicamente, scene come quelle di Woody Allen e il suo esorcismo a un enorme seno di silicone in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso.
L’Organizzazione mondiale della sanità per promuovere la giornata del benessere sessuale usa questo slogan: “Let’s talk about it”, parliamone. Ecco, dobbiamo parlarne, con tutti i dettagli. E forse anche provare, giocare, scoprire. Da soli e in coppia. Togliere i tabù, ma non imitando i modelli sbagliati né auto-assolvendo ogni peggiore comportamento. Perché è meglio che la libertà sessuale ci deluda nei fatti piuttosto che ci illuda nei pensieri. E perché il sesso può essere pulsione di plastica, ma è soprattutto felicità reale.