Il Sole Domenica 9.9.18
Storia dell’Italia unita
Il difficile approdo alla democrazia
di Piero Craveri
Speranze
d’Italia di Ernesto Galli della Loggia è un libro da leggere, tanto più
dagli addetti ai lavori, perché sottolinea le molte «illusioni e realtà
nella storia dell’Italia unita», facendo emergere delle indubbie
verità, che spesso vengono omesse. E ciò da parte di uno storico acuto e
penetrante, che si definisce un “equocontrastante”. Invero non del
tutto equo, come si vede nella polemica sull’azionismo e nei giudizi su
Piero Gobetti e Carlo Rosselli. Perché, se si deve essere anche
biografo, le vicende che ciascuno attraversa si confrontano con il
periodo in cui visse e in esso trovano le loro prime ragioni.
Galli
della Loggia fa risalire a entrambi la trasgressione dai principi
liberali e democratici verso un’acquiescente inclinazione per i
comunisti, che fu invece dettata dalle circostanze: in Gobetti da un
approccio ai fenomeni nuovi del conflitto operaio, in Rosselli dalla
lotta al fascismo, che con la Seconda guerra mondiale fu poi approdo
corale di tutti. Con ciò Galli della Loggia critica in realtà a fondo
un’interpretazione dell’azionismo che deriva dalla storiografia
comunista e dai suoi cascami, agitandone ancora oggi il mito. Questo
sarebbe basato sul tema della “modernità”, di cui Augusto Del Noce,
all’inverso, ha fatto poi un simbolo del contrasto con la religione
cristiana e della secolarizzazione. Ma la “modernità” è stato assioma
assai confuso già nella breve vicenda del Partito d’Azione, diviso in
rivoli contrapposti, poi espresso nella diaspora dei suoi protagonisti
approdati negli altri partiti della Repubblica, dando frutti anche
positivi, e la deriva comunista è stata soprattutto dell’azionismo
torinese. Oggi tutto ciò è consegnato alla storia e tale mito va
giustamente definito un nulla.
Anche quella di Gobetti era una
ricerca di “modernità”. Galli della Loggia ne sottolinea pure
l’antigiolittismo, accumunandolo in questa polemica a Gaetano Salvemini
ed esprimendo su Giovanni Giolitti un giudizio positivo, che non può non
essere condiviso. Tanto più che a procedere, da un punto di vista
politico, sulle novità del conflitto operaio su cui si era appuntata
l’attenzione di Gobetti, fu proprio Giolitti nel suo ultimo governo. Ma
il passaggio dallo Stato liberale a una società liberal-democratica
allora non riuscì nemmeno all’opera sua e fu il fascismo a compiere un
salto verso la modernità, come come del resto era necessario.
La
trasformazione in una democrazia di massa riuscì poi nel secondo
dopoguerra. Galli della Loggia ne indaga gli ostacoli al suo pieno
dispiegarsi e riscontra la piega negativa che avrebbe preso la classe
politica dalla seconda metà degli anni 60, illustrata nelle belle pagine
sulla «nascita di una democrazia difficile». Egli sottolinea come in
fine non si riuscì a stabilizzare i lineamenti liberal-democratici delle
istituzioni. Un deficit innanzitutto di cultura politica in cui vede la
progressiva eclissi proprio di quella cultura, le cui motivazioni, se
sono solo in parte condivisibili, tuttavia hanno fondamento.
Galli
della Loggia sottolinea l’influenza che sulla società italiana ha avuto
il comunismo, lasciando una traccia capillare e deleteria. Andrebbe
aggiunto come proprio quel partito si sia poi fatto veicolo principale
dell’onda populista del ’68 e si sia nutrito di gran parte di quei
postulati senza alcuna riflessione organica su di essi. Tanto che il
comunismo stesso si è consumato, come d’altra parte la cultura laica che
vi si era in parte opposta, ed ambedue sono stati emarginati, il
comunismo senza neppure fare i conti con l’esito socialdemocratico, come
sottolineato da Galli della Loggia. Ed a riguardo bisognerebbe dire che
la società si è in larga parte modernizzata, pur guidata da culture
politiche già assai vecchie all’origine della Repubblica e mal
rinnovate.
Quello su cui il libro pare più incerto è il ruolo dei
cattolici. Pretendere necessaria una convergenza tra liberalismo e
cattolicesimo è un non vedere che lo Stato liberale si è fatto non tanto
contro i cattolici ma contro la Santa Sede. La storia degli altri Stati
europei è diversa perché, pur tra rotture profonde, nazione e
cattolicesimo, alle origini, procedettero insieme. Va ricordato poi che i
cattolici sono entrati definitivamente nello Stato liberale aderendo
alla guerra nazionale del ’14, e che, subito dopo, l’opera decisiva di
Luigi Sturzo li portò a condividere la responsabilità dello Stato.
Dello
Sturzo liberista del secondo dopoguerra egli tesse un giusto elogio, ma
va sottolineato che per lui fu decisivo l’esilio negli Stati Uniti
(come del resto per Gaetano Salvemini), mentre la nuova cultura
cattolica si era formata durante il fascismo nell’Azione Cattolica e
nella milanese Università del Sacro Cuore, così da non cogliere le
ragioni vere del fallimento di Giuseppe Dossetti, a cui il libro pure si
dedica con giuste osservazioni. Resta così in parte incompiuta un’altra
condivisibile preoccupazione, cioè la relativa coesione con cui lo
Stato nazionale affronta il presente.
Ernesto Galli della Loggia
Speranze d’Italia. Illusioni e realtà nella storia dell’Italia unita
il Mulino, Bologna, pagg. 352, € 24