giovedì 20 settembre 2018

Il Fatto 20.9.18
“Le cattedrali spagnole sono musei a pagamento nel deserto di fedeli”
Il poeta: “Stato e Chiesa si contendono la proprietà, ma il problema è il biglietto”
di Alessia Grossi


“Una volta un prete mi intimò di uscire da una cattedrale perché lui la messa vuole officiarla da solo. A Teruel mi sono visto circondato dalla polizia chiamata dal custode che mi aveva scambiato per un terrorista: la visita media di un turista dura in media i 10 e i 30 minuti, io ero lì da ore. In una cattedrale in provincia di Jaén quasi resto chiuso nella torre perché si dimenticarono della mia presenza e io di essere lì”. Julio Llamazares, poeta e scrittore spagnolo, ateo e viaggiatore, in 17 anni ha visitato tutte le cattedrali di Spagna. “Ho trascorso un giorno in ognuna”. E da questo suo peregrinare tra religione, cultura, storia e sociologia dei luoghi ha tratto un romanzo in due tomi: Las rosas de piedra, (Debolsillo 2008) e
Las rosas del sur in questi giorni in libreria.
A leggere i giornali spagnoli degli ultimi giorni – con il governo che chiede indietro alla Chiesa migliaia tra chiese, eremi e piazze di proprietà dello Stato ma accatastate come beni ecclesiastici grazie a una legge del 1998 passata in sordina del governo di José Maria Aznar – ritornano subito alla mente i suoi libri.
Llamazares fa la parte di Cassandra, che tutto aveva visto e previsto. “Non è una questione giuridica”, spiega l’autore che in Italia ha pubblicato ultimo Il funerale di Genarin(Amos edizioni) : “Il punto è che quasi tutte le cattedrali che ho visitato sono diventate luoghi per turisti. Non ci sono più funzioni, né sono in grado di raccogliere la comunità locale come una volta”, racconta. Nel 2001 lo scrittore iniziò il suo “pellegrinaggio letterario” pensando a un viaggio per la Spagna attraverso i suoi luoghi di culto, dai più famosi come Santiago di Compostela alle piccole cattedrali romaniche del Nord, intorno ai Pirenei, passando per la Castiglia e l’Estremadura, fino alle cattedrali vecchie di Salamanca, o del Sud come Guadix (nella provincia di Granada). L’obiettivo era narrare il valore artistico e architettonico di questi posti, ma anche il tessuto sociale che li popola. “Ma niente. Negli ultimi anni in Spagna la maggior parte di questi beni sono diventati musei. E così hanno ucciso la loro anima. I vescovi ormai hanno sequestrato le chiese. In alcuni casi, eclatanti come quello di Cordova o di Siviglia, gli abitanti non entrano neanche più nelle basiliche. Ci vedi solo giapponesi”. Ne è convinto Llamazares, “nel momento in cui si chiudono le porte e si chiedono soldi per entrare, gli abitanti della città non ci metteranno mai più piede. E così si uccide la relazione tra la ‘città di Dio’ e quella terrena”. Lo scrittore di Léon si confessa ateo, ma riconosce a questi luoghi un’importanza storica anche per i fedeli, oltreché sociale per chi come lui non crede, ma li ha sempre vissuti come l’anima della città”. Che la proprietà di questi edifici di Dio sia dei vescovi o dello Stato, “il punto – secondo Llamazares – è che non si può stabilire un prezzo per entrarvi. I dibattiti – chiarisce lo scrittore – sono due: quello sulla proprietà dei beni, e quello su come mantenerli, dato che per farlo serve molto denaro”. Da qui i biglietti di ingresso che però – stando a quanto ha visto lo scrittore nel suo lungo viaggio – “spesso non servono o non bastano neanche per la manutenzione”. Llamazares dà i numeri: “Solo l’anno scorso la Moschea di Cordova ha incassato 18 milioni di euro con 10 euro a visita. Ma quando si restaura qualcosa, la Chiesa chiede altro denaro alle amministrazione o ai fedeli”.
La soluzione? “I fondi bisogna trovarli nel bilancio statale, anche se ne servono molti. O bisogna inventarsi un’altra forma di finanziamento. Questa del biglietto va sia contro ‘le porte aperte’ predicate dalla religione, che contro l’aspetto sociale”. Più che di pietra, cattedrali nel deserto.