il manifesto 26.9.18
«In Europa la sinistra resti unita. Drammatico se si spaccasse»
Verso
le europee. Intervista al deputato Victor Perli, pontiere della Linke:
noi con i profughi, confronto sull’apertura totale delle frontiere. "Fra
noi non ci sono razzisti né nazionalisti, difendiamo il welfare statale
contro lo smantellamento spinto dalle istituzioni sovranazionali"
di Jacopo Rosatelli
«Il
mio principale obiettivo è che la Linke resti unita». Nella sinistra di
opposizione in Germania non ci sono solo sostenitori o avversari di
Sahra Wagenknecht e del suo movimento Aufstehen: (Alzarsi) Victor Perli,
deputato 36enne, radici familiari in Alto Adige e Olanda, è tra i
«pontieri».
Perli, qual è il suo giudizio sull’iniziativa di Wagenknecht?
Aufstehen
può raggiungere e attivare persone di sinistra che sono insoddisfatte
dai partiti: è la funzione svolta in passato da Attac. Ora ci sono
movimenti tematici, contro le morti nel Mediterraneo o contro il
cambiamento climatico, ma ne manca uno più generale: può essere il ruolo
di Aufstehen.
Nessun rischio di scissione per la Linke, quindi?
In
astratto, se vediamo la storia della sinistra, questi rischi ci sono
sempre. E qualcuno spinge in quel senso, ma è minoritario. Wagenknecht
ha detto chiaramente che non vuole fondare un nuovo partito, cosa che
peraltro la legge tedesca non rende facile. La Linke è il più forte
partito a sinistra della Spd da quando è nata la Repubblica federale:
per decenni quest’area non ha avuto rappresentanza ed è una conquista
che non dobbiamo mettere in pericolo. Aufstehen può far bene alla Linke
se crea partecipazione nelle persone che sono fuori dal partito, non
deve condurre militanti a uscirne.
Ma qual è lo stato di salute della Linke con queste fibrillazioni?
Stabile,
ma non soddisfacente: non riusciamo a raccogliere i consensi che perde
la Spd. All’interno il partito sta cambiando molto. Le correnti
tradizionali contano di meno e si stanno rimescolando, crescono gli
iscritti più giovani, molti dei quali sono entrati per reagire
all’ascesa della destra. Dobbiamo saper gestire le nostre
contraddizioni, come insegnano Marx e Gramsci. Sarebbe una tragedia non
riuscirci, soprattutto ora che la Spd è in caduta libera.
Il deputato Victor Perli
Il tema-chiave è quello dei migranti. Aufstehen va dietro ad Alternative für Deutschland?
La
Linke è il polo opposto rispetto alle posizioni della Afd e anche del
ministro degli interni Seehofer, che ha definito l’immigrazione «la
madre di tutti i problemi». La nostra posizione è nettissima contro il
razzismo, contro chi vuole la guerra dei tedeschi poveri contro i
migranti. Fra noi c’è una discussione, che c’è in tutta la sinistra
europea, sull’apertura incondizionata delle frontiere e sul diritto di
residenza incondizionato per chiunque. La Linke difende il diritto
intangibile di tutti i profughi ad essere accolti e a restare, mentre si
confronta su quanta immigrazione sia concretamente sostenibile per il
nostro Paese. Aufstehen sta in questa discussione.
Le
contraddizioni a cui si riferiva sono legate anche alla personalità più
in vista: Wagenknecht è leader di Aufstehen e capogruppo della Linke in
parlamento.
Trovo legittimo che lei sia attiva, come molti di noi,
anche in associazioni o campagne, ma in prospettiva ritengo che i
portavoce di Aufstehen dovrebbero diventare altri.
I critici, poi,
si chiedono come mai Wagenknecht, da sempre contro il governo
rosso-rosso-verde, sia ora favorevole alle intese, come scritto nel
manifesto di Aufstehen.
Per otto anni c’è stata una maggioranza
numerica nel Bundestag a sinistra della Cdu-Csu, un’opportunità che non
poteva essere colta perché mancavano le condizioni politiche. Spd e
Verdi non avevano intrapreso nessuna vera autocritica rispetto alle loro
scelte nel periodo del governo Schröder e molti di noi temevano che
un’alleanza sarebbe stata un abbraccio mortale, perché non ci sarebbero
stati spazi per incidere. Wagenknecht vuole, con Aufstehen, aumentare la
pressione su Spd e Verdi affinché facciano finalmente questa
autocritica.
Chi dice che è un movimento dall’alto si sbaglia?
Già
in passato erano stati intellettuali e personalità pubbliche a dare
vita a movimenti. Il punto è vedere quanti dei 150mila che hanno aderito
online ad Aufstehen si attiveranno davvero: solo allora sapremo se la
critica è giusta.
Allarghiamo la prospettiva: ai rischi di rottura in Germania corrispondono quelli in Europa.
Sì,
ma sul piano europeo il pericolo mi sembra più forte. Se nel prossimo
parlamento di Strasburgo non ci fosse più il gruppo unitario della Gue,
ma ce ne fossero due, sarebbe drammatico. Tutti noi dobbiamo sentire la
responsabilità di rafforzare la sinistra in Europa di fronte alla destra
in crescita. Si può essere critici verso Syriza e Tsipras, come lo è
Mélenchon, ma questo non deve condurre a una separazione.
Ma secondo lei qual è la posizione giusta sull’Europa?
La
sinistra è internazionalista e non può assumere il punto di vista degli
stati nazionali. La Linke ha sempre difeso il sistema statale di
protezione sociale contro lo smantellamento che traeva impulso dalle
istituzioni sovranazionali perché i rapporti di forza attuali
impediscono di creare un sistema di welfare europeo, che deve comunque
restare l’obiettivo a cui tendere. La nostra prospettiva non è il
ritorno allo stato nazionale. Non solo perché l’Europa è una realtà
nella vita di tante persone che studiano e lavorano, ma anche perché le
grandi sfide del presente – migrazioni, cambiamento climatico, pace nel
continente – non possono certo essere affrontate a livello nazionale.
Noi dobbiamo essere, contemporaneamente, europeisti e critici verso il
radicalismo di mercato e l’austerità di questa Unione europea. Noi
dobbiamo riformare radicalmente l’Ue, non distruggerla.