Il Fatto 25.9.18
Corbynism, la quarta via della Sinistra è ancora inglese
Solo
al comando - Al congresso Labour il leader lancia il programma di
governo “puro e duro” (e pro-Brexit) per sostituirsi ai conservatori
Corbynism, la quarta via della Sinistra è ancora inglese
di Sabrina Provenzani
Uno
spettro si aggira per la City: è lo spettro del corbynismo. L’ipotesi
non remota, data la crisi di credibilità e leadership dei Conservatori,
che una incarnazione ortodossa del Socialismo si insedi a Downing
Street, e avvii una lotta senza sconti al capitalismo della finanza,
della grande industria, delle privatizzazioni.
Che non sia una
fantasia lo dimostra l’attenzione con cui, in questi giorni, i
quotidiani più vicini alla City o ai Conservatori – Financial Times,
City am, Daily Telegraph – seguono le dichiarazioni di John McDonnell,
ministro ombra dell’Economia e storico sodale del segretario laburista
Jeremy Corbyn. Assaggi di governo corbynista? La distribuzione del 10%
del capitale netto delle società ai lavoratori. Il pacchetto completo
prevede anche un sostanzioso aumento delle tasse societarie, la
nazionalizzazione di molte società di servizi e delle ferrovie e
l’estensione di garanzie a tutte le categorie di lavoratori – purché
iscritti a un sindacato. Politiche da partito dei Lavoratori, ma lontane
anni luce da quello di Tony Blair.
L’ascesa di Jeremy Corbyn alla
segreteria del Labour, nel 2015, è stato il frutto quasi casuale di un
vuoto di leadership, ma da allora Corbyn e il suo entourage si sono
mossi con consumata abilità politica, spostando il Labour su posizioni
socialiste. Come? Con la rapida e spregiudicata emarginazione di fatto –
in Parlamento e a livello di amministrazioni locali – di ogni dissenso
significativo. Una rivoluzione degli equilibri interni con il recupero
della centralità dei sindacati e l’ascesa degli attivisti di Momentum,
il movimento che portò Corbyn alla segreteria e da allora rappresenta
una sorta di sua milizia personale nel corpo del partito. Ma la
trionfale marcia del Socialismo in Uk ha di fronte un ostacolo serio:
Brexit, tema su cui iscritti e simpatizzanti sembrano lontanissimi dalla
linea del segretario.
Che da sempre vede l’Unione europea come un
consesso di interessi elitari, poteri forti e lacci burocratici e
Brexit come l’occasione per liberarsene e dare il via, senza diktat
della Troika o vincoli di bilancio, al suo programma di massiccio
interventismo statale e conseguente aumento della spesa pubblica.
Quanto
all’immigrazione, Corbyn tiene al benessere dei lavoratori – quelli
britannici – da difendere anche con misure protezionistiche. In questa
prospettiva, limitare l’immigrazione, specie non qualificata, significa
conquistarsi consenso nelle aree del paese dove il lavoro è conteso al
ribasso.
Posizioni che lo pongono in rotta di collisione con il
grosso degli iscritti, tutt’altro che euroscettici o contrari alla
libertà di movimento.
Il Congresso del Labour in corso a
Birmingham rischia di essere il momento in cui queste contraddizioni
deflagreranno. Il dibattito sulla Brexit non può più essere censurato,
come successe lo scorso anno. E infatti inaugurando i lavori Corbyn ha
aperto alla possibilità di sostenere un voto popolare su Brexit – lo
chiede l’85% degli iscritti – salvo poi mandare McDonnell a chiarire che
fra le opzioni non ci sarebbe quella del Remain, perché il referendum
per lasciare l’Ue c’è già stato e va rispettato. A meno di cambi
dell’ultimo minuto la mozione che oggi andrà al voto fra i delegati è il
topolino partorito dall’elefante: il partito si impegna “a supportare
ogni opzione sul tavolo, compresa una campagna per un voto popolare”, ma
la priorità resta far cadere il governo e andare a elezioni.
Prevedibile
una rivolta degli iscritti, ma Corbyn e il suo entourage, oltre alle
convinzioni personali, hanno ragioni politiche legittime per non
prendere posizioni chiare sulla Brexit. La principale: le elezioni non
si vincono con la lealtà degli iscritti, ma con l’appoggio degli
elettori, e non ci sono segnali convincenti che sull’Unione europea la
maggioranza dei britannici, anche nei distretti Labour dove ha vinto il
Leave, abbia cambiato idea. Schierarsi contro la Brexit rischia di
alienarli. L’Europa può attendere. Il Socialismo ha già aspettato
troppo.