il manifesto 12.9.18
Zitti zitti i 5S votano contro Budapest
Voto
per le sanzioni all'Ungheria. «Denunciati dati di fatto da non
ignorare». Ma il Movimento evita proiezioni nazionali del voto
L’incontro a Milano tra Matteo Salvini e Orbán
di Giuliano Santoro
«Sono
partiti i cori da stadio delle due fazioni di tifosi qui in plenaria a
Strasburgo», commenta Ignazio Corrao, eurodeputato del Movimento 5
Stelle, a proposito della seduta plenaria che a Strasburgo discute della
applicazione delle sanzioni contro l’Ungheria.
È L’UNICO DELLA
PATTUGLIA a 5 Stelle a commentare la vicenda: tutto il M5S tiene un
profilo basso e non interviene in aula. Così, mentre la capogruppo
leghista Mara Bizzotto si stringe a Viktor Orbán e dice «questa Europa
va cambiata e noi la cambieremo da cima a fondo», gli europarlamentari
grillini non entrano nel merito.
Ciò accade nonostante i 5S
abbiano deciso di restare coerente al voto già espresso in commissione
diritti civili e di approvare il report sulle violazioni dello stato di
diritto in Ungheria. L’imbarazzo è dovuto al fatto che per l’ennesima
volta lo scenario continentale per il M5S diventa il collo sottile
dentro al quale passano i grossi rospi della politica nazionale. Non è
un mistero che parte del M5S in passato abbia avuto una vera e propria
fascinazione per Orbán, come testimonia un testo a favore dell’ungherese
apparso sul blog di Beppe Grillo nel 2015 e come confermano i commenti
non entusiasti della base grillina quando viene comunicata la decisione
di votare le sanzioni. A Strasburgo casca l’asino, come accadde agli
albori di questa legislatura, quando gli eletti dovettero accettare di
allearsi con Nigel Farage.
O come nelle giornate del rocambolesco
tentativo di approdare nel gruppo dei liberali dell’Alde. «La relazione
della europarlamentare olandese Sargentini denuncia alcuni dati di fatto
che non possono essere ignorati – spiegano i 5 Stelle da Strasburgo –
Diritti costituzionali messi a repentaglio, indipendenza della
magistratura compromessa, diritti delle minoranze calpestati, corruzione
endemica dell’amministrazione, conflitti di interessi di componenti del
governo».
I GRILLINI CERCANO in tutti i modi di evitare
proiezioni nazionali del voto. Nel giorno in cui il centrodestra
italiano si ritrova unito al fianco del leader ungherese, cercano
comunque di esprimere una posizione che li distingua dagli altri gruppi.
Per
questo, la parlamentare europea Laura Agea precisa che il report sullo
stato di diritto dell’Ungheria «non è una materia inserita nel contratto
di governo Lega-M5S» e ribadisce che «il governo Lega-5 Stelle sta
procedendo a passi spediti ed efficaci laddove c’erano dei punti
estremamente importanti che già sono stati realizzati e che andranno
avanti con le priorità per i prossimi mesi ». Però Orbán nella sua
replica in aula non perde occasione per rinnovare la sua stima per il
governo gialloverde: «Sulla migrazione sono disposto a cooperare con
qualsiasi governo che voglia difendere le frontiere, non è per me una
questione partitica, e devo dire che mi tolgo il cappello di fronte agli
italiani per il coraggio che stanno avendo e hanno avuto per quanto
hanno fatto». Il comunicato congiunto di tutto il gruppo M5S giustifica
il voto contro l’Ungheria proprio in virtù degli impegni sui migranti
sottoscritti con la Lega: «Nostro obiettivo è arrivare a sbarchi zero,
come è scritto nell’accordo per il governo del cambiamento.
MA NEL
FRATTEMPO I BARCONI arrivano e noi spendiamo quattro miliardi l’anno
per affrontare da soli l’emergenza migranti. Orbán finora con il suo no
ai ricollocamenti ha in maniera chiara voltato le spalle al nostro
paese. Lui, così come tutti quelli che chiudono i porti o non accettano i
ricollocamenti, per noi uguali sono».
Dunque, Orbán per il
Movimento 5 Stelle è paragonabile Macron o Merkel. In serata Matteo
Salvini ripropone la similitudine quando afferma a proposito della
ricollocazione dei migranti: «L’Ungheria doveva prendere 300 persone, ma
Orbán almeno non viene a darmi lezioni. A Macron, invece, dico di
aprire a Ventimiglia». Proprio un paio di settimane fa Di Maio aveva
detto che dopo le elezioni europee di primavera l’Europa che conosciamo
non ci sarà più e tutto sarà diverso per il governo gialloverde. Paiono
lontani i giorni in cui i grillini sembravano aver scelto proprio Macron
come riferimento europeo e puntavano a fare gruppo dopo il voto di
primavera proprio con l’aggregato post-ideologico del presidente
francese.