La Stampa 20.9.18
Draghi sferza i populisti
“Le risposte facili non risolvono i problemi”
di Alessandro Barbera
Negli
ultimi tempi i toni di Mario Draghi si sono fatti più forti del solito.
Era accaduto la settimana scorsa a Francoforte, accade di nuovo a
Berlino. «Invece di criticare i punti di vista dei nostri avversari od
offrire soluzioni semplici a problemi complessi che si mostrano
invariabilmente sbagliate, proviamo a imparare le lezioni della Storia».
Non è normale sentire Draghi parlare di “noi” e di “avversari”, ma lo
spirito del tempo è questo e il banchiere centrale dal pensiero forte si
adegua. Benché non nasconda lo sconcerto per la piega che ha preso il
dibattito italiano, ciò che preoccupa ancor di più Draghi è quel che
accade in Germania, dove la stella di Angela Merkel si sta spegnendo a
vantaggio delle ragioni populiste di destra, fossero quelle della Csu di
Horst Seehofer o di Alternative für Deutschland.
La frase è
significativa, perché allo stesso tempo è un messaggio contro le
pulsioni populiste, quelle che impongono «risposte facili
invariabilmente sbagliate» e una sorta di chiamata alle armi per chi
invece pensa che l’Europa non è il problema, semmai la soluzione giusta
ai problemi complessi.
Alla conferenza organizzata dall’istituto
Jacques Delors, cinque minuti a piedi dalla porta di Brandeburgo, in
platea c’è il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz. Le lezioni che
Draghi ricorda alla platea quasi esclusivamente tedesca sono quelle di
Kohl, Mitterrand, Andreotti, i padri dell’Europa di oggi. «L’Europa ha
successo quando si concentra sulle sfide comuni, riconosce la sua
interdipendenza, risponde con appropriate istituzioni». Il presidente
Bce chiede alla politica di completare l’unione bancaria introducendo
un’assicurazione comune sui depositi bancari e un fondo europeo per la
liquidazione delle banche.
Non solo: le regole di bilancio devono
diventare «più anticicliche e vincolanti». Le sole politiche nazionali
non bastano. «I mercati possono reagire in maniera eccessiva, a danno
della crescita peggiorando la sostenibilità di bilancio» dei singoli
partner. Per questo in Europa ci sarebbe bisogno di un “fondo di
stabilizzazione”, con dotazione “consistente”. Qui Draghi apre alle
ragioni degli euroscettici antitedeschi: parla della creazione di una
sorta di Fondo monetario europeo, un’istituzione in grado di aiutare
Paesi in difficoltà a gestire situazioni di crisi e verso la quale la
politica tedesca si è mostrata sempre tiepida.
La delicatezza
dell’argomento è in un dettaglio: nel testo ufficiale diffuso dalla Bce,
Draghi scrive «consistente», quando legge si limita a parlare di una
dotazione «adeguata». Prima di chiudersi in una stanza per una buona
mezz’ora all’ultimo piano dell’Università con Draghi, Scholz risponde a
modo suo alla chiamata alle armi. Si dice disponibile a discutere di un
fondo di assicurazione contro la disoccupazione, tutto sommato un primo
passo verso lo strumento indicato dal presidente Bce. Sia Draghi che
Scholz sanno che di qui a qualche mese l’Europa si gioca il futuro. A
ottobre ci sono due importantissimi test elettorali: il 14 ottobre si
vota in Baviera, la regione della Csu di Seehofer, l’alleato di destra
della Merkel e in cui i Cristiano-democratici non presentano proprie
liste. Due settimane dopo si vota in Assia, la ricchissima regione di
Francoforte in cui la Cdu è data in calo di quasi dieci punti, tanto
quanto quel che guadagnerebbe l’Afd rispetto alle ultime elezioni del
2013.
A fine maggio poi si vota per le europee. Le prime due
decisioni dopo quel voto saranno la scelta del nuovo presidente della
Commissione di Bruxelles e del successore di Draghi all’Eurotower. La
domanda che circola con sempre più insistenza nelle Cancellerie è chi
sarebbe il prescelto se – come dicono i sondaggi - i populisti faranno
il pieno nell’europarlamento.