martedì 25 settembre 2018

La Stampa 25.9.18
Perché studiare l’arabo a scuola scatena in Francia il razzismo anti-Islam
di Tahar Ben Jelloun

Il povero e peraltro eccellente ministro della Pubblica istruzione francese, Jean-Michel Blanquer ha avuto la sfortuna, l’audacia, la follia di proporre l’insegnamento dell’arabo nelle medie e nelle superiori francesi. Cosa non avrà mai detto? L’estrema destra (Rassemblement national- Raduno nazionale) ha trovato un inestimabile pretesto per uscire dalla letargia estiva e lanciare un sos, «Blanquer vuole islamizzare la Francia!». Seguita dall’incredibile Nicolas Dupont-Aignan, presidente del movimento Debout la France e, come Matteo Salvini, grande ammiratore della politica di Viktor Orban, che non trova nemmeno le parole per esprimere la sua repulsione per questa proposta. Chiede che venga insegnato il francese, come se non si facesse già. Ma la reazione più stupida e indecente è quella di Luc Ferry, che è stato ministro con lo stesso incarico nel governo Sarkozy (chi se lo ricorda? Nemmeno più lui).
Anche Ferry si è scagliato contro la minaccia di arabizzare e islamizzare la Francia! I suoi discorsi riecheggiano le invettive dell’estrema destra: «Questa proposta rischia di portare l’islamismo nel sistema scolastico nazionale». Per molti francesi ed europei, la parola «islamismo» implica, jihadismo, terrorismo, ecc. E dire che il signor Ferry si occupa di filosofia, cioè di «amore della sapienza»!
La cantante con radici siriane
Questi ultimi avvenimenti sono sintomatici di una Francia che ha preso a odiare tutto ciò che è arabo e musulmano, ovviamente non tutta la Francia, ma ricordiamo il caso di Mennel, la giovane francese di origini siriane con una voce meravigliosa che, nel febbraio 2018 a «The Voice», ha cantato «Hallelujah» di Leonard Cohen, metà in inglese e metà in arabo. Hanno cercato, nei suoi vecchi tweet, delle dichiarazioni, inappropriate, è vero, sul terrorismo, poi l’hanno esclusa dalla competizione, sbarrandole la strada verso il successo. Il vero motivo l’ha detto una giornalista della popolare trasmissione televisiva «Touche pas à mon poste»: «Ha pure cantato in arabo! ». Che crimine!
Questa isteria scatta quasi in automatico quando un arabo fa un passo falso e non si comporta come si deve.
La guerra d’Algeria non è finita. Il dossier resta aperto e trasuda ancora di nauseabondi sentori di odio, e questo da entrambe le parti. Il fatto che Macron abbia riconosciuto la responsabilità dell’esercito francese per la tortura e la morte del giovane militante comunista Maurice Audin nel giugno 1957 è un passo importante nel processo di riconciliazione della memoria algerino-francese. Ma non è abbastanza. A oltre sessant’anni dalla fine della guerra, il risentimento e l’odio tra francesi e algerini non si sono ancora sopiti.
Un serio problema
In effetti chi preoccupa la Francia e l’Italia non sono gli immigrati che sono arrivati negli Anni 60 e ’70 spinti dal bisogno, no, sono i bambini nati in questo Paese dopo la decisione di Giscard D’Estaing di concedere il ricongiungimento familiare nel 1975. In un dibattito sull’insegnamento dell’arabo nelle scuole medie e superiori un giornalista molto a destra ha imputato a Giscard la responsabilità di ciò che sta accadendo oggi in Francia (cito a memoria): è lui che ha aperto i confini a centinaia di migliaia di famiglie. Da allora, la Francia ha un serio problema con gli arabi!
Le carceri francesi sono occupate per oltre il 60% da giovani francesi di origine maghrebina. Sono lì per reati minori. Questo riassume la questione. Con una disoccupazione di oltre il 40% nelle cosiddette aree difficili, la delinquenza e l’inciviltà si moltiplicano. Alcuni si comportano male, ma cosa fa o cosa ha fatto il governo francese per questi francesi di seconda classe? Il giornalista Eric Zemmour, che nei suoi libri sostiene esserci una razza bianca e una razza nera, ha dichiarato con orgoglio in tv: «Sono meno francesi del resto della popolazione». È detto tutto. Quando si è «meno» non si può fare di «più» o «meglio».
Per quanto riguarda la proposta di Blanquer, chi la rifiuta è accecato e ossessionato dal rifiuto di tutto ciò che è arabo e musulmano. C’è una specie di allergia endemica, spiegata dalla storia, ma anche dalle vecchie tradizioni di banale e quotidiano razzismo. È impossibile prendere in considerazione l’aspetto positivo di una tale proposta. L’apprendimento di una lingua è confuso in queste menti con la paura del jihadismo e del terrorismo. È strano e patetico.
Ecco perché l’introduzione dell’arabo come lingua facoltativa nelle scuole ha suscitato un’isteria incomprensibile. È facile immaginare che l’Italia di Matteo Salvini o l’Ungheria di Viktor Orban reagirebbero con la stessa violenza e cecità di fronte a un’analoga proposta.
Traduzione di Carla Reschia