Corriere La Lettura 23.9.18
Il progresso del male
Dalla secessione americana all’Iraq, la spirale di tattiche e tecnologia
Lezioni di sangue ogni volta peggiori
di Elliot Ackerman
«Che
la guerra sia così terribile è un bene, altrimenti ci piacerebbe
troppo». Robert E. Lee, il comandante dell’esercito confederato,
pronunciò queste parole il 13 dicembre 1862, durante la battaglia di
Fredericksburg della guerra civile americana. Quel giorno Lee affrontò
un esercito unionista quasi due volte più numeroso del suo. Collocò i
suoi soldati dietro un muro in cima a una collina. Le forze unioniste
credevano che se avessero assaltato la posizione di Lee l’avrebbero
sopraffatto. Quello che non avevano capito — e non lo aveva compreso
nemmeno Lee, a quanto pare — era che Lee possedeva un significativo
vantaggio tecnologico: il nuovo moschetto a canna rigata.
I
generali presenti sul campo di battaglia avevano studiato le guerre
napoleoniche, che esibivano un culto per l’offensiva, la convinzione che
truppe ben addestrate, disciplinate e in numero prevalente sarebbero
sempre state in grado di sopraffare gli avversari in un assalto
frontale. La differenza, in quel giorno del 1862, era che i moschetti
usati in epoca napoleonica riuscivano a essere precisi solo a una
distanza di cinquanta metri, mentre il moschetto a canna rigata usato
dalle truppe del generale Lee sparava con precisione fino a duecento
metri. Quando a Fredericksburg gli unionisti attaccarono, i confederati
li colpirono a una distanza quattro volte maggiore di quella da loro
utilizzabile. Il risultato fu un massacro, il primo del genere. La sera
del 13 dicembre il campo di battaglia davanti a Lee era coperto di
cadaveri. Fu una delle sue più grandi vittorie, anche se «terribile»,
come disse lui stesso.
Le lezioni che si apprendono in una guerra
si applicano sempre in quella seguente, spesso con effetti deleteri. La
Prima guerra mondiale fu il successivo conflitto di proporzioni
paragonabili alla guerra civile americana. Fu caratterizzato dalla
guerra di trincea. Lasciare la protezione della trincea e attaccare in
terreno aperto equivaleva a un suicidio. Quando i soldati cercarono di
andare all’offensiva — alla Somme, a Mons o a Passchendaele — vennero
uccisi a decine e talvolta anche a centinaia di migliaia.
In
guerra c’è la difesa e c’è l’offesa. Nella Prima guerra mondiale la
difesa regnava sovrana. Il moschetto a canna rigata fu sostituito dalla
mitragliatrice. Nel 1918 molti teorici militari pensavano che i
progressi tecnologici avessero reso l’offesa la forma di guerra
decisamente più debole. In tutta Europa le nazioni costruirono elaborati
sistemi di difesa statica per proteggere i loro confini, ormai convinti
che il volto della guerra fosse mutato per sempre.
Presto
sarebbero stati smentiti. Proprio come il moschetto a canna rigata aveva
ribaltato l’esito della battaglia quasi cento anni prima, nel 1940 un
altro sviluppo tecnologico spostò nuovamente l’equilibrio. Si trattava
del carro armato. A che cosa serviva una rete di difese statiche, ad
esempio la Linea Maginot francese, quando un esercito nemico poteva
semplicemente aggirarla? Fu quel che fecero i tedeschi nella famosa
guerra lampo di quell’estate, cambiando per sempre il volto della
battaglia. Molti direbbero che l’ultima grande guerra terrestre, simile
alla guerra lampo tedesca, fu la sconfitta in cento ore dell’esercito
iracheno da parte degli americani, durante la Guerra del Golfo del 1990.
Ironia
della sorte, quando gli Stati Uniti tornarono in Iraq più di un
decennio dopo, appresero quanto inefficace potesse essere un grande
esercito convenzionale nell’affrontare forze non convenzionali di
insorti. La guerra più rapida degli Stati Uniti contro gli iracheni, in
Kuwait, portò a uno dei più lunghi conflitti in Iraq. La guerra era
diventata asimmetrica. Gli attacchi con ordigni esplosivi improvvisati
avevano sostituito le battaglie campali. Decapitare un singolo
prigioniero su YouTube spargeva il terrore tra la gente come una volta
facevano i raid aerei. Nel nostro mondo globale iperconnesso una
divisione corazzata di carri armati non può far nulla per proteggere un
Paese da attacchi come quelli al Bataclan di Parigi nel 2015 o alla
Manchester Arena nel 2017. La guerra moderna è caratterizzata da
insurrezioni e ribellioni. Ma come andrà a finire?
Quando
combattevo in Afghanistan, i talebani dicevano: «Voi americani avete gli
orologi, ma noi abbiamo il tempo». Sapevano che la fissazione
dell’America per la tecnologia era una debolezza. La loro era una guerra
a bassa tecnologia. Combattevano con fucili vecchi. Con esplosivi
sepolti nelle strade. Con i cellulari invece delle radio criptate. E ci
hanno combattuto con la pazienza. Sapevano che avremmo faticato a
stargli dietro. Sapevano anche che avevamo la tendenza a ricorrere alla
tecnologia per risolvere problemi, mentre a volte non esiste una
soluzione tecnologica.
Alcune lezioni di quella guerra verranno
raccolte dai teorici militari. La natura della guerra rimarrà però
invariata. Come disse di essa Carl von Clausewitz, teorico militare
dell’Ottocento e veterano di molte campagne napoleoniche, «il sangue è
sempre il suo prezzo e il massacro il suo carattere». Le lezioni che una
guerra trasmette alla seguente sono sempre le più costose, poiché
vengono pagate con quel sangue.
Si prenda ad esempio il generale
Lee, il vincitore di Fredericksburg. Nel luglio successivo combatté
un’altra battaglia, la più significativa della sua carriera, in una
cittadina della campagna della Pennsylvania posta a un incrocio:
Gettysburg. La battaglia durò tre giorni. Nell’ultimo pomeriggio il
generale Lee era convinto che le forze unioniste davanti a lui fossero
stanche, deboli e pronte a crollare. Si erano riparate su una bassa
collina dietro un muro, proprio come i confederati sette mesi prima.
Nonostante tutto quel che il generale Lee aveva visto, non aveva dubbi
sullo spirito combattivo dei suoi soldati.
Un luogotenente di Lee,
il generale Longstreet, era stato con lui quel dicembre. Longstreet
aveva capito la precisione devastante e la portata dei moschetti a canna
rigata. Ma Lee non volle ascoltarlo. Ordinò quella che sarebbe stata
definita la carica di Pickett, un assalto condotto attraversando
trecento metri di terreno scoperto. Quel pomeriggio le forze unioniste
vi avrebbero ucciso oltre un migliaio di soldati confederati. Lee
avrebbe perso la battaglia, e con essa la guerra. Non sarebbe stato il
primo generale, e sicuramente non sarà l’ultimo, a pagare un alto prezzo
per non aver appreso una lezione, ma i soldati l’avevano imparata.
Durante l’attacco dei confederati, gli unionisti dietro le mura
scandivano: «Fredericksburg! Fredericksburg!», mentre scaricavano sui
nemici i loro fucili.
(traduzione di Maria Sepa)