il manifesto 6.9.18
Errol Morris: «Il mondo è in pericolo, non possiamo rifiutarci di vederlo»
Venezia
75. L'incontro con il regista che ha portato fuori concorso «American
Dharma», sulla figura di Steve Bannon. «Quell’uomo - spiega - riesce ad
attirare l’attenzione dei media. Dargli l’opportunità di aver ancor più
visibilità è sbagliato, ma al contempo indagare è necessario»
di Giovanna Branca
VENEZIA
All’incontro stampa di aAmerican Dharm Steve Bannon non c’è – non è
invitato dal regista Errol Morris né dal Festival – ma l’ex stratega di
Trump ha fatto ieri la sua comparsa «in incognito» alla proiezione
ufficiale del film, dove è entrato quasi di soppiatto, mescolandosi col
pubblico e – come riporta Variety – ha assistito alla proiezione dalla
balconata, negandosi ai giornalisti probabilmente per attirare ancor più
l’attenzione su di sé. E proprio «l’attenzione» data a Bannon dal
documentario del quale è protagonista è stata al centro di un acceso
dibattito con il regista, accusato di aver con il suo American Dharma
«normalizzato» il male che Bannon rappresenta, di aver partecipato a una
sovraesposizione mediatica che fa il gioco di uno dei peggiori
esponenti dell’Alt Right americana . «Anche io sono stato combattuto su
questa idea, e lo sono tutt’ora, ma la mia risposta non è stata rimanere
zitto, non fare questo film», ha risposto Morris. «Steve Bannon, come
anche Trump, ha un’abilità straordinaria nell’attirare l’attenzione dei
media. Dargli un’opportunità di avere ancor più visibilità è un male, ma
allo stesso tempo indagare, cercare di capire, è assolutamente
necessario». La necessità di capire, sottolinea Morris, è alla base del
suo documentario: «Nel mondo, e negli Stati uniti, stanno accadendo cose
profondamente inquietanti: è fondamentale comprendere cosa sta
succedendo – su di noi incombe un terribile pericolo e non possiamo
rifiutarci di vederlo». Il suo mestiere, anche da giornalista –
sottolinea – non è solo «discutere le opinioni altrui, ma indagare».
Tutti
gli eventi che negli Stati uniti hanno portato all’elezione di Trump
nel 2016 sono stati come «una tempesta perfetta». Così come la carriera
di Bannon «che lo ha portato a diventare all’ultimo secondo il manager
della campagna elettorale» del tycoon. «Come è potuto succedere, e
perché?», si chiede quindi Morris. Girare questo film, continua, gli ha
consentito di scoprire cose che ignorava su Bannon, come ad esempio la
sua cinefilia: «È stato uno shock sentirmi dire che il mio documentario
Fog of War era stato così determinante per lui». Ma i film sono anche
quelli che Bannon cita spesso e volentieri nella lunga intervista con
Morris: «Quando ho scoperto che era un cinefilo gli ho chiesto di
mandarmi la lista dei suoi film preferiti, e mi ha sorpreso. C’erano
opere di John Ford, Kubrick, Orson Welles… Nel dialogo con lui i film
funzionano come delle macchie di Rorschach: Bannon ci vede delle cose
spesso completamente all’opposto di come le interpreto io».
Una delle
domande alle quali Morris dice di aver cercato di trovare una risposta
attraverso il suo film è la reale natura delle convinzioni dell’uomo che
è stato così determinante nell’elezione di Trump: «Crede davvero a ciò
che dice o è solo un venditore, un opportunista che sfrutta delle idee
terribili per ottenere potere? Io propendo per la seconda ipotesi ma c’è
qualcosa nelle sue affermazioni che mi fa pensare che invece faccia per
davvero. E questo lo rende ancora più pericoloso: nelle sue convinzioni
c’è un fondo apocalittico che va ben oltre lo stesso rischio posto da
Trump, che secondo me non ha neanche un’ideologia, vende solo se
stesso». Parlarne, Morris ne è convinto, «è straordinariamente
importante».
Il ventesimo secolo – continua infatti il regista – «è
stato teatro di una terribile carneficina, per questo ci siamo dati
delle organizzazioni internazionali affinché questo non accada più. Ma
oggi in America sembra che si sia persa la consapevolezza della Storia».
E ora Bannon punta sul Vecchio continente che, spiega Morris: «vorrebbe
ridurre a un insieme di stati nazionali in guerra tra loro,
distruggendo la moneta unica, le Nazioni Unite. Sta cercando di
esportare il suo metodo in Europa, una cosa che deve fare molta paura».