il manifesto 29.9.18
La manovra cementa l’alleanza pentaleghista
Il Def gialloverde. Con l’immagine dei 5S sul balcone di Palazzo Chigi cambia il segno della legislatura
Parlamentari
M5S e della Lega lo scorso maggio al Pirellone per il tavolo tecnico
sul «contratto di governo». La retorica della dignità nazionale
recuperata unisce come non mai grillini e leghisti
di Giuliano Santoro
C’erano
i ministri del Movimento 5 Stelle, l’altro giorno, affacciati al
balcone di Palazzo Chigi per annunciare la «manovra del popolo». Erano
acclamati da una piccola folla composta per la grande parte da
parlamentari grillini e collaboratori dei gruppi alla camera e al
senato. È l’immagine che rimane del varo della nota di aggiornamento del
Documento di economia e finanza, che rappresenta un passaggio
importante, destinato a cambiare il segno della legislatura.
Gli
eletti che si stringono attorno a Luigi Di Maio e alla sua squadra hanno
un duplice significato. Innanzitutto, mettono a tacere le flebili voci e
i dubbi che cominciavano a serpeggiare tra i 5S sull’alleanza con la
Lega. «Ci atterremo al contratto di governo», era la formula usata per
mascherare come una fredda soluzione tecnica l’imbarazzo di aver
abbracciato Matteo Salvini. Adesso però la sfida ai vincoli di bilancio
cementa l’alleanza. Lo sapeva il leader leghista, che ha scelto con
determinazione di forzare la mano al ministro Tria smentendo anche il
parere di alcuni dei suoi e che tiene un piede nel centrodestra ma da
oggi ha una sponda più forte nel M5S.
«IL LEADER LEGHISTA POTEVA
tenersi l’agenda a costo zero, fatta di emergenze sicurezza e condoni
fiscali, ma ha voluto assecondare il M5S per rinsaldare il governo e far
passare in secondo piano i dissidi», dicono con riconoscenza gli uomini
più vicini al capo politico grillino. La sintonia durerà almeno fino
alle elezioni europee, che a questo punto i gialloverdi si giocheranno
tutte sul filo della tensione con Bruxelles. È la strada che Di Maio
aveva tracciato qualche settimana fa, promettendo che «dopo il voto di
primavera cambierà tutto». Ed è una strada che, anche se a livello
continentale non passerebbe per un’alleanza organica con i sovranisti,
restituirebbe un senso alle voci mai smentite dal M5S sull’incontro tra
Di Maio e Steve Bannon di sabato scorso.
ECCO IL SECONDO EFFETTO,
anch’esso rappresentato dall’immagine della festa sotto il balcone del
governo. Mai come in questi giorni la maggioranza con la Lega assume un
significato politico coerente, trova una sintesi e, condizione
fondamentale e basica per ogni aggregato strategico, riconosce nei
«burocrati di Bruxelles» un nemico comune contro il quale battersi e
mettere da parte le differenze. «Finalmente c’è un governo che mette la
giustizia sociale al centro delle proprie politiche e che scommette con
coraggio sul rilancio dell’economia» dicono ad esempio i parlamentari
europei del M5S, gli stessi che solo pochi giorni fa avevano votato
contro l’Ungheria di Orbán, salutando la vittoria della linea di Di
Maio. Anche se c’è qualcuno, è il caso del viceministro dell’università
Lorenzo Fioramonti, che smorza i toni e auspica di trovare un ambiente
favorevole in Europa. «Mi sembra che in questo momento ci siano tutte le
condizioni, viste le posizioni degli altri paesi, perché l’Ue si renda
conto che c’è davvero bisogno di fare quegli investimenti che per troppi
anni non sono stati concessi», dice Fioramonti.
DOMINA PERÒ, e
questo è il tratto che accomuna come non mai grillini e leghisti, la
retorica della sovranità perduta e della dignità nazionale recuperata:
«L’Italia finalmente è rispettata», non smettono di dire i gialloverdi
con parole che si erano sentite anche in occasione delle crisi sui
migranti. «Gli investimenti contenuti nella manovra e le politiche
economiche espansive ci consentiranno di ricostruire una vera politica
industriale, che in Italia manca da decenni, e di rilanciare il nostro
paese a livello internazionale», concludono in un comunicato i deputati
M5S della commissione lavoro. «Stamattina ci siamo svegliati in una
nuova Italia» esultano i consiglieri comunali del M5S romano, che solo
qualche giorno fa aveva visto con sospetto la discesa in campo dei
leghisti contro Virginia Raggi, in vista delle prossime amministrative.
Restano insomma le divisioni e la concorrenza sui territori, ma quel
blocco sociale comune che ha assunto lo stile comunicativo e linguaggi
molto simili che in queste settimane si sono incontrati sui social
network per mettere a tacere i pochi dissidenti, trova un terreno più
fecondo.