Il Fatto 9.9.18
“Elezioni, indios candidati per salvare le loro terre”
Brasile
- Sônia Bone Guajajara con il Psol mira alla vice presidenza: “La
nostra alleanza è con gli ultimi per sbarrare la strada ai latifondisti”
di Giuseppe Bizzarri
Le
terre indigene sono sempre più minacciate e i leader di circa cento
nazioni indio si sono impegnati ad appoggiare, per la prima volta nella
storia brasiliana, la candidatura di almeno 36 loro rappresentanti che
concorreranno alla carica di deputato e senatore: l’obiettivo più
importante è la vice presidenza e la donna che rappresenta gli indios è
Sônia Bone Guajajara: corre con il Psol (Partito Socialismo e Libertà) –
nel 2011 per motivi di delusione politica il Partido dos Trabalhadores
(Pt) – come vice del candidato alla presidenza Guilherme Boulos, il
leader del Movimento dei lavoratori senzatetto (Mtst).
Ex
infermiera, laureata in lettere, è una voce ascoltata all’Onu e nella
Comunità europea. Sono in molti a sostenerla, tra cui la Chiesa, i
movimenti dei diritti umani artisti, come Caetano Veloso, Alicia Keys e
Paula Lavigne.
Che cosa spera da queste elezioni?
Che siano democratiche, poiché tutto indica che l’élite politica brasiliana vuole fare di tutto per mantenere la presidenza.
Che
relazione c’è tra il movimento indigeno e la causa del Mtst, ma anche
dei quilombolas – i nuovi schiavi delle piantagioni – e i movimenti
afrobrasiliani?
La lotta che gli indios fanno per ottenere la
demarcazione delle terre è la stessa che conduce l’Mtst nelle città e i
quilombolas nei loro territori. I temi toccati dall’Mtst sono gli stessi
che affrontiamo noi indios da 518 anni. Afro e quilombolas, così come i
popoli indigeni, sono sempre stati emarginati, prima dagli invasori e
poi dallo Stato brasiliano. Le nostre affinità sono nella nostra
capacità di resistere, pensare al progetto di un Brasile che nasce dal
basso. Noi nativi, senzatetto, quilombolas e afro-brasiliani resistiamo
per esistere, affermare la nostra cultura e presentiamo, in questa
maniera, soluzioni alle crisi istituzionali.
Che probabilità avete di eleggere deputati e senatori indigeni?
Gli
istituti di ricerca elettorale non ci considerano minimamente.
Tuttavia, posso dire che abbiamo forti candidati e occuperemo spazi nei
parlamenti statali e federali, come già li occupiamo in diversi comuni.
Chi sono i principali alleati del movimento indigeno?
Sono
i movimenti sociali, ambientalisti, artisti, intellettuali, la chiesa, i
senzatetto, i movimenti delle donne, il movimento Lgbt, il movimento
afro, i senza terra, i giovani, gli studenti e i contadini. Chi lotta
per la democrazia, la giustizia e l’uguaglianza. Costruiamo alleanze con
i più poveri.
L’unico deputato indio eletto in Brasile, Juruna,
era solito camminare con un registratore, perché sosteneva che l’uomo
bianco non era di parola. Lei lo crede?
Juruna è un punto
riferimento per la lotta degli indios. Usò saggiamente il registratore
per avere prove degli impegni presi dal governo, ma quella era un’altra
situazione di comunicazione. Oggi abbiamo reti sociali che facilitano e
consentono la divulgazione in tempo reale delle notizie. Tutto è
pubblico. Documentiamo sempre le nostre linee guida. Archiviamo tutto.
Siamo più preparati. Molti dei nostri figli si laureano e sono pronti a
unirsi nella lotta contro chi ha sempre lavorato per distruggerci.
Se
dovesse passare l’emendamento denominato Pec 215, con la possibilità di
vendita di terre indigene per l’agro-business brasiliano e
internazionale, potrebbe avvenire una reazione violenta degli indios?
Preferiamo
le vie istituzionali, come risoluzione dei conflitti, ma ci rendiamo
conto che l’azione diretta è fondamentale come misura per l’attuazione
dei diritti. Per azione diretta, mi riferisco a una mobilitazione in
tutti gli angoli del Brasile, come blocchi delle autostrade e delle
linee ferroviarie o l’occupazione di terre originariamente nostre.
Teme di più i neo-fondamentalisti religiosi o l’agro-industria?
Nonostante
lo stato brasiliano sia laico, viviamo sistematici affronti,
imposizioni di fede e catechesi. Il nostro principale nemico, però, sono
le forze del mercato finanziario che, per mezzo dei suoi alleati
latifondisti, tentano d’impadronirsi delle nostre terre. Questi, in
realtà, sono i grandi nemici del popolo brasiliano e non solo dei
nativi.
Che cosa pensa del caso Lula e la sua detenzione?
L’arresto
dell’ex presidente Lula è un affronto alla democrazia. Comprendo che la
sua politica ha mostrato molti limiti, ma dobbiamo riconoscere che ha
apportato importanti cambiamenti per il Brasile, come ad esempio la
lotta alla miseria. E l’impeachment dell’ex presidente Rousseff è
avvenuto attraverso un ampio golpe politico-legale da parte di un
congresso corrotto che ha aperto la porta a una serie di barbarie, come
l’omicidio di Marielle Franco, l’attivista uccisa a Rio per il suo
impegno sociale.