il manifesto 15.9.18
Nuovo stock di bombe italiane verso lo Yemen
Export
bellico. 10 milioni di euro di «armamenti» esportati a giugno dalla
Sardegna all’Arabia saudita, in barba agli impegni presi e ripetuti dal
Movimento Cinquestelle
di Giorgio Beretta
*Osservatorio permanente sulle armi leggere e sulle politiche di sicurezza e difesa di Brescia
Più
di 10 milioni di euro. Per l’esattezza 10.453.696 euro di «armi e
munizionamento» esportate lo scorso giugno dalla Sardegna, destinazione
Arabia Saudita. È la laconica cifra apparsa nel lungo elenco del
database dell’Istat che riporta le esportazioni mensili di ogni prodotto
dall’Italia nel mondo. Un dato come un altro, si direbbe. Se non fosse
che il primo giugno scorso è entrato in carica il governo Conte, nato
dal contratto tra Lega e Movimento 5 Stelle. Gli stessi Cinque Stelle
che negli anni scorsi avevano accusato Renzi e Gentiloni di avere «le
mani sporche di sangue» per le continue forniture di bombe aeree
all’Arabia Saudita.
I micidiali ordigni della serie MK da 500 a
2000 libbre, prodotti a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca Rwm
Italia, vengono utilizzati dalla Royal Saudi Air Force per bombardare
indiscriminatamente lo Yemen. Dal database dell’Istat non è possibile
sapere il numero di ordigni esportati a giugno, ma una cosa è certa:
sono dello stesso tipo dei quasi 26 milioni spediti lo scorso aprile
quando il governo Gentiloni era in carica solo per gli affari correnti.
Un bel biglietto da visita per il sedicente il «governo del
cambiamento», non c’è che dire.
Forniture già autorizzate in
precedenza sulle quali sarebbe stato difficile intervenire? Può darsi.
Ma non aspettiamoci che i sauditi vengano a proporre all’Italia nuovi
contratti per bombe aeree. Innanzitutto perché il governo Renzi nel 2016
ne ha autorizzato la fornitura per 411 milioni di euro, cioè per 19.675
ordigni. Si tratta di un record storico nell’export di munizionamento
militare e l’azienda Rwm non è certo in grado di realizzarlo in un solo
anno: è infatti di un contratto pluriennale. Ma soprattutto perché nel
frattempo la multinazionale tedesca, attraverso la sua controllata
sudafricana Rheinmetall Denel Munition (Rdm) ha aperto, in joint-venture
con la Samic, a sud di Riyad uno stabilimento per la produzione non
solo di bombe da artiglieria, ma anche di bombe aeree da 500 a 2.000
libbre. Le stesse che la Rheinmetall produce a Domusnovas attraverso la
sua controllata.
Ecco perché se il leader del M5S, Luigi Di Maio
vuole essere credibile quando annuncia, come ha fatto nei giorni scorsi,
di non voler continuare ad esportare armi verso Paesi in guerra,
dovrebbe innanzitutto chiarire se intende sospendere i contratti di
forniture già autorizzati dai governi precedenti o se si riferisce solo a
nuovi futuri contratti. Se, come ha dichiarato ad Avvenire il
capogruppo M5S in commissione Esteri, senatore Stefano Lucidi, il
Movimento ritiene davvero che «i precedenti governi abbiano violato la
legge 185 del 1990 sull’export bellico e ignorato ben tre risoluzioni
del Parlamento europeo continuando a vedere bombe all’Arabia Saudita
accusata da Onu e Ue di crimini di guerra in Yemen», la prima cosa da
fare è sospendere le forniture di bombe a Riyad. Il governo spagnolo nei
giorni scorsi aveva annunciato una decisione in questa direzione, per
poi fare un clamoroso dietrofront.
Sospendere una fornitura non è
indolore. Non tanto per le possibili ritorsioni legali da parte
dell’azienda. Soprattutto perché può mettere a rischio nuovi e ben più
lucrosi contatti nel settore degli armamenti. Non a caso i governi dei
Paesi più autoritari del mondo da alcuni anni chiedono che i contratti
militari più rilevanti – che devono sempre essere autorizzati dai
governi dei Paesi produttori – vengano stipulati come contratti G2G,
cioè direttamente tra governi. Una modalità che tende a favorire
soprattutto l’acquirente se il produttore non è in grado di mettere
clausole, non solo di tipo economico ma di rispetto dei trattati
internazionali in materia di armamenti, che possano permettergli di
sospendere o rescindere quel contratto.
C’è però un altro aspetto.
Se il governo Conte decidesse anche solo di non autorizzare nuovi
contratti con i sauditi sarebbe già un passo rilevante. Perché li
bloccherebbe non solo per il nostro Paese ma per tutti i Paesi dell’Ue,
ai sensi della Posizione comune 944 del 2008.