sabato 22 settembre 2018

il manifesto 22.9.18
La memoria e il futuro palestinese corrono da Sabra e Shatila a Gaza
Libano/Gaza. Ieri a Shatila le commemorazioni della strage di 36 anni fa. A Gaza un palestinese ucciso dall'esercito israeliano durante le nuove manifestazioni della Marcia del Ritorno
di Michele Giorgio


BEIRUT «Stefano sarebbe stato felice di vivere una giornata come questa, avrebbe visto che ‎i suoi sforzi sono stati ripagati. E lo stesso vale per Maurizio‎». Schiva di natura, ‎Antonietta Chiarini quasi si nasconde dietro lo striscione del “Comitato per non ‎dimenticare Sabra e Shatila” mentre risponde alle nostre domande. Il suo pensiero ‎va al fratello, Stefano Chiarini, giornalista e inviato in Medio oriente per il ‎manifesto scomparso prematuramente nel 2007, che assieme a Maurizio Musolino, ‎altro giornalista poco più che cinquantenne deceduto due anni fa, e ad amici e ‎compagni decise di tenere viva la memoria delle circa 3mila vittime del massacro ‎di Sabra e Shatila compiuto nel 1982 dalle milizie libanesi di destra con ‎l’appoggio dell’esercito israeliano che in quei giorni circondava i due campi ‎profughi palestinesi alla periferia di Beirut. Ci troviamo proprio nel memoriale ‎allestito nel campo di Shatila grazie all’impegno di Stefano. Palestinesi, libanesi e ‎decine di cittadini stranieri membri di delegazioni giunte dell’Europa e ‎dall’Oriente, partecipano alle commemorazioni di quel massacro di civili innocenti ‎per il quale nessuno ha mai pagato.‎
 Antonietta Chiarini, come tutti gli anni, assieme ad altre decine di italiani, è ‎parte della delegazione inviata a Beirut del “Comitato per non dimenticare Sabra e ‎Shatila”. Un viaggio per ricordare il passato ma che guarda anche al futuro dei ‎palestinesi, quelli sotto occupazione militare israeliana o che sono chiusi da 70 ‎anni in campi profughi. In particolare al loro diritto al ritorno nella terra d’origine ‎sancito dall’Onu ma minacciato da vecchie e nuove politiche degli Stati uniti e di ‎Israele che ora prendono di mira l’agenzia dei rifugiati Unrwa e anche dalle lotte ‎fra le varie fazioni politiche palestinesi. Tema su quale interviene Antonietta ‎Chiarini: ‎«Spero che le differenze tra le varie fazioni e partiti palestinesi possano ‎diventare una ricchezza per trovare una linea comune che permetta loro di avere la ‎forza di raggiungere il traguardo della libertà e della realizzazione del diritto al ‎ritorno». Sull’unità nazionale insiste anche Bassam Saleh, segretario del ‎movimento Fatah in Italia. «Shatila, Gaza, Khan al Ahmar (un villaggio beduino ‎in Cisgiordania che Israele intende demolire, ndr) sono tutti simboli della lotta dei ‎palestinesi per i loro diritti legittimi e che necessariamente deve tornare ad essere ‎unitaria, così come lo era in passato».‎
 Beirut ieri appariva vicina come non mai alla Striscia di Gaza. Nel giardinetto ‎del memoriale di Sabra e Shatila i presenti si scambiavano notizie e opinioni sulle ‎manifestazioni previste a Gaza per il 26esimo venerdì della Grande Marcia del ‎Ritorno cominciata il 30 marzo. Almeno 12mila abitanti di Gaza hanno ‎manifestato lungo le linee di demarcazione contro la chiusura israeliana. La ‎protesta è ripresa con forza in conseguenza del fallimento, ormai evidente, delle ‎trattative in corso al Cairo da settimane per un accordo di cessate il fuoco a lungo ‎termine tra Israele e il movimento islamico Hamas. Colloqui volti anche ad ‎allentare il blocco israeliano del piccolo territorio palestinesi. Le manifestazioni ‎sono destinate a crescere nelle prossime settimane e la risposta di Israele potrebbe ‎sfociare in una ampia offensiva militare su Gaza. Negli ultimi giorni almeno sei ‎palestinesi sono stati uccisi. Ieri la settima vittima, colpita dal fuoco dei soldati ‎israeliani in una giornata lungo le linee di demarcazione che ha vissuto momenti ‎drammatici nella fascia orientale della Striscia, in particolare all’altezza di al Burej, ‎Johr a Dik e Khan Yunis. Qui i manifestanti sarebbero riusciti, sia pure per pochi ‎secondi, a superare le barriere per poi rientrare a Gaza sotto il fuoco dell’esercito ‎che ha anche sparato su un posto di osservazione di Hamas dopo il ferimento di ‎un militare per lo scoppio di un ordigno. In serata il bilancio provvisorio delle ‎manifestazioni era, oltre al palestinese ucciso, di circa 300 feriti di cui 54 colpiti ‎da proiettili. Dal 30 marzo sono stati uccisi a Gaza almeno 183 palestinesi.‎