internazionale 7.9.18
La guerra sui banchi
Di Enab Baladi, Siria
Negli
ultimi anni le autorità che si contendono il dominio della Siria hanno
imposto diversi programmi scolastici nelle aree sotto il loro controllo.
Aumentando le divisioni e l’ignoranza
“Mi chiamo
Ali, ho 18 anni, e sono uno studente di prima superiore ”. Questo è un
pezzetto della trama. L’ambientazione è definita dalla guerra. I
protagonisti sono i milioni di studenti siriani passati attraverso una
lunga serie di drammi. Ali al Adel, originario delle campagne a nord di
Aleppo, aveva appena finito le elementari quando è scoppiata la
rivoluzione contro il presidente Bashar al Assad. Da quel momento la sua
vita è cambiata e il territorio siriano è stato diviso in zone
controllate da diverse autorità militari, che negli ultimi anni si sono
contese il paese. “Prima della rivoluzione alle elementari s’insegnavano
arabo, inglese e altre materie come scienze e matematica. Io andavo
piuttosto bene”, racconta Ali. In molte zone del paese l’istruzione ha
pagato le conseguenze del conflitto, a causa della mancanza di
sicurezza, della fuga degli insegnanti e dell’abbandono degli studenti.
Secondo le statistiche dell’Unicef, nei primi due anni della rivoluzione
sono stati uccisi 222 insegnanti in tutta la Siria e circa tremila
scuole sono state distrutte. Negli anni successivi queste cifre si sono
moltiplicate. Dal 2014 nelle aree controllate dal regime il sistema
scolastico è piombato nel caos, mentre nelle zone in mano ai gruppi
dell’opposizione è arrivato quasi al collasso totale. Una volta
instaurato un governo ad interim, la Coalizione nazionale siriana delle
forze dell’opposizione e della rivoluzione (che riunisce la maggior
parte delle fazioni ostili al presidente Bashar al Assad) ha cercato di
gestire le scuole nelle aree sottratte al regime attraverso il suo
ministero dell’istruzione, che ha cambiato i programmi scolastici.
Durante il terzo anno della rivoluzione, inoltre, i curdi siriani hanno
istituito un governo autonomo nella provincia di Al Hasaka, nel nordest
del paese, mentre il gruppo Stato islamico (Is) si è radicato in altri
territori. Questi due nuovi poteri militari hanno creato una serie di
istituzioni per gestire i settori della pubblica amministrazione,
compresa la scuola. Per imporre la loro ideologia hanno creato due
sistemi scolastici, radicalmente diversi da quelli del regime e delle
forze d’opposizione. “Il governo ad interim aveva cominciato a
ricostruire un sistema scolastico, ma l’avanzata dei jihadisti l’ha
fermato”, ricorda Ali. Sotto il gruppo Stato islamico Ali ha dovuto
lasciare la scuola per un anno, poi si è iscritto a una delle scuole
ispirate alla sharia, la legge islamica, dove oltre al Corano e agli
insegnamenti del profeta si apprendevano i fondamenti del pensiero
jihadista. “Il professore era marocchino e tutte le lezioni erano basate
sulla sharia e sulla negazione di alcuni racconti della vita del
Profeta”, spiega Ali. “Dopo un po’ mi sono trasferito in Turchia”. In
alcune aree il gruppo Stato islamico ha imposto nuovi programmi e libri
di testo adattati alla sua ideologia jihadista. Invece nelle zone sotto
il controllo delle fazioni dell’opposizione l’offerta formativa segue i
vecchi programmi del regime, con alcune modifiche. Nella provincia di Al
Hasaka, infine, le lezioni sono per lo più in lingua curda e tendono a
riflettere l’ideologia del Partito dell’unione democratica (Pyd). Questi
piani di studio incarnano i vari progetti politici che hanno provato a
radicarsi in Siria. A pagare le spese della frammentazione sono i tre
milioni di siriani in età scolastica che, secondo le stime dell’Unicef,
sono esclusi dal sistema educativo. Il rischio è che si crei una
generazione in gran parte analfabeta. Tornato in Siria, Ali al Adel si è
iscritto in un istituto gestito dal ministero dell’istruzione turco. Ha
18 anni e frequenta la scuola media. Anche se in alcuni casi sembrano
seguire criteri obiettivi, in realtà i programmi scolastici sono stati
creati ex novo o sono stati modificati dalle forze che controllano il
paese, in base alla loro linea politica e alla loro ideologia.
Nulla è cambiato
Nel
2017 e nel 2018 il regime non ha inserito modifiche significative
rispetto agli anni precedenti. Il ministero dell’istruzione del governo
di Damasco si è concentrato soprattutto sulle materie scientifiche, in
particolare la matematica. Per le materie umanistiche non ci sono stati
grandi cambiamenti, nonostante le implicazioni politiche. Questa scelta
riflette l’intenzione del regime di rappresentare una Siria in cui negli
ultimi sette anni non è cambiato niente, un’intenzione che appare
evidente osservando i programmi di alcune materie, in particolare
storia, geografia e nazionalismo. Nel 2017 il governo di Damasco ha
modificato cinquanta libri di testo. Questi cambiamenti interessano
milioni di studenti siriani iscritti alle scuole primarie e secondarie. I
libri di geografia stampati per l’anno scolastico 2017-2018 includono
statistiche risalenti al massimo al 2008, che fanno riferimento a
risorse economiche, indici demografici, distribuzione della popolazione e
flussi migratori. ma tutti gli indicatori sull’economia e sulla
popolazione sono cambiati drasticamente dall’inizio della rivoluzione a
oggi. È evidente che usare statistiche vecchie di dieci anni pregiudica
l’attendibilità dei programmi. Nei libri di geografia per il primo anno
di scuola superiore, sulla base delle statistiche pubblicate nel 2008,
si legge che l’emigrazione giovanile dai paesi arabi è diminuita grazie
al “miglioramento della situazione interna”, e che i siriani all’estero
sono un milione. Il testo ignora totalmente il fatto che il numero dei
siriani che hanno lasciato le loro case dopo la rivoluzione ha superato i
sette milioni, e che centinaia di migliaia di cittadini arabi hanno
abbandonato i loro paesi per le rivoluzioni, le guerre e i conflitti
interni scoppiati nella regione dal 2011. Il programma del regime
siriano dà ampio spazio alla storia del sangiaccato di Alessandretta, un
territorio annesso dalla Turchia nel 1939, e alle alture del Golan,
occupate da Israele nel 1967. L’obiettivo è trasmettere un messaggio
antiturco: le mappe definiscono la Turchia uno “stato occupante”,
evidenziando l’ostilità nata dal sostegno di Ankara ai ribelli siriani.
Il ministro dell’istruzione Hezwan al Wiz ha annunciato anche una
riforma dell’insegnamento della religione a tutti i livelli, con lo
scopo di “superare l’ignoranza e l’estremismo”. Alcune persone vicine al
regime hanno proposto di eliminare la materia “nazionalismo arabo” e
sostituirla con “educazione patriottica”. Così è stato fatto, ma il
nuovo curriculum continua a esaltare il valore dell’arabismo e del
nazionalismo, sottolineando il “ruolo chiave” della Siria nel mondo
arabo. I programmi di educazione patriottica per il primo e il quarto
anno di scuola superiore contengono diverse imprecisioni. Per esempio
esaltano il progetto della Lega araba e il ruolo della Siria
nell’organizzazione, anche se la partecipazione di Damasco è sospesa dal
2011. L’orientamento politico dei programmi scolastici del regime è
evidente quando si parla di “resistenza”. Il libro di testo per la prima
superiore descrive la “cultura della resistenza”, dando ampio spazio ai
mezzi d’informazione e al loro “ruolo nel combattere il terrorismo”.
Secondo il ministero dell’istruzione 7.533 siriani studiano russo a
scuola. A partire dalla seconda media gli studenti possono scegliere di
studiare una seconda lingua straniera, oltre all’inglese, a scelta tra
il francese e il russo. Anche se il ministero sostiene che il russo
serva ad ampliare la conoscenza, il suo inserimento nei programmi
scolastici è cominciato nel 2015, cioè dopo l’intervento militare russo a
favore del regime. mosca è considerata la principale alleata di
Damasco, e l’insegnamento del russo a scuola rilette il tentativo di
presentare l’alleato come un paese amico, legittimando un’eventuale sua
presenza a lungo termine. In alcune aree del nord in mano a ribelli
fedeli ad Ankara, invece, si studia il turco. Tra i fedeli del regime si
è diffusa una forte cultura del militarismo, e alcuni vorrebbero che
l’educazione militare fosse reintrodotta nei programmi scolastici. Hilal
Hilal, sottosegretario del partito di regime Baath, ha dichiarato che
si sta discutendo di questa ipotesi, “per adeguarsi all’attuale
situazione e allo sviluppo culturale”. In alcuni casi le aule
scolastiche sono diventate un palcoscenico per la glorificazione di
politici e militari legati al regime. Dopo l’uccisione del comandante
dell’esercito Issam Zahreddine sono circolate immagini di un insegnante
che citava l’ufficiale come esempio di “eroismo” durante una lezione in
una zona rurale intorno a Hama. molti genitori probabilmente non sono in
grado di limitare l’influenza di queste idee, per paura o perché non
vogliono rischiare che i igli siano accusati di poco “patriottismo” e
poca “lealtà” e abbiano per questo problemi con le forze di sicurezza.
Una lettura revisionista Nel 2012 nelle scuole delle aree in mano ai
ribelli si studiava ancora su libri che contenevano le immagini di Assad
e le parole del “leader immortale”. È stato così fino al 2013, quando
sono stati stampati tre milioni di manuali in cui era stato eliminato
qualsiasi riferimento a figure associate al regime o al partito Baath.
L’anno successivo è stato creato il ministero dell’istruzione del
governo ad interim legato all’opposizione, che ha riformulato i piani di
studio togliendo i simboli politici che avevano permeato i programmi
scolastici per quarant’anni. Il documento sulle modifiche apportate dal
ministero sottolinea la necessità di contrastare il regime dal punto di
vista culturale, per sradicare l’ignoranza e la corruzione generati dai
programmi scolastici tradizionali. ma in realtà anche i programmi
rivisti contengono spesso falsificazioni politiche, espressione di una
lettura in chiave revisionista della storia, della geograia e del
nazionalismo. fino a maggio 2018 il ministero dell’istruzione del
governo ad interim ha gestito circa duemila scuole in varie aree
controllate dall’opposizione, che in totale contavano quasi 600mila
allievi. La situazione instabile pesa sulla qualità dell’insegnamento:
molti bambini e ragazzi non frequentano regolarmente, soprattutto gli
sfollati e quelli che vivono nei campi profughi; nelle classi ci sono
studenti di età diverse, e molti restano indietro; gli insegnanti se ne
vanno, e quelli che li sostituiscono spesso non hanno esperienza. Il
documento sottolinea anche che le modifiche del ministero includono
omissioni, aggiunte, revisioni e sostituzioni, mentre i programmi delle
materie scientiiche (fisica, matematica, scienze naturali e chimica) e
delle lingue straniere (inglese e francese) sono stati lasciati
com’erano. I cambiamenti introdotti riguardano la storia, la geografia e
il panarabismo, materia completamente rimossa dall’offerta formativa. I
programmi di storia sono stati rivisti “perché contenevano molte
imprecisioni, falsiicazioni e mistiicazioni” che, secondo il rapporto,
“contraddicevano la realtà storica dei fatti”. Queste “imprecisioni”
riguardano soprattutto il periodo ottomano. Ogni riferimento
all’“occupazione ottomana” è stato sostituito con l’espressione
“dominazione ottomana”. Questa scelta dipende dal fatto che il governo
ad interim ha sede in Turchia, dove sono stampati i libri di testo,
usati anche in alcune scuole siriane in territorio turco. Il ministero
dell’istruzione del governo dell’opposizione non si è preoccupato di
“aggiornare e sviluppare” i piani di studio. Per esempio i libri di
geografia si basano sulle stesse analisi usate dal regime per spiegare
le cause delle migrazioni, associate alla ricerca di lavoro, senza alcun
riferimento all’enorme crisi dei profughi in corso nel paese. Allo
stesso modo, non è stato fatto alcuno sforzo per aggiornare i dati sulla
demografia, sull’agricoltura e sull’industria, che si basano sulle
stesse statistiche vecchie di anni citate dal regime. Questi limiti
possono dipendere da problemi logistici e dalla diicoltà di trovare
risorse, di fare ricerche e di assumere personale specializzato. ma non
sembra esserci l’intenzione di intervenire per migliorare la situazione.
La Turchia ha il pieno controllo dell’istruzione nelle zone che sono
sotto la sua diretta inluenza nel nord della Siria, comprese Jarabulus e
Azaz, nella provincia settentrionale di Aleppo. In queste aree è stato
adottato lo stesso programma del governo ad interim, ma alcuni contenuti
sono stati modiicati. Ankara sta cercando di imporre il sistema
scolastico turco in questa regione, dove, secondo il ministero
dell’istruzione turco, ci sono circa cinquecento scuole e 150mila
allievi. Nel 2017 gli uffici scolastici del governatorato di Aleppo
hanno deciso di introdurre l’insegnamento del turco a partire dalle
elementari. molte scuole sono state perfino ribattezzate con nomi di
militari turchi uccisi durante Scudo dell’Eufrate, l’operazione condotta
quell’anno per conquistare l’area. Sulle copertine dei registri
scolastici compaiono insieme la bandiera della rivoluzione siriana e
quella turca. Raforzare il nazionalismo fin dalla sua instaurazione, il
governo autonomo curdo della regione di Al Hasaka incoraggia tutti i
ministeri a difondere una precisa ideologia, che legittimi la nuova
autorità politica nel suo tentativo di stabilire il controllo sul
territorio. Il compito del ministero dell’istruzione è stato
particolarmente impegnativo. Servivano programmi alternativi, in linea
con il cambio di direzione politica. Nel 2015 le regioni autonome del
nord hanno introdotto la lingua curda nei primi anni di scuola
elementare, per poi estenderla gradualmente agli altri anni. Anche se il
curdo è la lingua più difusa nelle regioni autonome, Samira Hajj Ali,
funzionaria del dipartimento dell’istruzione nella provincia, spiega che
“ogni comunità usa la sua lingua”. Cioè gli arabi fanno lezione in
arabo e i siriaci in siriaco. Dal 2015 il Comitato per la formazione
della società democratica ha preparato “migliaia di insegnanti con lo
scopo di adeguare le loro esperienze ai nuovi programmi”, dice Hajj Ali.
Centinaia di insegnanti sono stati inviati in decine di scuole nelle
zone controllate dal governo autonomo. ma le carenze dei nuovi programmi
e il loro mancato riconoscimento internazionale hanno provocato le
proteste della popolazione e ci sono state diverse manifestazioni contro
il processo di “curdizzazione” in corso in queste aree. Secondo alcune
fonti locali, in molti hanno preferito lasciare le zone sotto il governo
autonomo e trasferirsi nelle aree controllate da Damasco, per
assicurare “un futuro migliore ai igli” ed evitare la stretta delle
autorità, che cercano di fare accettare i programmi scolastici curdi per
raforzare il sentimento nazionale. mezzi d’informazione e
organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno criticato questi
piani di studio, segnalando errori e mancanze. Nei libri usati nelle
zone sotto il governo autonomo la Siria come paese non esiste. È
presente invece il Rojava, con le sue tre province, considerato parte
del Grande Kurdistan. Nei libri di geografia, il Rojava (o Kurdistan
occidentale) confina a nord con il Kurdistan settentrionale e a est con
il Kurdistan meridionale. Inoltre l’idea di religione come fede è
respinta e nei libri di storia le religioni sono presentate come
filosofie dei profeti. La religione è scomparsa completamente come
materia di studio, nonostante il 95 per cento dei curdi siriani siano
musulmani credenti. Nei libri di storia è scritto che, anche se ha
alcuni aspetti positivi, l’islam ha contribuito a indebolire il
sentimento patriottico dei curdi. La Turchia è presentata come nemica
del popolo curdo, e l’idea è rafforzata ricordando i massacri commessi
contro i curdi dall’impero ottomano. I libri di testo sottolineano che
la Turchia e gli altri paesi vicini hanno represso molte rivolte curde
in Iran e in Azerbaigian. Queste rappresentazioni rilettono le storiche
divergenze tra turchi e curdi e le tensioni seguite alla formazione del
governo autonomo in Siria e delle Unità di protezione del popolo (ypg),
le milizie curde attive nel nord della Siria. I libri di testo
contengono anche attacchi a mustafa e masoud Barzani (storici leader dei
curdi iracheni), accusati di essere capi tribali che pensano solo ai
propri interessi a spese del popolo curdo. I Barzani sono anche accusati
di essere succubi dell’Iran e di aver sprecato molte opportunità.
Questa posizione dipende dallo stretto legame tra il Partito dell’unione
democratica, siriano, e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk),
nemico dei Barzani. Nelle scuole delle zone autonome si parla del leader
del Pkk Abdullah Öcalan come del simbolo del patriottismo curdo. Öcalan
viene esaltato e citato spesso e il suo pensiero è inserito nei libri
di testo già dai primi anni delle elementari.
Mappe senza confini
Quando
si è radicato in Siria, il gruppo Stato islamico ha azzerato tutti i
programmi scolastici, accusati di difondere “l’ideologia baathista ed
empia”. Le scuole dell’Is sono divise in tre livelli: uno di cinque
anni, uno intermedio di due anni propedeutici e l’ultimo, che dura altri
due anni. oltre al Corano, alla religione e all’arabo, in tutte le
classi si fanno lezioni di “preparazione atletica”, in cui gli studenti
sono addestrati al combattimento. Intorno ai tredici anni, quando sono
al livello intermedio, gli alunni imparano a maneggiare le armi leggere.
Sono previste anche lezioni sui diversi tipi di armi e sulla loro
manutenzione e pulizia. La mappa dello Stato islamico rappresentata nei
libri di testo copre una vasta area che va dalla Tanzania, nell’Africa
centrale, al Kazakistan, in Asia centrale. Nei libri dell’Is la geograia
riguarda solo l’estensione territoriale dello Stato islamico, e
trascura le caratteristiche topograiche: nelle mappe infatti non ci sono
confini tra gli stati. L’unica distinzione è quella tra “zone abitate
in maggioranza da musulmani e zone abitate in maggioranza da infedeli”.
L’insegnamento della storia comincia al quarto anno e si concentra sulla
vita del profeta maometto e sulla nascita dell’islam, presentate come
“la storia dello Stato islamico in Iraq e in Siria”, tralasciando
qualunque altro evento storico. I programmi di fisica e chimica non si
allontanano molto da quelli delle altre zone del paese, probabilmente
per la diicoltà di modificare i contenuti scientifici. Sono stati
aggiunti dei versetti coranici, che dovrebbero indicare il legame tra la
religione e le altre materie. Anche il programma di matematica ha
mantenuto i contenuti invariati. Le diferenze riguardano soprattutto il
modo in cui si trasmettono le nozioni: nei primi anni scolastici, per
esempio, i numeri sono spiegati facendo contare agli allievi una certa
quantità di armi e soldati, su cui poi devono compiere le operazioni.
L’inglese è insegnato a tutti i livelli, in quanto lingua parlata “da
tutte le persone dell’Is”, ma i testi parlano del “califfato” e fanno
riferimento alle città che per un periodo sono state conquistate dai
jihadisti, come Raqqa e mosul. Le immagini ritraggono uomini con la
barba, che hanno i volti oscurati per motivi di sicurezza. La fase più
difficile ma in Siria non ci sono solo le scuole del governo,
dell’opposizione, dei curdi e dei jihadisti. In alcune zone le lezioni
sono organizzate dall’Unicef e dalle organizzazioni internazionali.
Secondo l’Unicef, meno della metà dei bambini siriani emigrati
all’estero rientra nei sistemi scolastici dei paesi che li ospitano, e
il 53 per cento di loro non riceve un’istruzione. Da questo scenario
sembra emergere una nuova generazione di giovani siriani sempre più
ignoranti. Inoltre, i diversi programmi proposti a milioni di studenti
stanno creando disuguaglianze culturali e cognitive, alimentando
conlitti intellettuali causati dalle diverse ideologie. Anche se il
quadro è drammatico, educatori e specialisti di psicologia infantile non
escludono che ci possano essere soluzioni a lungo termine. Diverse
organizzazioni siriane e arabe hanno elaborato alcune piattaforme di
studio online ofrendo siti internet e applicazioni per i telefoni, che a
partire da materiali visuali e video spiegano nel dettaglio tutte le
materie e coprono quasi tutti i livelli d’istruzione, anche se
generalmente si concentrano sulle scuole medie e secondarie. Questi
strumenti possono compensare la mancanza di contenuti scientifici, sia
per chi frequenta le scuole in Siria con i nuovi programmi sia per chi
studia in altri paesi. evitando le faziosità ideologiche, si basano in
gran parte sui programmi ufficiali siriani. Queste forme di istruzione
assistita possono essere un rimedio, ma rappresentano un’alternativa
solo temporanea. Servono nuovi programmi completi e a lungo termine per
il periodo postbellico. Per Azzam Khanji, presidente dell’organizzazione
education without borders, gli attuali programmi adottati nelle zone
controllate dal regime e dall’opposizione possono rimanere in vigore, ma
bisogna formare delle commissioni che garantiscano un adeguamento agli
standard internazionali. Secondo Khanji “servono aiuti concreti,
commissioni scientifiche con competenze specialistiche. molti
professionisti qualiicati sono emigrati, e quelli rimasti sono isolati.
Perciò è importante mantenere gli attuali programmi che in in dei conti
sono simili, sia nelle aree controllate da Damasco sia in quelle in mano
all’opposizione, in modo da ridurre il divario tra gli studenti che
vivono in zone diverse del paese”. Khanji propone di creare dei centri
educativi: “Quando la situazione in Siria si stabilizzerà, milioni di
studenti si ritroveranno senza istruzione. Bisogna dare a qualcuno il
compito di trovare soluzioni creative”. La fase più difficile per la
Siria comincia ora. Una volta risolti i conlitti politici e militari la
sfida sarà reinserire i bambini in un sistema scolastico fondato su basi
solide e coerenti, con programmi inclusivi. Questo richiederà
interventi a livello locale e internazionale. Khanji precisa che devono
essere i siriani a elaborare i nuovi programmi, con il sostegno di
esperti esterni. A proposito dei piani di studio che dovranno essere
adottati sottolinea: “Abbiamo bisogno di programmi che rafforzino i
valori umani, che insegnino ai bambini siriani l’importanza di lavorare
insieme agli altri”. Secondo Khanji la scuola dovrà concentrarsi
“sull’estremismo, sulla necessità di combatterlo con l’argomentazione e
dimostrazioni razionali”. e dovrà insegnare ai bambini “a non tollerare
l’estremismo, il crimine e l’illegalità”.
Enab Baladi è
un settimanale indipendente siriano di politica, società e attualità.
oltre alla versione online, ha un’edizione cartacea stampata in Turchia e
distribuita in Siria. Questo articolo è stato scritto dalla squadra di
giornalismo investigativo che si occupa di giustizia, istruzione e
politica locale.