venerdì 21 settembre 2018

Il Fatto 21.9.18
Bimbi in carcere. La moderna Medea e la doppia punizione dello Stato

Sono una mamma a tempo pieno di due bambini. Vederli crescere sereni mi ripaga delle rinunce e dei momenti di amarezza, rari ma intensi. Ho letto della madre detenuta che ha ucciso i propri figli lanciandoli dalle scale. Il gesto è quello di una donna in pieno delirio di colpa o comunque in preda a uno status di forte turbamento emotivo. Ora è scattata la sospensione per la Direttrice, per la sua vice e per il vicecomandante di polizia penitenziaria della casa circondariale femminile di Rebibbia. Mi chiedo: basterà questo provvedimento esemplare per impedire che accada ancora?
Sara Fabrizi

Gentile Sara, “ora i miei figli sono liberi” sono le parole che ha pronunciato Alice, la donna, poco più che trentenne, che ha ucciso i suoi figli. È un gesto atroce, terribile, di una moderna Medea che, come ha spiegato il suo avvocato, ha vissuto la detenzione dei suoi piccoli due bimbi (due anni in due) come una doppia punizione. Alice Sebesta il 27 agosto era stata intercettata dai carabinieri di Roma in auto con due nigeriani: dentro il veicolo, 10 chili di marijuana. “Mi hanno dato un passaggio per la stazione, dovevo prendere il treno per tornare a Monaco di Baviera, non sapevo della droga”, si era giustificata. I due uomini vennero rimessi in libertà, Alice invece finì a Rebibbia. Con i figli. È su questo che dovremmo innanzitutto interrogarci, prima di farlo sull’animo umano. Come è possibile che Alice si trovasse ancora in carcere, nonostante i due figli. La scarcerazione, a dire il vero, sembrava a portata di mano. Il giudice aveva bisogno di un domicilio sicuro dove assegnarla ai domiciliari e lei lo aveva trovato, a Napoli, da un amico. Ma poi il magistrato competente era cambiato e il nuovo, ritenendo che “il quadro indiziario non fosse modificato”, e senza fare riferimento ai minori, il 7 settembre ha respinto la richiesta. Le madri carcerate che vivono all’interno delle strutture penitenziarie italiane sono 52: 52 madri che “certamente non mettono a rischio la sicurezza degli italiani, e quindi si potrebbero tranquillamente trovare alternative al carcere”, come ha sottolineato Susanna Marietti dell’Associazione Antigone. “Se io dirigessi un carcere con 350 detenute – ha scritto sul suo blog sul fattoquotidiano.it – avrei solo un modo per essere certa che mai accadrà nell’istituto qualche evento che finirà sui telegiornali: tenere tutte le detenute chiuse in celle singole, nude, legate al letto, sorvegliate a vista. Ma è questo il modello di pena che vogliamo?”.
Maddalena Oliva