sabato 29 settembre 2018

La Stampa 29.9.18
L’intreccio tra militari e populismo scuote il Brasile orfano di Lula
Il 7 ottobre le elezioni
Il Partito dei lavoratori è al potere da un quarto di secolo
di Juan Luis Cebriàn


Anche se è in carcere da aprile, condannato per corruzione, e il tribunale gli ha vietato di candidarsi, Lula da Silva, che è stato presidente del Brasile per otto anni, continuerà a svolgere un ruolo cruciale nelle elezioni del 7 ottobre. L’influenza sull’opinione pubblica di questo ex sindacalista settantaduenne, più volte candidato alla presidenza fino alla vittoria del 2002, rimane un fattore determinante. I suoi seguaci, e non solo loro, sperano che il suo sostegno a Fernando Haddad, candidato per il suo partito (Pt), possa evitare l’elezione di Jair Bolsonaro, un ex militare di estrema destra, xenofobo e ultranazionalista.
Le imminenti elezioni in Brasile segnano la fine di un processo politico che ha avuto inizio con l’impeachment dell’ex presidente Dilma Roussef che molti, a cominciare da lei stessa, non esitano a definire vero colpo di Stato. È stata destituita con l’accusa di manipolare i conti pubblici ritardando i pagamenti e i depositi nelle banche, cosa che in molti Paesi è considerata pratica comune per soddisfare le necessità finanziarie. Le è subentrato il vicepresidente Temer, ugualmente coinvolto in casi di corruzione, così come il presidente della Camera dei deputati che ha chiesto l’impeachment, Eduardo Cunha, condannato a quindici anni di carcere per aver accettato tangenti.
Roussef, ex guerrigliera, amministratrice onesta anche se poco carismatica, era la candidata scelta da Lula per succedergli. Il leader del Pt voleva così sviluppare ulteriormente le riforme che aveva lanciato e che tra le altre cose hanno salvato dalla povertà 30 milioni di brasiliani. Roussef nel 2014 aveva di nuovo vinto e i suoi oppositori temevano che, alla fine del suo mandato Lula potesse vincere di nuovo le elezioni del prossimo ottobre, prolungando di altri otto anni l’egemonia della sinistra. Avere al potere il Partito dei lavoratori ininterrottamente per un quarto di secolo dev’essere sembrato un po’ troppo all’influente borghesia di San Paolo che controlla i destini del paese. La destituzione di Roussef e l’interdizione di Lula, tuttora il leader più popolare nel Paese nonostante sia in carcere, sono indicati dagli analisti come fasi dello stesso processo, nell’insieme legale anche se non privo di ombre, destinato a ristabilire il governo della destra.
Il ruolo della magistratura
La condanna e la prigionia di Lula per alcuni sono un esempio dell’indipendenza della magistratura brasiliana. Ma i suoi fedeli pensano che l’ex presidente sia la vittima innocente di una cospirazione. Condannato in appello per aver accettato come tangente un appartamento a Playa de las Asturias (cosa che nega), è stato escluso dalla candidatura in nome della Ley de Ficha limpia, la legge della fedina penale pulita, che lui stesso, paradossalmente, aveva firmato da presidente, anche se molti altri in situazioni simili non hanno ricevuto lo stesso trattamento.
La corruzione in Brasile, recentemente collegata in gran parte alla compagnia petrolifera statale Petrobas e all’azienda edile privata Odebrecht, ha molto a che fare con i processi elettorali e il finanziamento delle campagne. In parlamento sono rappresentati fino a venticinque partiti e la necessità di creare coalizioni genera spesso tangenti e complicità poco confessabili. Scomparsa la corruzione delle imprese, le fonti di finanziamento occulto per le formazioni politiche possono concentrarsi sul traffico di droga e sulle ricche comunità religiose.
I movimenti evangelici
L’influenza politica dei movimenti evangelici in America Latina è in rapida crescita. Bolsonaro e Haddad sono i candidati che presumibilmente arriveranno al ballottaggio e in Brasile molti pastori hanno già annunciato il loro sostegno al primo.
La vittoria dell’esponente di estrema destra, che all’inizio del mese durante un comizio è stato pugnalato da un malato di mente e si trova ancora convalescente in ospedale, potrebbe essere evitata solo se la grande maggioranza degli sconfitti il 7 ottobre appoggiasse il candidato di Lula. Intanto, all’interno del Pt, si stanno moltiplicando gli intrighi per evitare la svolta centrista e socialdemocratica rappresentata da Haddad. Se quest’ultimo sarà sconfitto è più che probabile che l’opposizione lulista organizzi manifestazioni di piazza, aumentando così il senso di insicurezza e di caos, e questo sarebbe il miglior terreno di coltura per applicare le nuove e rigide politiche di sicurezza volute dal presidente.
La militarizzazione dell’ordine pubblico è stata ripetutamente messa in pratica dal presidente Temer, che a febbraio ha decretato l’intervento delle forze militari a Rio de Janeiro. Non è una tendenza esclusiva del Brasile. Il presidente messicano Calderón già un decennio fa decise di coinvolgere la marina e l’esercito nella lotta contro il traffico di droga. Oggi si registra un aumento allarmante nella vendita di fucili e carabine di precisione a vari Paesi dell’America Latina, presumibilmente destinati alla criminalità organizzata.
La debolezza e la corruzione di molte forze di polizia facilitano il ruolo assunto dall’esercito nei compiti di sicurezza interna.
Lo spettro del colpo di Stato
Il Brasile è la maggiore potenza del Sud America, un continente gravato da problemi drammatici, con l’Argentina ancora una volta sull’orlo della bancarotta e il Venezuela diventato scenario di una crisi umanitaria di proporzioni globali. Da ciò che avverrà alle prossime elezioni dipenderà il suo futuro: continuerà a identificarsi con i valori fondamentali e le istituzioni della democrazia o finirà in mano a un governo populista? Uno di più al mondo e stavolta sì, di ideologia e pratiche chiaramente fasciste, in più con il supporto di un esercito sempre pronto a intervenire nei processi politici. Al punto che il numero due di Bolsonaro, il generale in pensione candidato alla vicepresidenza, Hamilton Mourao, che dirige la campagna elettorale in assenza del suo capo ricoverato in ospedale, ha dichiarato che non può escludere un colpo di Stato, se servirà al Paese. Come nel famoso samba «O Bêbado e a Equilibrista», diventato un inno contro la dittatura, «la speranza danza su una fune con un ombrello» e a ogni passo «può finire male».
traduzione di Carla Reschia