Il Fatto 3.9.18
Le democrazie sono imperfette
Se
il potere è del popolo, ma i cittadini che partecipano alla vita
politica sono pochi, poco interessati e poco informati, i risultati del
processo decisionale saranno deludenti per tutti
di Gianfranco Pasquino
Alle
democrazie manca sempre qualcosa. È giusto così. Forse è persino meglio
così perché nelle democrazie è possibile continuare a cercare quello
che manca, spesso trovandolo.
Democratico è quello che deve essere
soggetto al controllo del popolo: governanti, rappresentanti, assemblee
elettive, leggi, non, però, la burocrazia, le Forze Armate, la
magistratura, le istituzioni scolastiche che debbono rispondere a
criteri di efficienza ed efficacia, di conseguimento degli obiettivi
decisi dai rappresentanti e dai governanti. Il popolo deciderà poi se,
come, quando fare circolare quei rappresentanti e governanti, cambiarli,
meglio non usando il criterio burocratico del limite ai mandati tranne
per le cariche elettive di governo che hanno la possibilità di sfruttare
il loro potere per influenzare la propria rielezione.
La
democrazia riguarda esclusivamente la sfera politica, quella nella quale
si affida a qualcuno il potere di decidere “secondo le forme e i limiti
della Costituzione”. È ciascuna Costituzione a stabilire quelle forme e
i relativi limiti. Qualcuno deve arbitrare relativamente alle forme e
ai limiti. Dalla Costituzione Usa in poi quel qualcuno è una Corte
costituzionale, il “giudice delle leggi”, la cui esistenza e la cui
attività non vanno a scapito della democrazia tranne quella interpretata
in chiave populista dove il popolo deciderebbe tutto con il suo voto, a
prescindere dalle forme e dai limiti, finendo spesso nelle braccia di
leader populisti e demagoghi e con loro fuoriuscendo dalla democrazia.
Certo, ci sono anche casi nei quali è la democrazia che “fuoriesce” dal
popolo (e da se stessa) ovvero meglio isola i governanti dal popolo.
Succede quando una coalizione di strutture raggiunge accordi di non
belligeranza e non interferenza e si irrigidisce dando vita ad
autoritarismi centrati sul riconoscimento di reciproche sfere di
influenza: la burocrazia statale, le Forze Armate, i grandi gruppi
industriali, spesso la Chiesa.
Nella misura in cui la democrazia è
pluralismo competitivo, le coalizioni autoritarie nascono raramente e
durano (relativamente) poco. Si trovano nei Paesi a noi vicini
soprattutto in Russia e in Turchia, che soltanto qualche commentatore
avventato può definire “democrazie autoritarie”. In Russia e Turchia non
manca qualcosa alla democrazia. Manca la democrazia. L’obiezione che in
entrambe c’è democrazia poiché si vota va fuori bersaglio. Le elezioni
democratiche debbono essere libere, competitive e eque. Nulla di tutto
questo né in Russia né in Turchia né, naturalmente, in molte altre
situazioni, ad esempio, in Zimbabwe. Laddove i cittadini non godono
pienamente dei diritti politici, per esempio quello di candidarsi, di
dare vita a organizzazioni (persino, partiti) e di fare campagna
elettorale e, spesso, vedono i loro diritti civili calpestati, in nessun
modo è possibile considerare “democratiche” quelle elezioni. Tuttavia,
anche alle elezioni democratiche può mancare qualcosa, per esempio,
gruppi selezionati e discriminati di elettori.
In troppi Stati del
Sud degli Usa gli afro-americani si vedono privati del diritto di voto
con vari accorgimenti burocratici: requisiti di residenza, di
registrazione nelle liste elettorali, di conoscenza della Costituzione.
Altrove, le assemblee statali a maggioranza repubblicana fanno ricorso
scientifico al gerrymandering, la manipolazione dei collegi elettorali.
Quando le leggi elettorali danno scarso potere agli elettori, sottraendo
loro qualsiasi possibilità di influenzare la scelta dei parlamentari
siamo di fronte ad un deficit democratico (Rosato, de te fabula
narratur). Le democrazie si reggono su un’unica eguaglianza assoluta,
quella di fronte alla legge: isonomia. Non è un’eguaglianza che esiste
in natura. Deve essere creata e alimentata, mantenuta e riprodotta in
continuazione. La democrazia è rule of law, governo della legge. Nessuna
democrazia ha mai promesso l’eguaglianza di risultati. Non soltanto
impossibile da conseguire, un’eguaglianza di questa specie impedirebbe a
ciascuno di noi di soddisfare effettivamente le sue priorità e le sue
preferenze. Non desidero più denaro, ma più tempo libero. Mi impegno a
lavorare di più per un certo periodo della mia vita per fare il critico
d’arte in un altro periodo. Nelle democrazie esiste pluralismo delle
scelte, ma, a seconda dei tempi e dei luoghi, nelle democrazie c’è
sempre un deficit di risorse per soddisfare tutti i desideri, tutti i
bisogni. Saranno, però, i cittadini a decidere quanto risparmiare,
quanto spendere, come e quanto ridistribuire. E avranno regolarmente la
possibilità di cambiare le loro preferenze nel corso del tempo.
Spesso
le democrazie sono deficitarie per quel che riguarda il ruolo e il
potere politico delle donne che si traduce in gravi diseguaglianze
sociali e economiche. Le quote rosa non risolvono il problema e possono
persino essere anti-costituzionali. Tocca alle donne sfidare il potere
politico maschilista non limitandosi a salire sulle code dei potenti e a
farsi portare là dove si trovano le cariche che, come vengono
attribuite/elargite, potranno essere revocate.
Last but not least,
nelle democrazie può manifestarsi un deficit di leadership. Fermo
restando che, periodicamente, si riscontrano deficit di capacità e
qualità nel mondo dell’industria, diciamo meglio, fra i capitalisti,
nell’accademia, nel giornalismo, nelle squadre di calcio e
nell’atletica, i deficit di leadership politica hanno conseguenze più
gravi. Raramente le democrazie selezionano i “migliori” (qualità di
quasi impossibile definizione), ma in democrazia, costoro sono, per
definizione, i vincenti nelle elezioni competitive. Raramente i migliori
in un sistema politico dedicano le proprie energie alla politica. Molto
diffusi in Italia l’antiparlamentarismo e l’antipolitica danno un
grande contributo a tenere i migliori, con pochissime eccezioni, lontani
dalla politica. Però, quello che conta è che un regime democratico
rimanga sempre competitivo e aperto. La leadership di buona qualità
riuscirà ad affermarsi. Naturalmente, i migliori dovranno “sporcarsi le
mani”, conquistare i voti. Dovranno contare sull’esistenza di molti
cittadini interessati alla politica, informati sulla politica,
partecipanti, non solo con il loro voto, alla politica.
Le
democrazie hanno gravi deficit se questi cittadini sono pochi di numero,
poco interessati e poco informati, partecipanti infrequenti e
fluttuanti. La democrazia esisterà comunque, ma il suo funzionamento
difficilmente sarà soddisfacente e la sua qualità risulterà modesta, ma
corrisponderà alla situazione che i suoi cittadini si sono costruita e
meritata. Al cittadino non competente e non partecipante, che si irrita e
protesta, allora diremo cura te ipsum. Se la democrazia è potere del
popolo, il popolo ha il dovere civico di prepararsi per esercitarlo in
maniera appropriata riducendo al massimo i suoi deficit cognitivi e
partecipativi.
Yes, we can.