il manifesto 20.9.18
L’amarezza di Grasso: «Leu, ora il rischio di consunzione»
Sinistre,
da oggi a domenica a Roma la festa di Mdp. Presente il presidente Fico e
il ministro Moavero. Dal Pd arriva Martina ma non Zingaretti
di Daniela Preziosi
Roberto
Fico, ala sinistra del M55 ci sarà: alla festa di Art.1 che parte oggi
pomeriggio alla Città dell’altra economia a Testaccio (Roma) arriverà
venerdì. Si darà il cambio sul palco con Maurizio Martina, segretario
Pd, che discuterà con Roberto Speranza su come «Costruire
l’alternativa». L’idea portante della festa è, spiega Arturo Scotto,
«dialogare con la parte di M5S che non si è consegnata alla Lega e con
la parte del Pd che vuole cambiare il partito». Ma l’idea è di difficile
realizzazione.
Dalla parte grillina il presidente della camera ha
accolto l’invito. Ma nessun ministro a 5 stelle ha accettato di salire
sul palco di Testaccio, tranne quello degli esteri Enzo Moavero Milanesi
– che però è un indipendente – che si confronterà con Scotto su «un
Mediterraneo senza muri», l’opposto della propaganda del governo
pentaleghista.
Dalla parte dem non è andata molto meglio. Il
segretario Pd ci sarà. Ma ha dato buca Nicola Zingaretti, il candidato
cui buona parte del gruppo dirigente Mdp guarda con fiducia per tornare
all’ovile, o almeno in una coalizione di centrosinistra. Motivo
dell’assenza? «Problemi organizzativi, le agende non coincidevano»,
spiegano dall’una e dall’altra parte. Ma il candidato Pd teme
l’abbraccio mortale degli ex, puniti dall’elettorato e legati alla
stagione seppellita dalla valanga di voti gialloverdi.
Anche se
c’è ex ed ex: se nel suo partito non disdegna una mano dall’ex premier
Gentiloni o dall’ex ministro Franceschini, fuori dal Pd tiene a distanza
gli ex della Vecchia Guardia dalemian-bersaniana, che già si sbracciano
in cordialità.
L’eterno nodo del rapporto con il Pd ormai arriva
al pettine di Liberi e uguali. Il congresso che doveva trasformare la
lista (3,4% alle politiche e 18 eletti) in partito si è impantanato.
Sfilato
da subito Possibile, il percorso, che prevedeva il varo di un manifesto
e l’elezione dei gruppi dirigenti, si è inceppato prima di partire.
Sotto accusa proprio il vertice di Mdp, che secondo i malpensanti sta
aspettando gennaio, e cioè gli esiti del congresso Pd. E al presidente
Grasso, che preme per andare avanti, risponde in maniera evasiva. Non a
caso alla festa di Roma all’ex procuratore è stato riservato un
prestigiosissimo confronto sulla mafia con lo storico Isaia Sales, ma
non un dibattito sulla prospettiva politica.
Grasso ha incassato
lo sgarbo con stile. Ma ormai viene descritto come molto sfiduciato. I
primi di settembre ha inviato una lettera ai due segretari, quello di
Sinistra italiana Fratoianni e quello di Mdp Speranza, con le sue
considerazioni «per dissequestrare la discussione sul profilo politico e
dare finalmente avvio alla campagna di adesione e al confronto tra i
nostri militanti ed elettori». Insomma, far partire il congresso. Ma se
Si è sicura di vincere su una linea di rottura con il Pd, Mdp invece
mette una pregiudiziale alla nascita del partito: l’impegno a
presentarne il marchio alle europee. Impegno che oggi nessuno può
prendere, neanche la stessa Mdp già in cerca di alleati.
Suona
come un pretesto per fermare le macchine. C’è anche la richiesta di non
esaurire la consultazione sulla piattaforma online, a cui Grasso si
oppone: «Non abbiamo gli strumenti per poter garantire alle votazioni il
più alto grado di trasparenza».
Ma il tempo è scaduto, o sta per
scadere in queste ore. Martedì sera, in un dibattito pubblico dove era
intervistato dalla direttrice del manifesto Norma Rangeri, l’ex
procuratore ha pronunciato frasi molto amare: «Purtroppo ho constatato
una fase di stallo», ma «se restiamo nell’ambiguità rischiamo la
consunzione». Se non è alzare bandiera bianca, ci manca un soffio.