domenica 23 settembre 2018

Corriere La Lettura 23.9.18
Cappellani militari in piena fioritura
di Marco Ventura


Un anno fa, papa Francesco pronunciò il suo no alla guerra giusta, rompendo con un concetto dalla lunga e gloriosa carriera nella cristianità. Difficile misurare l’impatto di quel passo a un anno di distanza, mentre aumenta il rumore di fondo di un mondo in armi. È nuova e grave la sfida per i cristiani di oggi, contemporanei dello stato di conflitto generalizzato, della mobilitazione permanente, del dispiegamento diffuso di forze. I seguaci di Cristo sono alle prese con due esigenze in conflitto tra loro. Da un lato i cristiani vogliono la pace: si attendono ogni parola e ogni iniziativa in tal senso dai loro leader religiosi e politici, dai teologi, dai pastori. Dall’altro lato, i cristiani devono combattere: per le loro nazioni e comunità, per la loro fede e cultura. La formula di Bergoglio sembrò offrire una risposta solo alla prima domanda: «Non mi piace l’espressione guerra giusta. Si dice: “Io faccio la guerra perché non ho altra possibilità per difendermi”. Ma nessuna guerra è giusta. L’unica cosa giusta è la pace». Alla seconda domanda, al persistente bisogno di legittimazione della guerra, rispondono i fatti: l’obiezione di coscienza alla guerra preme meno ai vescovi di quella ad aborto e nozze gay, i cappellani militari sono vivi e vegeti, prosperano i crocifissi sovranisti e nazionalisti.