Il Fatto 3.9.18
Corbyn, l’antisemitismo e il “suggeritore”
Gran Bretagna - Field, storico deputato, lascia il Labour e attacca il leader. Il ruolo dello spin doctor
di Andrea Valdambrini
Se
Theresa May di problemi ne ha in abbondanza, a cominciare dalla Brexit,
anche sul fronte dell’opposizione del Regno le acque sembrano
tutt’altro che tranquille.
Frank Field, deputato laburista di
lungo corso, ha lasciato il Partito – ma non il seggio parlamentare –
lanciando un pesante atto d’accusa: il Labour di Corbyn è diventato.
“una forza favorevole all’antisemitismo nella cultura politica
britannica”, ha scritto nella sua lettera d’addio.
Eletto in un
collegio di Liverpool, Field è a Westminster da 40 anni: tra i più
anziani in servizio. Qualcuno nel suo partito ha provato a depotenziare
le dimissioni parlando di problemi con gli elettori del suo collegio,
che non hanno gradito il fatto che il loro deputato su Brexit ha votato
con il governo conservatore. “Una scusa per andarsene”, dicono i
corbyniani. Eppure, il problema rimane. Che Jeremy Corbyn avesse una
posizione filo-palestinese e critica verso Israele, è noto. Da settimane
però il leader laburista è al centro di pesanti accuse, riferite ad
episodi disseminati lungo il suo percorso politico, riportati ora alla
luce dai media.
La settimana scorsa il Daily Mail ha ripescato un
video del 2013 in cui Jeremy il Rosso accusava il gruppo dei Sionisti
britannici di “mancare del senso dell’ironia inglese”, provocando la
reazione indignata dell’ex rabbino capo Lord Sachs.
Se in questo
caso più recente Corbyn se l’è cavata precisando che antisionismo e
antisemitismo non sono equivalenti, più complicato giustificare la sua
presenza a Tunisi nel 2014, alla cerimonia in onore degli assassini
della strage di Monaco ’72, quando furono rapiti e uccisi undici atleti
israeliani da parte di un commando palestinese.
Grande imbarazzo
anche per l’articolo apparso ad inizio agosto sul quotidiano The Times,
in cui si ricorda un evento da lui stesso organizzato nel 2010 nel corso
del quale un sopravvissuto alla Shoah paragonò Israele al nazismo. In
questo contesto, in cui sono maturate le dimissioni di Field, qualcuno
punta il dito contro Seumas Milne, spin doctor del leader laburista. È
il quotidiano Times of Israel ad affrontare la questione, descrivendo
Milne come un motore (neanche troppo) occulto di pulsioni antisemite.
Contro
di lui, ex editorialista del Guardian, vengono messe in fila numerose
circostanze, ricostruite attraverso le testimonianze di chi negli anni
lo ha conosciuto. Studente a Oxford con simpatie maoiste, da giovane
trascorre un anno sabbatico in Libano, dove si avvicina alla causa
palestinese. Che non abbandonerà mai, fondendola presto con una netta
avversione nei confronti della politica Usa in Medio Oriente. Per lui,
ricostruisce il quotidiano di Gerusalemme, la Russia di Putin ha diritto
di aggredire la Crimea, mentre a Tel Aviv è vietato difendersi dalle
aggressioni dei palestinesi nei Territori occupati.
“L’ho sempre
considerato più un propagandista che un giornalista”, sussurra un ex
collega del Guardian. “È un radical-chic per cui tutti coloro che si
oppongono alla potenza Usa meritano di essere sostenuti”, chiosa Dave
Rich, autore della monografia La questione ebraica della sinistra:
Corbyn e l’antisemitismo.
A Westminster, però, c’è più prosa che
ideologia. In molti si chiedono se l’uscita di Field e le difficoltà di
Corbyn non preludano al ritorno in grande stile nel Labour dei fedeli di
Tony Blair nella campagna d’autunno
di Andrea Valdambrini | 2 settembre 2018