domenica 9 settembre 2018

Il Fatto 9.9.18
Immigrazione, perché è un’ossessione
di Furio Colombo


Inutile fingere. Persino i complicati percorsi economici che legano e oppongono uno Stato ad altri Stati, in una combinazione nuova e difficile come l’Unione Europea, sono scuse e pretesti. I Paesi dell’Unione non languono, e in molti di essi (la maggior parte dei membri originari e tutti i rancorosi arrivati per ultimi), non hanno mai conosciuto un simile livello di vita e l’accesso così facile al resto del mondo.
La questione su cui si sta giocando tutto, e che gradatamente ha raggiunto livelli molto alti di contrapposizione e di dissenso, è l’immigrazione. Da “non possiamo accoglierli tutti” si è arrivati a dire francamente “non ne vogliamo nessuno”. Lo scontro, fra risposte e ipotesi diverse, si divide in tanti modi, il falso e il vero, il meglio e il peggio, il vantaggio e il pericolo, soprattutto il pericolo. Se li lasciamo fare, arrivano. Non c’è teorico dell’immigrazione che, a un certo punto del discorso, dica che 500 mila stanno per venire, no, in un milione, forse cinque milioni. Prima o poi, tutta l’Africa. Quando accade di sentir dire in televisione la ormai famosa frase del cittadino di Rocca di Papa che esclama: “E adesso a quei poveretti (gli immigrati della nave Diciotti appena arrivati, ndr) gli tocca pure di trovare ’sti rompicoglioni dei fascisti” si capisce che non sono in gioco cultura e classe sociale (i radical chic) come tante volte si è detto. Molti capiscono tutto comunque, a qualunque livello di istruzione, molti no, o sono indottrinati diversamente. Il problema è di capire perché gruppi di adulti, che non sono nè incolti nè stupidi, decidono di presentarsi col tricolore come segno di rifiuto. Da quando la bandiera di un Paese libero dice no? Ma la questione che stiamo affrontando o è troppo piccola (in realtà non c’è stata alcuna invasione) o è troppo grande, in una visione che è stata preparata con cura, non solo in Italia, e ben sopra la Lega. Non l’invasione. La leggenda dell’invasione. Toccherà a tutti coloro che si oppongono al razzismo e devono respingerlo, occuparsi della seconda ipotesi. La prima è solo inganno o illusione. Niente può più risolversi a metà strada: meno profughi, più accoglienza e un po’ di condivisione fra Stati. Non accade e non accadrà. C’è dunque un mercato italiano della paura, un partito aiutato dalle disattenzioni e dal modesto impegno dei partiti di centrosinistra per molti anni. Maroni, ministro leghista dell’Interno per due legislature, ha fatto la sua parte di danni, puntando presto sul blocco dei migranti tramite Libia e dando vita alla legge Bossi Fini. Ha inventato i clandestini, che non possono esserci (non si arriva a nuoto in Italia, non ci sono percorsi segreti) e inventa il reato di clandestinità, che si crea quando ti negano i documenti dovuti. Eppure tutto ciò è solo un indizio di ebrezza politica ai livelli bassi della vita pubblica italiana. L’esplosione del razzismo aperto (aggressioni di strada e iniziative politiche da un lato, lotta senza quartiere alle navi di salvataggio Ong dall’altro). In più l’invenzione del finanziere ebreo Soros che investe, ti dicono, immensi capitali, per la sostituzione dei popoli, svuotando ogni Paese bianco, togliendo loro il lavoro, la fede, i valori; episodi grotteschi come quello delle donne polacche che difendono dagli islamici la loro frontiera col rosario in mano, la formazione triste e cupa del patto di Visegrad (a cui ora si aggiunge Salvini e la sua metà del governo italiano). O la imposizione all’Italia del motto “prima gli italiani”, che è un modo di stabilire il razzismo come principio. Tutto è avvenuto dopo l’elezione di Donald Trump negli Usa e la conferma perpetua al vertice russo di Vladimir Putin.
Entrambi sono circondati da un brulicare di personaggi di una estrema destra sconosciuta, legati a una causa che rimane oscura e che sembra preparare una svolta non immaginabile. La strana inclinazione di Trump a imporre di tanto in tanto ordini disumani (separare i bambini dei migranti dai genitori) è la stessa di Putin, intorno al quale si intravedono strane morti e veleno. Trump non è amico di nessuno, neppure del suo Paese. Il suo è un patriottismo arido, senza affetti. Anche Putin è isolato e arido. Come Trump, non è amico di nessuno. E come Trump accetta vassalli ma non amici e appare pronto. Pronto per cosa? Ai piani bassi della politica di destra italiana si notano assestamenti, come se qualcuno sapesse. La decisione di Salvini di incontrare Orban, l’idea di legarsi a Orban, uomo che ha falcidiato la libertà nel suo Paese, e vuole solo frontiere chiuse e potere assoluto, può spiegare la vicenda assurda e crudele della nave Diciotti. Ed è un brutto presagio. Sembra segnalare idee ed eventi che molti di noi non vorrebbero vedere o hanno già visto. Serviva una grande paura, debitamente manovrata, per arrivare a questo punto. Ora ci siamo.