sabato 29 settembre 2018

Il Fatto 29.9.18
Razzismo della busta paga: il colore della pelle costa caro
Londra - Nella Sanità pubblica un chirurgo bianco guadagna 10 mila sterline in più
di Sabrina Provenzani


“Pensa che l’Nhs sia razzista?”. “Sì”. C’è dell’ironia nel fatto che tocchi al dottor Chaand Nagpaul – il primo presidente non bianco nei 186 anni di storia della British Medical Association, l’associazione dei categoria dei medici britannici – commentare gli sconfortanti dati di un approfondito studio sulle discriminazioni salariali nel servizio sanitario britannico. Verdetto senza possibilità di equivoci: perfino per il servizio pubblico non conta il merito, conta il colore della pelle.
Lo studio di Nhs Digital ha incrociato salari e appartenenza etnica di 750 mila dipendenti della Sanità pubblica, dagli inservienti ai primari: in qualsiasi mansione, i lavoratori di colore – britannici, africani, Caraibici – guadagnano meno dei bianchi con identiche responsabilità.
Fra i medici più esperti, i neri guadagnano fino a 10 mila sterline in meno all’anno rispetto ai colleghi bianchi.
Gli infermieri neri in media 1.870 sterline meno di quelli bianchi. Per le infermiere il gap è di 2.700 sterline. E la discriminazione non si ferma a questo.
Fra i 100 mila medici impiegati dall’Nhs, circa un terzo appartiene a minoranze etniche, principalmente nere o asiatiche. Ma solo 7 su 100 occupano posizioni manageriali o di vertice. E i dati dimostrano che i medici bianchi sono anche meno soggetti a sanzioni disciplinari, mentre i colleghi di minoranze etniche vengono deferiti più spesso agli organi di vigilanza e gli errori puniti più duramente.
Fra gli specialisti, i bianchi guadagnano in media il 3,5% in più dei neri, quasi il 5% più degli asiatici e oltre il 6 più di quelli di etnia mista. Differenze che la maggior anzianità media dei dottori bianchi non basta a giustificare.
Se di questo fenomeno servisse un testimonial, il sessantenne dottor Nagpaul sarebbe il candidato perfetto.
Arrivato nel Regno Unito dal Kenya a 7 anni, figlio di immigrati indiani, sostiene che la sua domanda per diventare medico di famiglia sia stata respinta nove volte a causa del suo cognome.
“In ogni fase della mia carriera ho dovuto lavorare molto più duramente del normale per andare avanti. Ho dovuto accettarlo, ma non ci sono dubbi sulla mancanza di eguali opportunità nell’Nhs”.
Il sottosegretario alla Salute, Stephen Barclay, promette: “Stiamo lavorando a un piano per affrontare le disuguaglianze. Abbiamo pubblicato questi dati proprio perché siamo determinati a fare dell’Nhs un luogo di lavoro più inclusivo ed egualitario”. E ci sono progressi, almeno in Inghilterra, dove il numero di medici di minoranze etniche in posizioni senior, secondo Nhs England, è aumentato del 18% in due anni.
Una parte della società britannica, principalmente nel settore pubblico, tenta di fare i conti con le proprie storture: raccoglie segnalazioni, commissiona analisi, lancia sondaggi e, di fronte alle costanti evidenze di un’integrazione ancora mal riuscita, avvia meticolose politiche di inclusione.
Ma quello della discriminazione delle minoranze etniche è uno fenomeno così pervasivo che ha smesso di stupire, mentre aumentano il risentimento e la disillusione di intere comunità.