lunedì 17 settembre 2018

Il Fatto 17.9.18
Ma chi come me vuole bene a Mussolini, non lo rivede certo in Salvini né in altri
In piedi o capovolto il ragazzaccio di Predappio non passa mai di moda, il ministro dell’Intero passerà
di Pietrangelo Buttafuoco


Pierre Moscovici, il commissario europeo che per insultare dà del Mussolini ai gialloverdi del governo italiano, mi ricorda quelli che al mio paese davano del “frocio” a un omosessuale solo che questi, spiritoso assai, rispondeva loro: “Mi avete detto barone, mi avete detto. Onore mi fate a chiamarmi così…”. Il morto tra noi per antonomasia è sempre e solo Benito Mussolini. Proprio il caso di ripetere M.s.i., e non tanto il partito della Fiamma tricolore ormai scomparso, piuttosto il sottinteso con cui – nel dopoguerra – se ne restava pittato nei muri, nascosto nelle sigle, l’esito metafisico più che politico: Mussolini sei immortale.
Quasi come il W V.e.r.d.i. in vista del Risorgimento: la gendarmeria austriacante passava di ronda nottetempo, annotavano la passione melomane dei lombardo-veneti e questi, invece, volevano sottintendere Viva Vittorio Emanuele re d’Italia. Quasi come, anzi, di più. Non passa mai di moda, infatti, il Figlio del Fabbro.
In piedi, o capovolto – a testa in giù, nel macabro sabba di piazzale Loreto – il socialista rivoluzionario, il ragazzaccio che si unisce in coppia a diciassette anni con Rachele Guidi per poi sposarla davanti a un prete anni dopo, quando è diventato anche interventista (dopo essersi fatta la galera per avere contestato la guerra di Libia) è rimasto quello che al congresso del suo partito – il Psi – ai riformisti che ne chiedevano l’espulsione, sibilava: “Voi mi odiate perché mi amate ancora”.
Quando nelle sale arriva il film Lui è tornato nella versione italiana, adattato al Duce, c’è un inciampo falsificante, quello di incastrarlo – per annaspare con la narrazione corrente – nella questione dell’immigrazione. Ne risulta un Mussolini totalmente asincrono e non plausibile perché “Il razzismo”, per come diceva davvero lui, giusto lui che era stato emigrato, muratore in Svizzera, “è un solo problema per i popoli biondi”. Il nuovo Salvini di Maurizio Crozza si affaccia dal balcone di palazzo Venezia, a Roma, al grido di “ita-li-ani!”.
L’ora delle decisioni ir-re-vo-ca-bi-li diventa l’ora della diretta social e gli “utenti” di terra, di cielo e di mare del celebre discorso dal balcone aggiornano la folla oceanica nella forma inedita. Sono, appunto, “italiani di Twitter, di Instagram e di Facebook”.
E prende la vena giusta, allora, Antonio Scurati, scrivendo M. Il figlio del secolo (edizioni Bompiani), come un tentativo – al fondo sentimentale – di romanzo totale a uso di tutti noi: la biografia del figlio di Alessandro, il fabbro di Predappio, scritta apposta per restituirci tutti – noi che lo amiamo per odiarlo ancora, e voi tutti, la maggior parte, che lo odiate perché comunque lo amerete sempre – alla sincronia col più vivo dei morti tra noi. Non ci sono nuovi Mussolini tra noi, non ci saranno mai. L’unico è solo Lui.