Il Sole Domenica 16.9.18
La biografia di Eugenio Montale
Cose rare e segrete nella vita di un grande poeta
di Stefano Crespi
Eugenio
Montale rappresenta certamente un’esemplarità acutamente paradigmatica e
testimoniale nel movimento infinito tra poesia e prosa. Riprendo dagli
scaffali il libro Bibliografia montaliana di Laura Barile pubblicato nel
1977 nelle edizioni Mondadori: subito si coglie l’immensità
dell’orizzonte espressivo in Montale.
Motivo di stimolo, di
suggestione può essere il libro di Giulio Nascimbeni Montale. Biografia
di un poeta (nella riedizione ora nel 2018 presso il Leggio Libreria
Editrice di Chioggia). C’è una prefazione documentata di Franco
Contorbia e una postfazione di Enrico Nascimbeni nel ricordo di Montale,
nella memoria del padre.
Giulio Nascimbeni, giornalista al
«Corriere della Sera» e responsabile della sezione cultura, ebbe una
vicinanza con Montale. La sua prima edizione per Montale esce da
Longanesi nel 1969, poi aggiornata.
Siamo immersi in
un’accelerazione mediatica, formalizzata. Nello specchio di una
biografia, la vita si innalza e ricade, seducente e insostanziale,
incantata e peritura. Conta in una biografia la traccia, la segretezza,
anche quel tratto originario che è ciò che è stato amato e non è
accaduto.
Nel percorso di Montale emergono quelli che appaiono i
luoghi significativi della sua esistenza: la Liguria e, soprattutto nei
periodi estivi, Monterosso nello sfondo mitico e meraviglioso del mare;
Firenze, per gli anni in cui è stato direttore del Vieusseux, nella
tradizione della cultura, delle idee, dell’umanesimo; Milano, per gli
anni al «Corriere della Sera», nella trama di inedite aperture,
consapevolezze.
Montale avverte la cronaca caduca delle giornate,
del quotidiano: una renitenza verso strumenti tecnici; gli stessi
pensieri poetici vengono a volte a cadere su buste, fogli occasionali;
la sua figura in una solitaria ritualità davanti alla macchina per
scrivere.
Il punto caratterizzante della sua percezione è
l’ironia. Al riguardo c'è un suggerimento di Alberto Savinio nel suo
volume Ascolto il tuo cuore, città. Scrive Savinio che ironia è «ricerca
e maniera sottile di insinuarsi nel segreto delle cose». Montale, fuori
dalla dimensione appariscente, intuisce l’assenza, l’atonia, la
corrosione (appunto l’ironia).
Nelle pagine biografiche ritroviamo
riscontri esplicativi sul tema della figura femminile, del dialogo
d’amore. Le figure femminili (che si sovrappongono, si confondono,
divaricano, ritornano in evento) segnano quella moderna odissea senza
approdo che è l'inquietudine stessa dell’esistenza.
Per Montale
queste figure femminili sono la temporalità, la sua “voce”: l’accento,
l’intensità, la fascinazione, lo sfondo di silenzio, il vuoto, la pagina
bianca.
In qualche semplice richiamo, Esterina Rossi è la prima
figura femminile che appare nella poesia Falsetto: «Come spiccata da un
vento / t’abbatti fra le braccia / del tuo divino amico che t’afferra. /
Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra». Sempre in Ossi
di seppia misteriosa ispiratrice è la figura di Casa sul mare (Paola
Nicoli nell’indicazione di Giulio Nascimbeni).
Per la poesia
struggente La casa dei doganieri, nelle Occasioni, Montale dice: «L’ho
scritta per una giovane villeggiante morta molto giovane. Per quel poco
che visse, forse lei non s’accorse nemmeno che io esistevo».
Accanto
alla passione, all’assiduità, alla collaborazione negli scritti per la
musica, troviamo nella biografia il suggerimento per la diretta
esperienza umana e creativa nella pittura. Così leggiamo in una pagina:
«Due amici, Raffaele De Grada e Ernesto Treccani, lo avevano iniziato ai
piaceri della pittura, prestandogli qualche pennello e qualche fondo di
tavolozza».
Si mette in moto a volte una coniugazione tra spazio e tempo, immagine e scrittura.
Esemplare
la figura di Alberto Giacometti. Tanto era sapiente negli strumenti
espressivi (dal disegno, alla pittura, alla scultura) quanto tendeva nei
suoi scritti alla pura traccia di un disarmante stupore.
Rispetto
al complesso, vario registro della scrittura, l’esperienza in Montale
della pittura tende a custodire la vibrazione, una luce, la “frase”
interiore che si stacca dal linguaggio. Sono piccoli paesaggi, marine,
spiagge, fiori e giardini. La parola è giunta alla fine. Sul margine
della scrittura, la piccola immagine diventa la grazia perduta di
abbandono, di anonima evocazione.
Le pagine di questa biografia
possono essere un’apertura a riaccostare, oltre alla poesia, qualche
tratto della prosa, della vita di Montale. Vorrei richiamare Farfalla di
Dinard che è la prosa che dà il titolo a un volume.
Al caffè in
una piazzetta ventosa di Dinard, l'autore lascia alla cameriera una
lauta mancia. Si presenta come un “entomologo dilettante” chiedendogli
di scrivergli «un sì o un no» se quella farfalletta si fosse rifatta
viva. La figura femminile ha un moto di stupore, di incredulità, nella
grazia candida di una pittura di Greuze. La farfalla intanto è
scomparsa: oggetto, simbolo, illusione, anonima tenerezza, inganno della
vita che appare e svanisce.
In un pensiero finale, valga il
suggerimento di un’espressione di Ernesto Treccani il quale aveva un
incontro a Parigi con Alberto Giacometti senza averlo mai conosciuto di
persona. Scrive Treccani: «Ognuno di noi somiglia alle cose che fa». La
figura di Giacometti era la figura stessa di una sua scultura.
L’opera
di Montale è il riflesso della sua figura. La casa a Milano in via
Bigli al numero 15 con l’attenzione della governante. Alle pareti quadri
di pittori amati. Davanti a un tavolino con libri, Montale in poltrona
con una piccola coperta sulle ginocchia. Nel gesto della mano una
sigaretta: il fumo di quella sigaretta nello scorrere del tempo.
Montale. Biografia di un poeta, Giulio Nascimbeni Il Leggio Libreria Editrice, Chioggia, pagg. 166, € 18