il manifesto 8.9.18
Francia 1789, tempo di rivoluzione con sovraccarico di retorica
Venezia 75. Presentato fuori concorso il film del regista francese Pierre Schoeller dal titolo «Un peuple et son roi»
Una scena dal film di Pierre Schoeller «Un peuple et son roi»
di Antonello Catacchio
VENEZIA
In un altro film francese presentato qui, quello di Jacques Audiard,
ambientato nel 1851, i Sisters Brothers vanno due volte a casa del
perfido Commodoro. E Audiard anticipa la scena con un primo piano dello
stemma marinaro del Commodoro su cui troneggia la scritta In cauda
venenum. Forse una prefigurazione per un altro film francese della
selezione ufficiale, fuori concorso, Un peuple et son roi di Pierre
Schoeller. Eccoci quindi ancora più in là nel tempo, il passato è stata
una delle caratteristiche dominanti di questa edizione. L’anno è proprio
il fatidico 1789, re Luigi XVI il giovedì santo lava i piedi a una
dozzina di bimbi poveri come fece Cristo. E uno di questi ragazzini in
tunica rossa rivolto al re dice che presto avrà degli zoccoli.
Sottintendendo che non dovrà più camminare a piedi nudi. Subito dopo
vediamo lo stesso bimbo tra i popolani che hanno conquistato la
Bastiglia e hanno liberato i detenuti. Inizia così lo smantellamento del
regime e della stessa fortezza, mentre metaforicamente e
realisticamente il sole comincia a baciare gli esponenti del popolo. Che
cantano, indossano coccarde, marciano, protestano, minacciano, cantano
di nuovo, sono incuriositi da quel «Robert Pierre» che parla
all’Assemblea nazionale, insomma, sono popolo ma fanno quella
rivoluzione che li ha resi famosi in tutto il mondo. Infatti se lo
dicono anche nel film che dopo quel che stanno realizzando essere
francesi sarà qualcosa di cui essere orgogliosi.
Dice il regista:
«Volevo filmare un popolo attivo (si intende che lavora, che produce
reddito, ndr). Questo popolo ha costruito la propria sovranità, ha
stabilito nuove relazioni di uguaglianza, decretato nuovi diritti. Ha
fondato una repubblica. Non è un’invenzione dei nostri tempi: queste
persone sono esistite. Questo popolo, nato nel 1789, nell’estate di
quell’anno ha iniziato una rivoluzione. Ascoltiamolo». Tutto molto bello
e condivisibile, solo che il film non riesce a evitare alcuna trappola
sottesa a un progetto del genere. Così anziché un inno alla rivoluzione e
a quegli individui che si sono affacciati dal nulla per avere un posto
nella storia come popolo, il racconto sembra essere sovraccarico di
retorica, con tanto di antenati che tormentano il «povero» Luigi XVI. E
alla fine per quanto uno tenda le orecchie non si riesce a sentire molto
di quel che avrebbero da dirci. Peccato.