La Stampa 22.9.18
Poveri ma neri
di Mattia Feltri
C’è
povero e povero. C’è il povero da propaganda e c’è il povero da manovra
finanziaria. Cioè, per dirla meglio, c’è il povero da promessa fatta e
il povero da promessa mantenuta (se tale sarà). Per dirla proprio piatta
piatta c’è il povero bianco e cattolico e c’è il povero nero (o
scuretto) e chissà cosa. Ma non è razzismo, eh, quello non si può dire,
ché sono accuse pesanti. Però succede che a giugno l’Istat ragguaglia:
in Italia cinque milioni di persone sono in condizioni di povertà
assoluta.
E lì si inalberano i paladini dei poveri. Paladino uno,
Luigi Di Maio: cinque milioni di poveri, subito il reddito di
cittadinanza! Paladino due, Matteo Salvini: cinque milioni di poveri,
prima gli italiani! E qui già c’era un problema, perché di quei cinque
milioni di poveri, un milione e sei sono poveri immigrati. Ma niente, i
due vanno avanti: cinque milioni di poveri, come siamo ridotti,
vergogna, tradimento, li salveremo noi! Li salveranno loro, ma non
cinque milioni, solo tre milioni e quattro. Cioè hanno annunciato:
reddito di cittadinanza agli italiani poveri. Agli immigrati poveri,
niente. Ai loro bambini, niente.
Lo ha precisato Salvini, a
scanso di equivoci, e lo ha confermato Di Maio, a scanso di collera
dell’alleato. E così i poveri immigrati erano poveri come tutti gli
altri quando c’erano da fare comizi, e adesso sono poveri diversi dagli
altri quando c’è da tirare fuori i soldi. Diversi ma - siccome non sono
clandestini, sono residenti, lavorano, pagano i contributi - diversi
soltanto per provenienza. Bene, cari paladini: sicuramente non siete
razzisti. Ma allora ditecelo voi che cosa siete.