Il Sole Domenica 16.9.18
Bussole filosofiche. Come navigare nello spazio e tempo dell’agire umano
Lezioni d’etica applicata alla vita quotidiana
di Gilberto Corbellini
Si
dice che in occidente ci sia bisogno di etica. Vero o meno che sia,
l’appello all’etica è diventato da decenni un mantra per chiedere onestà
e rispetto (delle persone o delle regole) in qualunque sfera
dell’attività umana. La prova? Scegliamo un qualsiasi motore di ricerca
su internet e digitiamo le stringhe (virgolettate): «bisogno di etica»,
«need of ethics», «besoin d’ethique», «necesita ética», «precisa de
ética», «braucht Ethik» e così via in una lingua occidentale. In pochi
istanti, migliaia o centinaia di migliaia pagine, ma in inglese milioni,
si riverseranno sullo schermo, nelle quali è presente esattamente la
locuzione. Così scopriamo che ovunque c’è «bisogno di etica»: dalla
politica all’istruzione, dalla medicina alla tecnologia, dalla
magistratura all’economia, dalla sessualità a internet, dall’agricoltura
alla pesca, dall’ambiente allo sport (ogni singolo sport, cioè calcio,
ciclismo, atletica, basket, etc.), dall’alimentazione al giornalismo,
dall’arredamento all’ingegneria edile, dalla ricerca scientifica alle
arte visive o alla cinematografia, dall’immigrazione alla moda, dalla
sperimentazione con animali alla lotta contro il terrorismo islamico,
etc.
Ecco perché tante etiche applicate. Le più conosciute sono la
bioetica e l’etica degli affari, che hanno colonizzato il mondo medico,
accademico e istituzionale statunitense negli stessi anni Settanta. Il
filosofo morale Peter Singer sembra sia stato il primo a usare
l’espressione «etica applicata» nel libro pubblicato in prima edizione
nel 1979, Practical Ethics (Cambridge University Press - la terza
edizione è del 2011). Egli riteneva tale sviluppo dell’etica «il più
rilevante degli ultimi venti anni», ma anche il ritorno di una
tradizione risalente a Platone. I filosofi non più al governo della
società, ma che la prendono per mano e la guidano nelle scelte morali
controverse, stante che ogni decisione umana ricadrebbe nella sfera
della tematizzazione etica. Per Singer, l’etica applicata emergeva dai
movimenti statunitensi per i diritti civili, dalla lotta contro la
guerra del Vietnam e dall’attivismo studentesco. Tali novità politiche
avevano chiamato in causa i filosofi, che si erano trovati a intervenire
in discussioni pubbliche per chiarire le implicazioni pratiche di
valori morali come eguaglianza, giustizia, disobbedienza civile, etc. In
sostanza, i filosofi dovevano spiegare, applicando le dottrine etiche a
specifici problemi, cosa le persone avrebbero o non avrebbero dovuto
fare in particolari circostante, cioè «applicare la filosofia a
questioni pubbliche».
Il libro curato da Fabris, passa in rassegna
un ampio spettro di temi per servire così da guida nel mondo delle
etiche applicate. Si tratta di un’utile una bussola filosofica per
navigare uno spazio e un tempo dell’agire umano irriducibilmente
frammentato, dove tutti sembra si aspettino dall’etica risposte e
consigli sulle direzioni da prendere o le scelte da fare. Personalmente,
penso che se si va a fondo alla domanda di etica si scopre che si
tratta di un bisogno di rassicurazioni psicologiche. Niente più di
questo. Che è poi un altro modo di dar ragione a Ian Mackie e a una
parte dell’etica evoluzionistica, per cui il discorso etico è una forma
di autoinganno funzionale, a volte più a volte meno, alle navigazioni
sociali.
I capitoli dei diversi autori sono stati organizzati in
“questioni di bioetica”, “etica e comunicazione”, “etica ed economia”,
“etica e ambiente” e “questioni di etica pubblica”. Non sono omogenei.
Qualcuno prova a disegnare una mappa dei problemi e illustrare strategie
filosofiche per spiegare come le diverse teorie etiche e gli argomenti
discussi portino a consigli in un dato settore dell’attività umana, che
possono essere diversi. Altri autori difendono una specifica teoria
etica, come fosse quella canonica o migliore, illustrando i giudizi e le
scelte che sarebbero eticamente valide. In alcuni casi, come quando
sono in gioco conoscenze scientifiche o dati tecnici l’etica applicata
può portare a prender seriamente posizioni pseudoscientifiche, che
incarnano pregiudizi filosofici o ideologici personali, ovvero a
dissertazioni snobistiche intorno a questioni tragicamente ingestibili
proprio per il fatto che la natura umana è come è; cioè come l’ha fatta
la selezione naturale, e non come i filosofi (morali) vorrebbero che
fosse o si illudono che sia.
Leggere in queste settimane un libro
che illustra l’irriducibile diversità morale delle società liberali,
dove tutto sommato viviamo più che decentemente, richiama il ricordo del
filosofo e bioeticista Hugo Tristam Engelhardt, morto il 21 giugno
scorso, e della sua battaglia onesta e intelligente in difesa di
un’etica minima e procedurale per stranieri morali. Il volume appare
carente almeno sotto due aspetti. Sarebbe stato utile un capitolo sui
codici etici, di condotta e di pratica o responsabilità morale, che sono
il precipitato delle discussioni di etica pubblica applicata. Quasi
ogni ente, pubblico o privato, e ordine professionale oggi è dotato di
questo genere di strumento e sarebbe opportuno riflettere in che modo
sono costruiti i codici etici, cioè la scelta o la negoziazione dei
principi e valori delle diverse dottrine etiche da usare per costruire
la cornice morale, nonché se effettivamente questi dispositivi hanno un
impatto nel ridurre i comportamenti morali e illegali negli specifici
ambiti professionali.
Il libro potrebbe indurre a credere che la
professione dei ricercatori e dei professori universitari, ovvero che
università e ricerca non richiedano l’applicazione e il richiamo a
principi e valori etici, nel senso che la categoria di attori sociali
che fa ricerca e insegna non meriti un’etica applicata. Purtroppo, e
tragicamente, non è così. I professori universitari usano spesso la loro
posizione di potere per fini personali, ovvero non rispettano valori
come onestà, trasparenza, affidabilità, rispetto della dignità etc.
Inclusi i professori di filosofia morale, che sono la prova provata che
si può conoscere filosoficamente l’etica e preferire le regole del
familismo amorale all’onestà e oggettività quando si tratta di valutare
candidati nei concorsi. Mentre una delle emergenze che stanno
preoccupando gli enti di ricerca e le agenzie internazionali che
finanziano e valutano la ricerca è la crescita dei casi di frode,
falsificazione e plagio. Infatti, in tutto il mondo proliferano codici e
corsi di etica applicata alla ricerca.
Etiche applicate. Una guida, Adriano Fabris (a cura di), Carocci Editore, Roma, pagg. 411,, € 35, 0