mercoledì 19 settembre 2018

La Stampa 19.9.18
Doppia cittadinanza
L’Austria appicca un incendio
di Vladimiro Zagrebelsky


Del comunicato con cui il ministro degli Esteri Moavero Milanesi annuncia che non parteciperà al previsto incontro con il ministro austriaco colpisce subito la secca intitolazione: Austria. Manca, perché non necessaria, la firma: Italia. Non può restare tranquillo chi da bambino in famiglia ha sentito dire: Austria, il nemico di sempre! Ma erano gli Anni 40 del secolo scorso e molte cose sono certo cambiate da allora. Eppure è difficile non condividere quanto il ministro scrive.
La saggezza di De Gasperi e di Gruber nel 1946 portò a un accordo tra i due governi e all’autonomia della Provincia di Bolzano. Anche per le favorevoli condizioni economiche, fu possibile la convivenza di popolazioni di lingua e storia diversa, in quei territori divenuti italiani cent’anni orsono con la vittoria nella Grande Guerra. E ora i legami a cavallo della frontiera degli Stati sono forti, favoriti dall’euro-regione di Trento, Bolzano e Innsbruck e anche dall’importante collaborazione tra le Università di quelle città. Ma adesso la destra al governo in Austria pensa di dare la cittadinanza austriaca ai cittadini italiani germanofoni o ladini. Il progetto si è trascinato per qualche tempo con il governo austriaco che affermava di voler agire d’intesa con quello italiano. Ora però, dopo le dichiarazioni del cancelliere Kurz, sembra che il governo austriaco abbia deciso di procedere comunque. Il nodo viene al pettine e la reazione del ministro degli Esteri è divenuta inevitabile. Inevitabile perché c’è una logica nelle provocazioni, che spingono alla reazione. In questo caso l’iniziativa austriaca è ora giustamente definita dal governo italiano «revanchismo anacronistico». È facile prevedere che da parte austriaca si richiamerà il carattere delle popolazioni tirolesi da una parte e dall’altra del confine e il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Il conflitto lega le mani ai contendenti, costretti a duellare. Fin dove? Non è un’esagerazione di europeisti cosmopoliti e senza patria quella che, di fronte all’accendersi dei nazionalismi in Europa, ricorda che il nazionalismo porta ineluttabilmente al conflitto e, per il processo di unificazione europea, rivendica il merito storico di avere assicurato settant’anni di pace dopo secoli di guerre.
Di per sé doppie o triple cittadinanze, tanto più all’interno dell’Unione europea, non dovrebbero porre problemi. In fondo tutti hanno anche la cittadinanza dell’Unione, di ridotto contenuto, ma simbolicamente importante. E basta conoscere un poco le montagne del Tirolo verso Nord e verso Sud per sentire anacronistica non tanto la questione della cittadinanza, ma proprio l’esistenza di una frontiera. A lungo ci si è riferiti alle Alpi come frontiera naturale. Ma le montagne uniscono, non separano. Di qua e di là per forza di cose si vive allo stesso modo. Se poi si parla la stessa lingua ogni divisione è difficile da accettare. Ma affrontare il problema alla vecchia maniera è rischioso. Si rischia infatti di lanciare un segnale di rivendicazione territoriale, come è avvenuto, in altro contesto politico, con la protesta di Croazia e Slovenia quando l’Italia nel 1992 ha ammesso alla cittadinanza gli istriani di origine italiana che avevano acquisito quella dei Paesi cui l’Italia aveva dovuto cedere territorio con il trattato di pace alla fine della Seconda guerra mondiale. Nel caso dell’Austria però c’è di più. Il cancelliere austriaco è venuto a fare campagna elettorale a favore di un partito italiano, la Südtiroler Volkspartei, in vista delle imminenti elezioni della Provincia di Bolzano. Di che segnale si tratta? Nessun problema, finché le frontiere esistono? I ministri turchi a cui recentemente hanno impedito di andare in Germania e Olanda a far campagna elettorale, almeno si riferivano a un referendum turco e al voto di cittadini (anche) turchi. La pressione austriaca è dunque forte e riflette un disegno e un metodo, che hanno alle spalle una rivendicazione fuori del tempo. Si sperava che fosse fuori del tempo; purtroppo è invece parte di un tempo che risuscita, per mano di apprendisti stregoni che non saranno in grado di fermare gli incendi che appiccano.