sabato 29 settembre 2018

La Stampa 29.9.18
Angelo Baiocchi, saggista
“Mossa teatrale del vicepremier sembra ispirarsi a Evita Perón”
intervista di Matteo Novarini


«È stata una scena all’insegna della teatralità, coerente con la comunicazione del governo. Ed è l’emblema di un esecutivo che finora, comunque la si pensi sui contenuti, ha mantenuto le promesse». Così Angelo Baiocchi, presidente di Publicis Media Italia e autore di
Comunicazione e politica. Guida moderna per cittadini sbandati e politici allo sbando (Edizioni Ponte Sisto), interpreta l’immagine di Luigi di Maio in trionfo sul balcone di Palazzo Chigi, assieme agli altri ministri pentastellati.
Baiocchi, lei è stato fra i primi a pronosticare un’alleanza gialloverde. Quale significato attribuisce alla scena di giovedì sera per il governo?
«L’episodio dimostra una difficoltà di Di Maio: è stato un modo per tornare protagonista, dopo essere stato a lungo messo in ombra da Salvini».
Quali modelli del passato le ha richiamato alla mente l’episodio?
«La novità, rispetto a molti precedenti di politici che parlano alla piazza, è che Di Maio era in una sede istituzionale, non a un comizio. Ho ripensato alla definizione ottocentesca di “bonapartismo”: il leader che si identifica con l’istituzione. È stato il caso di Napoleone III, di Peron, o, in Italia, di Mussolini, senza fare paragoni di contenuti».
In passato, di solito si affacciava dal balcone chi “conquistava il palazzo”, non chi era al governo. Come spiega questa anomalia?
«Non credo ci fossero dietro messaggi del tipo: “Siamo al potere, ma restiamo anti-Stato”. Penso fosse solo un modo per celebrare un successo, magari dettato dall’adrenalina del momento».
Nel suo libro, lei descrive Di Maio come un unicum, che coniuga la «sguaiataggine» grillina e un aspetto da «primo della classe». Questo ibrido funziona?
«Per ora ha successo. Va comunque sottolineato che il vicepremier è un “primo della classe” solo nel look. Per il resto, si esprime da populista».
Lei denuncia da tempo la «spirale» verso il basso della comunicazione politica italiana. Dopo le polemiche sulla manovra, a che punto della discesa ci troviamo?
«Molto in basso. Credo sia ormai impossibile discutere di politica facendo analisi. Il dibattito si è appiattito su poche formule. Penso a espressioni come abolizione della povertà. Un linguaggio tipico del populismo che, sia chiaro, può essere efficace: è stato, per esempio, lo stile di Evita Perón, che considero la più grande comunicatrice politica di tutti i tempi».