il manifesto 21.9.18
Rebibbia, la donna era malata. Il Dap chiede la testa dei medici
Carcere.
La detenuta tedesca che ha ucciso i suoi due figli era stata segnalata
dal personale penitenziario. Ma i servizi psichiatrici sono molto
carenti, in carcere. Md e sindacati: non capri espiatori, si affrontino i
nodi reali
Rebibbia femminile, nido
di Eleonora Martini
A.
S., la detenuta tedesca di 33 anni che martedì mattina nel “nido” di
Rebibbia ha ucciso i suoi due figlioletti di sei mesi e due anni
gettandoli dalle scale, «era stata più volte segnalata per alcuni
comportamenti, sintomatici di una preoccupante intolleranza nei
confronti dei due piccoli». A comunicarlo al direttore generale dell’Asl
Roma 2 e per conoscenza al capo di gabinetto del ministero della
Giustizia, in una lettera scritta dopo che la tragedia si era consumata,
è stato il capo del Dap, Francesco Basentini.
Il documento
riferisce che lo stesso personale del carcere aveva segnalato «la
necessità di accertamenti anche di tipo psichiatrico». Perciò Basentini
aveva chiesto ai vertici del Ssn nel quale rientra la Sanità
penitenziaria, di «voler valutare l’opportunità di adottare tutte le più
adeguate iniziative relative al personale medico impiegato presso la
suddetta Casa circondariale, anche provvedendo – ove lo riterrà
opportuno – alla sostituzione dello stesso».
Al momento invece il
governo, per mano del Guardasigilli Alfonso Bonafede, come è noto ha
rimosso la direttrice della sezione femminile di Rebibbia, Ida Del
Grosso, la sua vice Gabriella Pedote e la vicecomandante del reparto di
Polizia Penitenziaria Antonella Proietti. Un provvedimento che è apparso
subito piuttosto come un diversivo per non affrontare i nodi reali
della questione.
Protestano i sindacati di categoria, Sappe,
Uilpa, Osapp, Uil, Fns Cisl, Sinappe, e l’Fp Cgil Nazionale che parla di
«scappatoie» e «capri espiatori» invece di «cambiamenti necessari al
sistema carcerario». «Il ministro e il capo del Dap pensano di assolvere
ai loro doveri punendo funzionari e dirigenti, con motivazioni ancora
in queste ore sconosciute ai più», scrivono in una nota i sindacalisti
della Cgil che elencano invece le urgenze per risolvere il problema dei
bambini detenuti con le loro madri. A cominciare dal «rafforzamento,
anche con decreto d’urgenza, della legge 62/2011 che impedisce la
reclusione negli istituti di pena di donne con prole in tenera età; una
accurata e tempestiva indagine sull’operato dei magistrati; un
provvedimento immediato che realizzi case protette, un potenziamento dei
servizi sanitari, soprattutto di supporto e assistenza psicologica e
psichiatrica».
Particolarmente necessari, questi ultimi, da quando
sono stati chiusi gli Ospedali psichiatrici giudiziari e le misure di
sicurezza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali vengono
eseguite solo in alcuni casi nelle residenze alternative chiamate Rems.
La maggior parte dei detenuti con problemi psichici, precedenti o
comparsi in seguito alla detenzione, rimane in carcere, dove i servizi
psichiatrici non sono stati potenziati.
E infatti soltanto ora A.
S. si trova piantonata presso il reparto di psichiatria dell’ospedale
Sandro Pertini, sottoposta a Trattamento sanitario obbligatorio. Oggi
sarà interrogata dal Gip per la convalida dell’arresto. Difesa
dall’avvocato Andrea Palmiero, è accusata di duplice omicidio ma ieri è
stata ritenuta dal giudice in condizioni mentali tali da non poter
neppure decidere sull’espianto degli organi del bambino più grande,
Divine, deceduto all’ospedale Bambin Gesù ventiquattr’ore dopo sua
sorella Faith, morta sul colpo. Il padre dei due bimbi, il nigeriano
Ehis E., è stato infine rintracciato dopo due giorni di ricerca da parte
dell’Interpol e dei carabinieri: si trova in carcere in Germania.
Intanto
si levano altre voci contro i provvedimenti ad effetto di Bonafede
adottati dal Dap. Magistratura democratica auspica che in questo modo
non si voglia attaccare «un modello di carcere che costituisce
un’eccellenza nel panorama penitenziario italiano», e che attraverso una
semplicistica «identificazione» dei «colpevoli», «si rinvii invece il
confronto con i problemi reali». E il Pd, dimenticando forse di essere
il principale responsabile dell’affossamento – durante la scorsa
legislatura – della riforma carceraria targata Orlando che affrontava
anche il nodo delle detenute madri, chiede ora al governo di ritirare
«il decreto legislativo sull’ordinamento penitenziario perché privo di
importanti norme sul diritto all’affettività, sulle misure alternative,
sulla sanità penitenziaria». E di agire «in modo serio, responsabile,
senza cedere ai richiami della propaganda».