mercoledì 19 settembre 2018

Il Fatto 19.9.18
Yemen, conflitto per procura: tre anni di carneficina invisibile
Sciiti contro sunniti - Dal 2015 lo scontro fra i ribelli Houthi e le forze governative è proiezione della sfida per il Golfo di Aden fra l’Iran e la Coalizione araba
di Roberta Zunini


Dal 2015 in uno dei Paesi più poveri del mondo, lo Yemen, nella penisola arabica, è in corso una guerra civile devastante che, come in Siria, si è quasi subito trasformata in una guerra per procura. Ovvero un conflitto alimentato dalle mire geopolitiche di potenze straniere, in questo caso Arabia Saudita e Iran.
Gli Stati Uniti, stretti alleati di Ryad, così come molte nazioni europee, tra cui l’Italia, hanno venduto la maggior parte delle armi usate dai sauditi per distruggere assieme alle forze governative del presidente sunnita Abd Mansur Hadi i ribelli di religione sciita – foraggiati dall’Iran e da Hezbollah – Houthi che controllano la capitale Sana’a e il nord-ovest del Paese.
Confinante con l’Oman e l’Arabia Saudita, lo Yemen è una piattaforma naturale strategica perché controlla mezzo stretto di Bab el Mandeb, che collega il Mar Rosso con il Golfo di Aden, una delle rotte cruciali per il commercio, soprattutto per il transito delle petroliere. Lo Yemen, abitato all’inizio del conflitto da circa 23 milioni di persone, è da decenni uno “Stato fallito” e pertanto è diventato con il tempo un terreno fragile esposto alle mire dei due paesi più potenti del Medio Oriente. Secondo gli analisti questa è una delle guerre più complesse nell’attuale caos mediorentale.
Il conflitto ha le sue radici nel fallimento della transizione politica seguita alla rivolta del 2011 (inserita nel quadro della cosiddetta Primavera araba) che costrinse l’allora autoritario presidente Ali Abdullah Saleh a consegnare il potere al suo vice Abd Mansour Hadi, anche oggi riconosciuto dalla comunità internazionale come capo dello Stato legittimo e residente ad Aden, nel sud, dopo il colpo di Stato del 2015. Saleh è stato il primo presidente dello Yemen, dal 1990 al 2012, dopo essere stato presidente dello Yemen del Nord tra il 1978 e il 1990, quando questa area si unì allo Yemen del Sud. Dopo essere stato ferito gravemente all’inizio della rivolta, Saleh rientrò nella Capitale, Sana’a, dove ricominciò a destabilizzare il clima politico fino ad allearsi con gli Houthi sciiti che un anno e mezzo fa lo assassinarono a causa del suo ennesimo voltafaccia. Il presidente Hadi, nel frattempo, da Aden ha dovuto affrontare gli attacchi di al Qaeda nel sud, la lealtà di molti ufficiali militari a Saleh, così come la corruzione, la disoccupazione e l’insicurezza alimentare. Ma non è riuscito a convincere la maggior parte degli yemeniti – tra cui numerosi sunniti – che a un certo punto hanno preferito mettersi dalla parte degli Houthi. Anche per questo sostegno popolare, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, i ribelli sciiti sono riusciti a conquistare la capitale. Da allora il presidente riconosciuto Hadi è stato costretto a riparare nella città portuale meridionale di Aden.
Allarmati dall’allargamento del sostegno agli Houthi, l’Arabia Saudita e altri otto stati arabi sunniti entrarono a quel punto nel teatro di guerra con una campagna di bombardamenti aerei allo scopo di riportare Hadi a Sana’a. La coalizione ha ricevuto supporto logistico e di intelligence da Stati Uniti, Regno Unito e Francia. In questi tre anni di feroci bombardamenti contro infrastrutture e civili che hanno provocato anche epidemie di colera e una gravissima carestia, la situazione è in stallo. L’Onu ha tentato per ben tre volte di portare al tavolo dei negoziati i contendenti, ma tutti gli sforzi sono finora risultati vani. Le forze filogovernative – composte da soldati fedeli al presidente Hadi e prevalentemente da tribù e separatisti meridionali sunniti – sono riuscite a fermare i ribelli prima che raggiungessero Aden solo dopo una battaglia durata quattro mesi. Il problema è che gli alleati di Hadi non sono compatti: pochi mesi fa, gli Emirati Arabi hanno sostenuto con più forza i separatisti del Sud creando divisioni all’interno del distretto di Aden e nella città meridionale ci sono stati scontri, durati alcuni giorni, tra le forze alleate. I separatisti in cerca di una nuova indipendenza per lo Yemen del Sud, non sono affidabili nonostante l’alleanza formale con le truppe fedeli al governo di Hadi, e sono un ulteriore motivo di preoccupazione per il presidente riconosciuto.
Nonostante un lungo assedio, gli Houthi continuano a controllare Sana’a e, a loro volta, assediano la città meridionale di Taiz, riuscendo anche a lanciare missili oltre il confine. I jihadisti di al Qaeda nella penisola arabica (AQAP) e gli affiliati rivali del gruppo di Stato islamico hanno approfittato del caos conquistando territori nel sud e compiendo attacchi mortali, in particolare ad Aden. Il lancio di un missile balistico da parte degli Houthi contro Ryad nel novembre 2017 ha spinto la coalizione guidata dai sauditi a intensificare i bombardamenti. La coalizione ha detto di voler fermare il contrabbando di armi ai ribelli da parte dell’Iran – un’accusa che Teheran ha negato – ma le Nazioni Unite hanno avvertito che le restrizioni potrebbero innescare “la più grande carestia che il mondo abbia visto da molti decenni”. Negli ultimi giorni il porto di Houdaida, in mano ai ribelli sciiti, è sotto bombardamenti che non risparmiano scuole e ospedali, come già accaduto l’anno scorso. Le bombe su Houdaida, dove arrivano gli aiuti delle agenzie umanitarie internazionali, hanno provocato un forte aumento dei prezzi delle materie prime fra cui il cibo e il crollo dei servizi di base.