il manifesto 5.9.18
La voce incenerita del Brasile
Patrimonio.
Il rogo al Museo nazionale di Rio de Janeiro ha cancellato il 90% dei
reperti lì conservati, tra cui le registrazioni di canti indigeni e i
preziosi libri della biblioteca di antropologia culturale
di Valeria Ribeiro Corossacz
Il
Museu Nacional di Rio de Janeiro, museo di storia naturale, etnologia e
antropologia, considerato l’istituzione scientifica più antica del
paese, non esiste più. Aveva sede nel Palácio de São Cristóvão, storica
sede della famiglia reale portoghese e poi della famiglia imperiale
brasiliana, che si trova nel Parque da Quinta da Boa Vista, mèta di
passeggiate per molti cariocas, soprattutto residenti nei quartieri
circostanti, popolari e lontani dall’area più ricca e turistica della
città. Il Museu riceveva ogni anno centocinquantamila visite, tra cui
molti alunni della scuola pubblica.
OLTRE ALLE COLLEZIONI
zoologiche, paleontologiche e botaniche formate da materiali raccolti
sul territorio brasiliano, i visitatori potevano ammirare documenti
sulla storia dell’Impero, artefatti greco-romani ed egizi, raccolti
dalla famiglia reale portoghese. Tra i pezzi conservati nelle gallerie,
c’era anche un meteorite: è stato trovato intatto, avendo sopportato le
alte temperature provocate dall’incendio.
NON SI SA ANCORA se sia
andato distrutto il fossile del cranio di Luzia, che attestava la
presenza delle prime popolazioni dell’America latina circa undicimila
anni fa. Il cranio, con la sua ricostruzione facciale, non era esposto
al pubblico per mancanza di fondi. I dirigenti del Museu calcolano che
sia andato distrutto il 90% delle collezioni. Il vice Direttore
dell’istituzione, l’antropologo culturale Luiz Fernando Dias Duarte ha
denunciato l’abbandono da parte della classe dirigente degli ultimi
governi: da decenni, la direzione cerca di ottenere i fondi necessari
per portare avanti il processo di ristrutturazione e ricollocazione
delle varie gallerie, deciso proprio per proteggere il patrimonio in
esse contenuto. Si trattava, infatti, di materiali facilmente
infiammabili, che non potevano rimanere in quella struttura, vetusta e
prevalentemente di legno – che infatti ha ceduto, distruggendo le teche.
Duarte ricorda che nella festa per celebrare i duecento anni
dell’Istituzione, nel giugno scorso, la direzione non è riuscita a
ottenere la partecipazione di nessun ministro del governo, a
dimostrazione della disattenzione verso questa struttura.
IL MUSEU
ERA ANCHE SEDE del prestigioso Programa de Pós Graduação em
Antropologia Social dell’Universidade Federal do Rio de Janeiro, in cui
sono nati, negli anni della dittatura, nuclei di ricerca di antropologia
indigenista, rurale e urbana, importantissimi per l’antropologia
brasiliana.
Sono state sviluppate qui indagini sul campo che hanno
interessato l’intero territorio nazionale, in cui si studiavano le
relazioni di sfruttamento nelle campagne, i quilombos (territori rurali
gestiti da popolazioni nere), le lingue indigene, le trasformazioni
delle popolazioni indigene, il ruolo del razzismo nella formazione della
nazione, le politiche di «sbiancamento» per liberarsi dei discendenti
di schiavi africani favorendo l’immigrazione europea.
QUESTE
RICERCHE hanno allo stesso tempo documentato forme diverse di
oppressione e resistenza durante la dittatura, e costruito un progetto
di antropologia impegnata e militante ancora oggi vivo. L’importanza del
Museu Nacional risiede anche nel fatto di aver accolto studiosi che
hanno analizzato criticamente il legame che esisteva all’inizio del 900
tra etnologia, antropologia fisica e la nascente antropologia culturale,
gettando le basi per una disciplina libera dal determinismo biologico.
La biblioteca di Antropologia culturale, la più importante di Rio, è
andata distrutta, e sembra anche tutte le registrazioni audio di canti
in lingue indigene oggi non più parlate, così come altri documenti
preziosi.
La cancellazione del patrimonio del Museu Nacional è un
lutto non solo per il Brasile, ma per tutta l’umanità. Poteva essere
evitata se, invece di tagliare i fondi dedicati a esso e, in generale,
alla cultura e alla ricerca, il governo federale avesse investito per
realizzare il progetto messo a punto dalla direzione.
Lunedì,
studenti dell’Ufrj hanno manifestato fuori dai cancelli del Museu per
protestare contro i tagli del governo Temer all’educazione e alla
cultura; l’Ateneo ha sospeso le lezioni. Un’altra manifestazione si è
tenuta nel centro della città, in difesa dell’educazione pubblica e per
esprimere il sentimento di perdita e lutto. Per molti, questo incendio è
la metafora del momento buio che attraversa il Brasile, del disprezzo
delle classi dirigenti per la cultura e della negligenza verso il
patrimonio pubblico. Ora è il momento di ricostruire il Museu e un
Brasile socialmente più giusto.
anche: https://ilmanifesto.it/brasile-la-memoria-bruciata/