La Stampa 22.9.18
Spike Lee: “Per generazioni noi neri siamo stati cancellati”
di E. Sant.
L’inaugurazione
della mostra di Theaster Gates ha aperto alla Fondazione Prada una
serie di eventi sul tema dell’immagine e dell’identità afroamericana:
ieri sera è toccato a un dibattito affollatissimo con l’artista, Spike
Lee e la regista Dee Rees (nera, lesbica militante, allieva di Spike
alla New York University), moderatore di lusso il curatore nigeriano
Okwui Enwezor, già al vertice di Biennale Arte 2015 e di Documenta. In
sala anche Miuccia Prada, Sofia Coppola, Germano Celant e il direttore
della Mostra di Venezia Alberto Barbera.
Lee, che ha in uscita in
Italia il nuovo film BlacKkKlansman sul poliziotto nero che riuscì a
infiltrarsi nel KKK, ha spiegato come parlare di identità nera
significhi «guardare alla storia: alle origini degli Stati Uniti c’è il
genocidio dei nativi e la sottomissione in schiavitù dei deportati
dall’Africa. Per nascondere questa verità era necessario che ci fosse
negata ogni qualità umana. Per generazioni siamo stati cancellati,
quand’ero bambino non c’erano neri raffigurati né nei libri di scuola né
sui bigliettini per gli auguri di compleanno, e se penso a come quel
figlio di... di vignettista australiano ha raffigurato di recente Serena
Williams devo pensare che le cose non sono poi molto cambiate».
Ricordando
i suoi inizi, e il valore profetico dei suoi primi film, a Enwezor che
gli chiedeva se si sentisse più bravo o più fortunato, ha risposto: «La
fortuna non ti bacia se non lavori come un matto, è vero che in Fa’ la
cosa giusta si parla non solo di rivolte razziali ma anche di
riscaldamento globale e di gentrification, eppure erano fenomeni tutti
lì da vedere, la mia è stata la prima famiglia nera ad andare ad abitare
in un quartiere italoamericano di Brooklyn, bastava guardarsi intorno
per capire che cosa stava covando». E ancora, sul suo primo film, Lola
Darling: «Il personaggio principale femminile piacque a tutti, ma
pensate: quell’anno era l’unica figura nera rappresentata. Ci è sempre
stata negata la molteplicità, la varietà»