Il Fatto 22.9.18
“Abbiamo dato troppa voce ai razzisti. Ormai le loro idee ci sembrano normali”
Sunjeev Sahota - Il 37enne anglo-indiano oggi a Pordenonelegge con “L’anno dei fuggiaschi”
di Francesco Musolino
Salman
Rushdie e la temutissima critica del New York Times, Michiko Kakutani,
sono concordi: Sunjeev Sahota è un talento cristallino. Classe ’81 e
sangue inglese, con L’anno dei fuggiaschi è stato finalista al Man
Booker Prize, già in corso di pubblicazione in quindici Paesi. Sahota è
fra gli ospiti internazionali di PordenoneLegge (oggi incontra i lettori
presso l’Auditorium della Regione alle 17.30), raccontando le
vicissitudini di Randeep, Avtar e Tochi, tre ragazzi indiani alla
ricerca di un futuro in Inghilterra, una terra promessa in cui poter
ricominciare daccapo. Ma il loro karma non muta e faranno i conti con
lavori massacranti da irregolari, brutali umiliazioni e un cinismo
contagioso. La forza di Sahota è proprio la capacità di raccontare i
lati nascosti di ogni migrazione, ciò che siamo disposti a fare pur di
sentirci finalmente liberi, rischiando di smarrire l’umanità.
Tre giovani ragazzi lasciano l’India pieni di speranza. Ma non ci sarà nessun lieto fine ad attenderli…
Ciascuno
compie un proprio percorso. La nuova realtà costringe Randeep a
riconoscere la violenza che porta dentro di sé, una presa di coscienza
che sancisce il passaggio all’età adulta. Tochi, invece, finisce per
abituarsi alla quotidianità massacrante, la vita per lui è una marcia
inesorabile. Avtar è il personaggio che più di tutti mi spezza il cuore:
inizialmente è il più determinato a lavorare senza risparmiarsi ma si
indurisce rendendosi conto della distanza che separa le sue aspettative
dalla realtà, diventando rancoroso e cinico.
Oggi si definirebbe un cittadino inglese pienamente integrato?
Non
saprei dire cosa significa davvero ‘sentirsi inglese’. Mi sento come un
uomo, un marito, un padre, un figlio, un amico e uno scrittore, forse
questo è il mio modo di dire che non provo un forte senso di
appartenenza nei confronti di una nazione. Il mio posto è alla mia
scrivania o con la mia famiglia.
Cosa accadrà con la Brexit?
Il
Regno Unito, per molto tempo, è stato il bambino capriccioso
dell’Unione europea. Spero che la Brexit, se diverrà realtà, permetta
all’Europa di sbocciare appieno.
Nel frattempo si moltiplicano i casi di razzismo in Inghilterra – e in Italia – fra pregiudizi e populismo. Cosa sta succedendo?
È
stata data voce a razzisti, ai fascisti e ai suprematisti bianchi. Le
loro idee vengono dibattute invece di essere denigrate, così facendo
quelle opinioni vanno incontro a un processo di normalizzazione, entrano
di diritto nella cultura mainstream. Sono molto preoccupato per
l’avvenire.
Raccontando le storie di Randeep, Avtar e Tochi, si è chiesto se sia davvero possibile bloccare le migrazioni?
Migrare
rientra tra i diritti umani, accade dalla notte dei tempi. Credo non ci
sia alcun modo per fermarle, a meno che i paesi d’arrivo smettano di
essere considerati una meta allettante per i potenziali migranti. Ma non
accadrà.
Spesso i libri di area anglofona si concentrano su
questioni di identità culturale. Come mai lei ha scelto di sottolineare
le condizioni economiche disperate che molti lavoratori migranti devono
affrontare?
La mia idea è che gli scrittori debbano scrivere di
ciò che conoscono (o di ciò che pensano di conoscere). Le migrazioni
appartengono alla storia recente della mia famiglia e sono state segnate
dal duro lavoro, dal sudore, dalle fabbriche e dallecase con due camere
da letto occupate da tredici persone. Volevo conferire dignità a queste
storie nascoste, non limitarmi a riempire uno spazio vuoto su uno
scaffale.