il manifesto 25.9.18
Nell’Arena della sessualità maschile
In
una parola. Una riflessione a partire dall'intervista realizzata da
Massimo Giletti al giovane Jimmy Bennet che accusa Asia Argento di
averlo violentato
di Alberto Leiss
Non amo il
giornalismo-spettacolo di Massimo Giletti, ma devo riconoscere che
l’intervista al giovane Bennet – che ha ripetuto di essere stato
«violentato» da Asia Argento – oltre a essere obiettivamente un grande
«colpo» mediatico, è stata condotta con correttezza, efficacia,
ragionevolezza.
Giletti non ha dimenticato di essere un maschio, e
ha sollevato più di una volta il dubbio sul fatto che una donna
trentenne come Asia Argento possa avere costretto con la forza e la
violenza (come succede alle femmine vittime di stupro) un giovane quasi
diciottenne ad avere un rapporto sessuale «completo» con lei. Un giovane
che ha detto di aver avuto altri rapporti sessuali precedenti (e
tralascio i racconti che rimbalzano in rete sul fatto che una sua ex
compagna lo accusa a sua volta di aver avuto comportamenti violenti).
L’intervistatore
ha poi attirato l’attenzione sul selfie scattato da Bennet con Asia
abbracciati in un letto, secondo lo stesso autore fatto dopo il
rapporto. Nella civiltà delle immagini in cui siamo immersi – ma forse
lo siamo sempre stati – questa immagine parla di tutto tranne che di una
violenza appena consumata.
A un certo punto Bennet ha capito che
la piega della trasmissione non stava volgendo a suo favore, lo ha detto
esplicitamente e ha chiesto che fossero rimosse dagli schermi le grandi
icone del volto di Asia Argento. Ha poi sfoderato il suo argomento più
forte (consigliato dai suoi legali?): ha deciso di agire a distanza di
anni – in un primo tempo chiedendo una enorme somma di denaro come
risarcimento, e prezzo del suo silenzio – proprio dopo che la Argento
era divenuta simbolo del movimento #metoo nato dal caso Weinstein. Lui
sarebbe stato vittima da parte dell’attrice e regista, che gli proponeva
di partecipare a un nuovo film, dello stesso tipo di potere e di
violenza che il mega-produttore Weinstein aveva esercitato contro di
lei.
Ma questo argomento è stato un po’ un boomerang nelle
reazioni di Giletti e del pubblico in sala. Si può davvero paragonare il
potere enorme di un Weinstein con la posizione professionale, e anche
caratteriale, di una donna di spettacolo estroversa come la Argento? La
trasmissione ha fornito altri spunti interessanti (per esempio la più
netta distinzione tra «molestie», per quanto inaccettabili, e violenza,
di cui ha parlato l’ex parlamentare Nunzia De Girolamo, o gli
interrogativi psicologici su che cosa passa tra cervello, desiderio e
corpo in un incontro erotico in cui c’è molto spesso una asimmetria
nella microfisica del potere di ogni relazione).
A me interessa
sottolineare che la spettacolarizzazione globale di un grande conflitto
simbolico, se rischia di produrre distorsioni e strumentalizzazioni –
compresi gli effetti di gogna e di censura rispetto ai quali bisogna
stare sempre in guardia – è anche una grande occasione politica. Credo
si capisca poco del momento attuale se non si vedono i nessi tra la
scena aperta dalla reazione femminile sempre più forte al millenario
dominio patriarcale, e la reazione virulenta di pattuglie di maschi
variamente collocate nella geografia di un potere incerto e traballante
quanto aggressivo.
Tra la violenza legata alla sessualità e quella
che si traduce nella volgarità del linguaggio, nell’istigazione
all’odio del capro espiatorio di turno, fino alla tendenza al riarmo e
alla guerra (ieri sera papà Salvini ha ripetuto che un po’ di servizio
militare farebbe tanto bene ai «nostri ragazzi») c’è un filo che va
spezzato.
Il disagio sociale riguarda molte e molti. Quello maschile riguarda noi uomini e va indagato alla radice.