venerdì 28 settembre 2018

il manifesto 28.9.18
Merkel abbraccia il Sultano alla faccia dei diritti umani
Germania. Visita di stato di Erdogan a Berlino. Proteste di ong, movimenti e oppositori turchi. Il sondaggio: il 56% dei tedeschi considera sbagliato ricevere il leader di Ankara
di Sebastiano Canetta


BERLINO Dal pranzo con Angela Merkel, alle manifestazioni che scandiranno lo slogan «Erdogan not welcome», fino alla scomoda presenza dei giornalisti «terroristi». Berlino, più blindata che mai, oggi si prepara ad accogliere il sultano in visita di stato, mostrando le due facce del suo rapporto «bilaterale» con la Turchia.
Tre giorni di summit istituzionale fra il presidente turco e le massime cariche della Bundesrepublik tra la cancelleria federale e il Castello di Bellevue, prima del volo verso Colonia: la mecca dell’Islam tedesco.
UN VERTICE POLITICO atteso da mesi, necessario per sbrogliare la matassa delle questioni nevralgiche tra Berlino e Ankara. Ci sono i «vecchi» profughi negli hotspot turchi messi in piedi grazie ai fondi dell’Ue, come i nuovi migranti che Erdogan proietta già sull’Europa se cadrà la «sacca» di Idlib in Siria.
Ma il presidente turco e la cancelliera proveranno, inoltre, a trovare la quadra sul tema dell’influenza di Ankara sugli imam nelle moschee tedesche, la persecuzione in Germania degli esuli del putsch militare del 2016 o dei seguaci del predicatore Gülen, la stabilità della lira, oltre al commercio di armi made in Germany, flessibile ma solo fino a un certo punto.
NATURALMENTE, in via più o meno ufficiale, Merkel non mancherà di fare pressione sui diritti umani; anche perché tra chi ha chiesto di partecipare alla conferenza stampa congiunta con Erdogan spicca Can Dündar, cronista del quotidiano Cumhuriyet condannato dal regime turco per rivelazione di segreto di stato. «Voglio semplicemente chiedere a Erdogan perché continua a sostenere che nelle carceri turche non si trovino giornalisti ma terroristi», è la sua domanda che il governo tedesco fatica a riformulare.
Nell’attesa, si registra la mossa del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier: mercoledì ha incontrato Mesale Tolu e Deniz Yücel, i due giornalisti turco-tedeschi accusati di terrorismo ed espulsi in Germania solo dopo la protesta formale di Berlino.
Steinmeier, dovrebbe «sfiorare» i casi analoghi al banchetto di stato che aprirà la visita di Erdogan alle 9.30 nella sua residenza al Castello di Bellevue. Due ore dopo è previsto il pranzo con Merkel, prima dell’omaggio alle vittime della guerra sull’Unter den Linden.
Lì a partire dalle 11 i dimostranti ricorderanno «i morti di Erdogan» mentre alle 16 a Breitscheidplatz partirà la manifestazione «per i diritti e la democrazia» di chi si riconosce nel cartello di associazioni, Ong e movimenti riunti sotto lo slogan «Erdogan not welcome». Proteste fino a sera, quando il sultano è atteso a cena dal presidente Steinmeier. Domani si replica con la colazione di lavoro ala cancelleria con «Mutti-Merkel» finché alle 13 Erdogan decollerà per Colonia dove sarà ricevuto dal governatore del Nordreno-Vestfalia, Armin Laschet, con cui discuterà della moschea Ditib: il maggiore centro islamico della Germania.
SOTTO IL PROFILO della sicurezza la visita del presidente turco costa non poco: a Berlino risultano oltre 4.000 poliziotti dedicati alla protezione del summit, mentre i trasporti pubblici da ieri funzionano a singhiozzo con la metropolitana e i bus che non superano la zona-rossa tra l’Hotel Adlon (dove alloggia Erdogan) e la cancelleria federale.
Non sarà ciò a influenzare i tedeschi: secondo il sondaggio Emnid-Welt di ieri il 56% è già convinto che accogliere con gli onori il leader turco sia sbagliato e solo il 35% difende la scelta di Realpolitik di Merkel e Steinmeier. Appena l’11% poi è convinto che la Turchia sia una vera democrazia mentre ben l’81% mette in dubbio il suo rispetto dei diritti umani.
Per questo ieri il presidente Steinmeier ha dovuto precisare che la visita di Erdogan «non è una normalizzazione delle relazioni tra Germania e Turchia. Siamo molto lontani da questo, anche se potrebbe essere l’inizio».
DI SICURO BERLINO resta la testa di ponte dell’Europa con Ankara, pur nella complessità di una relazione sempre più difficile da gestire. Lo dimostra l’ex leader dei Verdi, Cem Özdemir, di origine turca: diversamente da altri politici dell’opposizione oggi non diserterà il banchetto con Erdogan. «Andrò e gli stringerò la mano. Che altro posso fare? Questo è quanto facciamo nella civiltà occidentale».