venerdì 28 settembre 2018

La Stampa 28.9.18
Spallata finale alle regole europee
di Marcello Sorgi


È una sfida all’Europa dei vincoli di bilancio e del rigore la decisione presa ieri dal Consiglio dei ministri del primo tra i Paesi fondatori dell’Unione finito in mano ai sovranisti populisti: questo, e non altro, è l’opzione scelta dai giallo-verdi di forzare la mano al ministro Tria (che non s’è dimesso, per evitare una crisi ancora peggiore di quella che adesso si teme) per ottenere un innalzamento del rapporto deficit-Pil al 2,4%. La commissione avrebbe accettato un compromesso al 2% (oltre il doppio dello 0,9 previsto) per evitare una rottura che adesso è nell’aria. Ma Salvini e Di Maio hanno deciso di andare avanti, convinti forse che in un anno preelettorale come quello che si prepara, e con l’alibi della Francia anche se le condizioni sono diverse, si trattava di aprire la strada a una serie di richieste analoghe che potrebbero venire da altri Paesi partner dell’Ue. Naturalmente non è detto che questo avverrà. Quel che è sicuro è che la decisione di andare allo scontro dei due leader dell’esecutivo giallo-verde segna l’apertura di una campagna elettorale in cui cercheranno di dare una spallata alle regole europee. Un calcolo azzardato. Fino al 15 ottobre la Commissione aspetterà di conoscere il testo della legge di stabilità; poi potrebbe entro due settimane rispedirlo indietro chiedendo al governo di riscriverlo. In caso di rifiuto, il secondo passo avverrebbe a novembre, quando la Commissione dispone delle proprie previsioni di crescita e in quel caso potrebbe rilevare la violazione e chiedere all’Ecofin di procedere con le sanzioni. È su questa complicata procedura che Salvini e Di Maio hanno scommesso, puntando sul fatto che il tempo è a loro favore, più s’avvicinano le elezioni e meno la Commissione può mordere. Ma non tenendo conto che i mercati e le agenzie di rating sono molto più svelti dei cosiddetti burocrati europei.