Il Sole Domenica 16.9.18
Emozioni e reazioni
I nuovi meccanismi di difesa dalle paure
di Simona Argentieri
La
paura è una reazione difensiva elementare, universale, potenzialmente
utile per scongiurare il pericolo, comune a tutte le specie viventi.
Alcuni -forse un po’ fantasiosi- esperti del mondo vegetale sostengono
che perfino le piante possono provare spavento. Lasciando da parte
alberi e cespugli, in noi umani è ricchissimo il catalogo di angosce e
fobie individuali e collettive, private e pubbliche, reali e
fantastiche, normali e patologiche. Seppure, nella maggior parte dei
casi, le paure manifeste di adulti e bambini hanno ormai perduto la loro
connotazione di concreta utilità e si radicano in motivazioni inconsce
irrazionali difficili da decifrare. Il paradosso è che spesso ci si
angoscia per una minaccia immaginaria e si chiudono gli occhi a fronte
di quelle reali; come accade ad esempio negli ipocondriaci, ai nostri
giorni decisamente in aumento.
La questione più frequentemente
dibattuta è quella delle nuove paure; ma bisogna chiedersi se davvero ci
siano paure vecchie e nuove; o se piuttosto le antiche, eterne angosce
della separazione, della morte, della perdita, della violenza propria e
altrui … abbiano solo assunto nuove vesti. Ad esempio è di difficile
interpretazione il dato rilevato da alcune inchieste svolte in scuole
elementari secondo il quale attualmente le bambine sarebbero più
coraggiose dei bambini. Davvero le femmine stanno diventando più
intrepide o finalmente i maschi non si vergognano delle loro debolezze?
Ciò
che muta, in correlazione con le circostanze storiche e culturali, sono
semmai i meccanismi psicologici di difesa con i quali si tenta di far
fronte alla paura: operazioni mentali inconsce, prive di efficacia reale
nei confronti delle minacce esterne o interne, che possono solo tenere a
bada la sensazione soggettiva penosa. Così continuiamo a ricorrere al
classico espediente della proiezione («non sono io ad essere aggressivo,
ma è l’altro che è ostile nei miei confronti») mentre sembra che la
classica rimozione -ricacciare nell’inconscio la rappresentazione
intollerabile- ceda il passo al diniego: «Non è niente», «Non può
succedere …» che si tratti del degrado del pianeta o del rifiuto delle
vaccinazioni. Quanto più ci sentiamo impotenti, tanto più facciamo
ricorso a tali meccanismi.
Sempre più frequente anche l’operazione
«contro fobica», di coloro che infliggono a se stessi la continua sfida
di sport estremi, di prove fisiche da superare, come fanno ad esempio
molti adolescenti correndo sul bordo di un precipizio o in autostrada.
Un
tipo di paura falsamente nuova è invece il cosiddetto attacco di
panico. Tale diagnosi, che sembra soddisfare le aspettative di oggettiva
scientificità di medici e pazienti, viene assegnata con larghezza a
persone apparentemente ben funzionanti e integrate, che però
episodicamente vengono assalite da una sensazione improvvisa e
devastante di paura, accompagnata da un imponente corredo di disturbi
fisici (pallore, tremore, palpitazioni, spasmi respiratori, sensazione
di morte imminente...) che insorgono al momento di affrontare banali
esperienze quotidiane, come uscire da soli o guidare l’automobile.
Talora il panico si configura come paura anticipatoria di non poter
essere soccorsi nel momento di un eventuale futuro pericolo (paura della
paura). In realtà, il cosiddetto attacco di panico è un concetto
descrittivo generico e superficiale, una crisi acuta di angoscia dietro
la quale ci può essere di tutto: dalla nevrosi lieve e occasionale, ai
più seri disturbi della personalità. Così si tenta di cristallizzare il
malessere ad un livello «biologico» che non può essere né discusso, né
elaborato, che si pretende di curare con uno specifico psicofarmaco
senza affrontare la fatica di guardarsi dentro e cercare di capire il
senso delle proprie insicurezze o delle proprie infelicità.
Infine,
vale la pena di considerare che le paure sono materia ad alto contenuto
emotivo, ed è quindi consueto che in ambito socio-politico vengano
evocate, sfruttate, alimentate al servizio dei pregiudizi di parte.
Individuare il nemico e il pericolo per poi proporsi come coloro che
offriranno rimedio e protezione contro la minaccia nucleare, lo
straniero alle porte, il malato di mente, la miseria, il degrado dei
valori… è da sempre uno strumento cinico ed efficace di propaganda da
parte di chi si presenta come garante della «sicurezza» contro
l’incertezza, il disordine e la criminalità.
In tal senso,
continuo a credere nell’utilità degli strumenti psicoanalitici per
tentare di svelare le motivazioni inconsce delle nostre angosce e
rompere il rinforzo reciproco che sempre si stabilisce tra odio e paura.