La Stampa 17.9.18
Fuorilegge sette scuole su dieci
Pochi controlli e niente sanzioni: divieti aggirati con le proroghe
In
Italia il 70% dei 42.435 edifici che ospitano una scuola è fuorilegge,
il 68% è stato costruito prima del 1975 e soltanto il 39% ha ottenuto il
certificato di agibilità. Dal 1971 il collaudo statico è obbligatorio,
ma la metà degli istituti non è a norma.
di Andrea Rossi
La
scuola primaria Frediani di Seravezza, provincia di Lucca, è stata
dichiarata inagibile e non riaprirà. A Melgnano, nel milanese, gli
alunni della scuola primaria dovranno migrare in altre sedi perché tra
amianto e cedimenti le loro classi sono in pericolo. Al liceo classico
D’Annunzio, a Pescara, durante i lavori di ristrutturazione quest’estate
si sono staccate intere porzioni di soffitto e la preside ha ritardato
l’inizio delle lezioni per 900 studenti. A Napoli, nel quartiere
Pianura-Soccavo, sei scuole restano chiuse perché senza certificati.
A
guardarla da questa prospettiva, la scuola italiana che riapre per
tutti oggi (anche se in dodici regioni, Piemonte compreso, è già
ricominciata) ha un aspetto pericolante e i segnali evidenti di una
resa. Il 70% dei 42.435 edifici che ospitano una scuola è, teoricamente,
fuorilegge. Non è in regola con almeno uno di questi parametri:
verifiche di vulnerabilità sismica, analisi di solai e controsoffitti,
collaudo statico, certificato di prevenzione incendi, agibilità, piano
di emergenza. Spesso non ne soddisfa più di uno. E dire che sarebbero
tutti obbligatori per legge.
L’obbligo di mettersi in regola
Il
27 settembre Cittadinanzattiva pubblicherà il suo sedicesimo rapporto
sulla sicurezza nelle scuole, realizzato su un campione di quasi 7 mila
edifici. Il quadro che emerge dalle anticipazioni è desolante. Ad
esempio, solo una scuola su tre ha eseguito le verifiche di
vulnerabilità sismica, con picchi negativi in regioni come Calabria
(2%), Campania (4%), Sicilia (7%), guarda a caso territori a elevata
sismicità.
«Se pensiamo che la verifica di vulnerabilità sismica è
stata resa obbligatoria nel 2003, e più volte prorogata fino al 2013, è
evidente un grave ritardo da parte degli enti proprietari degli
edifici», spiega Adriana Bizzarri, responsabile scuola di
Cittadinanzattiva. I termini sono slittati più volte per dare modo a
province e comuni di mettersi in regola: l’ultima proroga sposta la
scadenza al 31 dicembre 2018 ma l’Anci, l’associazione dei Comuni, ha
già fatto sapere che le risorse sono scarse e 3 mila Comuni resteranno a
secco. È una pratica abusata: siccome le scuole continuano a non essere
in regola, anziché sanzionare i proprietari (per l’84% Comuni, per il
resto province o città metropolitane) si prorogano continuamente i
termini per adeguarsi. Succede anche con il certificato di prevenzione
incendi: la nuova scadenza è il primo gennaio 2019, ma a oggi solo una
scuola su tre è a norma e una su dieci ha la pratica in corso.
Sarà
inevitabile un’altra proroga. Normative e piani straordinari sono
un’estenuante rincorsa per riparare mali che si trascinano da decenni.
Le scuole sono vecchie: il 68% è stato costruito prima del 1975. Appena
il 57% è accatastato per non parlare del certificato di agibilità o
abitabilità, di cui appena il 39% è dotato. Metà degli edifici risale a
prima che diventasse obbligatorio il collaudo statico, nel 1971. Quasi
mezzo secolo dopo le scuole a norma con il collaudo sono il 53%, di
fatto solo quelle costruite dagli Anni 70 in poi. Per le vecchie è come
se la legge non fosse mai entrata in vigore.
Destinazioni differenti
C’è
poi un peccato originale: il 30% degli edifici, prima di essere una
scuola, aveva un’altra destinazione. Il liceo Darwin di Rivoli, ad
esempio, era un seminario: il 22 novembre di dieci anni fa un ragazzo di
17 anni, Vito Scafidi, rimase ucciso nel crollo di un controsoffitto;
un suo compagno di classe da allora è su una sedia a rotelle. «Molti
edifici non nascono come scuole. Hanno spazi, a cominciare dalle scale,
non dimensionati per il numero di persone che ospitano», ragiona
Bernardino Chiaia, ordinario di Scienza delle costruzioni al Politecnico
di Torino e responsabile del nascente Centro sulla sicurezza di edifici
e infrastrutture.
A dieci anni dal Darwin è sconsolante sapere
che solo il 26% delle scuole ha effettuato una indagine diagnostica su
solai e controsoffitti. La fondazione Scafidi, con il ministero
dell’Istruzione e il Politecnico, sta per avviare un progetto
sperimentale sulla sicurezza delle scuole, con l’obiettivo di definire
linee guida per la manutenzione delle strutture esistenti e la
progettazione di quelle nuove. «L’edilizia scolastica ha alcune grandi
criticità», spiega il professor Chiaia. «Ci sono problemi strutturali,
di sito (una scuola su dieci sorge in zona sismica 1, a pericolosità
massima, ndr), di invecchiamento e degrado, di impianti e
controsoffitti, di messa a norma e distribuzione degli spazi».
Infine
c’è un evidente problema di gestione del patrimonio: «Le norme
consentono allo stesso professionista di essere responsabile della
sicurezza di cento scuole. E tutte le segnalazioni che un istituto invia
al suo ente proprietario confluiscono in un unico calderone, si tratti
del rubinetto che perde o di un soffitto che rischia di crollare».
Questa
disgregazione burocratica rischia di vanificare lo sforzo compiuto
negli ultimi anni. Dal 2014 al 2017 lo Stato ha investito sull’edilizia
scolastica più che nel precedente ventennio: 10 miliardi stanziati, di
cui 5,2 miliardi affidati agli enti locali per finanziare 11.500
interventi. Il neo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti dieci giorni
fa ha sbloccato un miliardo e ne ha promessi altri due. Ha anche avviato
un programma con l’agenzia spaziale e il Cnr per il monitoraggio
satellitare degli edifici grazie a una tecnologia che permette di
misurare al decimo di millimetro lo spostamento di un immobile. «Finora è
però mancata una strategia complessiva», riflette Chiaia. «Il modello
che abbiamo in mente punta a creare un ranking delle scuole basato su
una griglia di criticità, in modo che lo Stato abbia un quadro della
situazione e sappia quali sono le priorità».
L’anagrafe degli immobili
Sarà
durissima. Il primo requisito per intervenire e stabilire un elenco di
urgenze è avere un quadro nitido della situazione. Ma nessuno ce l’ha,
altrimenti associazioni come Cittadinanzattiva non avrebbero alcuna
ragione di mettersi in proprio e raccogliere i dati. E dire che lo
strumento c’è. Nel 1996 è stata costituita l’anagrafe dell’edilizia
scolastica: ogni ente locale avrebbe dovuto inserire i dati delle
proprie scuole e lo Stato li avrebbe resi pubblici. È accaduto solo
vent’anni dopo, nel 2015, ma mancano ancora 8 mila edifici su 42 mila.
Quelli inseriti, poi, presentano dati incompleti: non indicano l’anno in
cui è stata accertata la situazione dell’edificio (rendendo impossibile
capire se il quadro è aggiornato), non includono le certificazioni su
agibilità, collaudo e vulnerabilità sismica.
Dati mai inviati al ministero
«Il
sistema è farraginoso, ci sono troppe lacune», osserva Adriana
Bizzarri. «Ogni comune o provincia una volta l’anno dovrebbe trasmettere
i dati alla regione, a sua volta tenuta a girarli al ministero. Ma non
accade». Ci sono Comuni (Roma) che faticano a reperire i dati; altri
(Milano) li custodiscono in centinaia di faldoni senza il personale
necessario per riversarli su database informatico.
Il caso Messina
Si
procede in ordine sparso, a maggior ragione ora che, con il cambio di
governo, è stata smantellata la struttura di missione Italia Sicura, il
cui ruolo era anche assistere quegli enti - come i piccoli Comuni -
privi del personale e delle competenze per gestire le pratiche.
Per
di più, della situazione di alcune regioni - Campania, Calabria,
Sicilia - si sa poco o nulla perché comuni e province non rispondono
alle richieste. E allora non c’è da stupirsi se si verificano disastri: a
Messina 26 scuole (una su quattro) sono chiuse perché manca il
certificato di vulnerabilità sismica. E circa 10 mila studenti sono
ancora a casa.