il manifesto 29.9.18
Nella destra razzista l’unione tra filosemiti e antisemiti
Ebrei
per Afd. Nel partito di estrema destra tedesco entra il gruppo Ebrei
per la Germania. Perché stupirsene? Una destra intollerante e xenofoba
governa da quarant’anni Israele e, riguardo alla questione palestinese, è
da tempo approdata a pratiche nemmeno più colonialiste ma in sostanza
segregazioniste. Se ognuno riconosce i suoi, l’estrema destra tedesca
non può che rallegrarsene
di Massimo Raffaeli
In
una corrispondenza da Berlino del 27 settembre a firma di Sebastiano
Canetta, sul manifesto si legge che il partito paranazista o neonazista
tedesco, Afd, ha incorporato un gruppo autodenominatasi per l’occasione
«Ebrei per la Germania».
Ci si può indignare ma non esattamente
stupire perché a costoro, di qualunque estrazione essi siano, interessa
con ogni evidenza appoggiare le politiche più aggressive e rovinose di
Netanyahu e di Lieberman per diffondere l’odio contro i turchi, gli
arabi e i cittadini di religione islamica.
Andrebbe sempre
ricordato che una destra intollerante e xenofoba governa da quarant’anni
Israele quasi senza interruzioni e che tale destra, riguardo alla
questione palestinese, è da tempo approdata a pratiche nemmeno più
colonialiste ma in sostanza segregazioniste. Se ognuno riconosce i suoi,
l’estrema destra tedesca non può che rallegrarsene.
Anche in
Italia dirsi «amici degli ebrei» spesso equivale a schierarsi
preventivamente, come per riflesso condizionato, senza eccepire né
distinguere, con la stessa etnocrazia che un diffuso stereotipo vorrebbe
l’unica democrazia in Medio Oriente.
Se esiste a sinistra, ed
esiste certamente, chi ancora contrabbanda per antisionismo, ovvero per
opposizione alle politiche del governo di Israele, un immondo e
sottaciuto antisemitismo (è il vecchio, e a cadenza redivivo, socialismo
degli imbecilli di cui disse il vecchio Bebel a proposito di antisemiti
travestiti da anticapitalisti) è vera, però, anche la reciproca.
L’antisemita
non distingue ma confonde, ritenendole interscambiabili, nozioni che
dovrebbero rimanere distinte quali «ebraismo», «sionismo», «Stato di
Israele» e «governo di Israele»: l’antisemita ne colpisce una per
infamarle e sfregiarle tutte quante in blocco. Ma così si comportano,
sia pure a segno invertito, coloro che si proclamano amici degli ebrei e
pretendono di esserlo per il solo fatto di schierarsi a priori dalla
parte del governo di Israele e delle sue attuali politiche.
L’appoggio
incondizionato e persino provocatorio di Donald Trump consuona con il
fatto che oggi a Berlino, e senza soverchio clamore, ai neonazisti di
Afd si possano affiliare degli «Ebrei per la Germania» perché è
difficile sia un caso convergano proprio su questo punto dei nostalgici o
dei risentiti squadristi e il mitomane che abita la Casa bianca.
Esiste
dunque un corrispettivo liberalismo degli imbecilli incapace di vedere
tutto questo e di coglierne il senso? O portato invece a ignorarlo? Le
destre al governo in Israele da tempo hanno preparato il terreno,
rovesciando il combinato antisemita fino al più estremo dei sillogismi:
per i Netanyahu e i Lieberman, come per i loro alleati e adulatori, chi
critica le azioni del governo è di per sé un antisionista, un nemico di
Israele e degli ebrei, anzi un amico dei terroristi, e infine è un
potenziale negazionista, quasi che i ministri di un governo potessero
mai autoproclamarsi eredi e depositari esclusivi della Shoah nello
stesso momento in cui la profanano e la sconciano facendone un’arma
della lotta politica.
L’arma è letale, tende ad ammutolire
qualsiasi oppositore, a farne un reprobo e appunto a dipingerlo come un
mascalzone antisemita. Su questa micidiale dinamica, entrata nel senso
comune, ha scritto un libro straordinario, e troppo poco rammentato in
Italia, Idith Zertal, Israele e La Shoah. La nazione e il culto della
tragedia (Einaudi 2007) dove si legge a un certo punto che la memoria
dello sterminio è via via divenuta nel disegno delle classi dirigenti
«una figura retorica, un oggetto pronto all’uso» ormai «scambiabile con
qualsiasi esigenza storica anche totalmente diversa».
Si dovrebbe tenerlo presente, prima di dolersi per quegli ebrei tedeschi che hanno scelto di indossare la camicia bruna.