domenica 9 settembre 2018

Corriere 9.9.18
Le tesi di Wilders: «Noi diversi ma uniti Lottiamo tutti contro l’islamizzazione»
intervista di Federico Fubini


CERNOBBIO (COMO) Geert Wilders, 55 anni, capo del Partito della libertà olandese, sa cosa vuol dire finire in tribunale facendo politica. Due anni fa è stato condannato per aver incitato alla discriminazione contro gli immigrati. In questi giorni è al Forum Ambrosetti, dove ha incrociato il vicepremier Matteo Salvini.
Salvini si è appena unito a The Movement, la fondazione di Steve Bannon per portare il programma trumpiano alle elezioni europee del 2019. Entrerà anche lei?
«Ancora non so. Bannon mi ha contattato, verrà all’Aia. Mi piace l’iniziativa per il modo in cui cerca di unire le forze di tutti questi movimenti per il 2019. Ancora non ci siamo parlati, ma di sicuro plaudo all’iniziativa».
Le europee saranno una sfida fra i pro europei e i nazionalisti come lei, Salvini, Marine Le Pen e Viktor Orbán e la destra radicale svedese, austriaca e tedesca?
«Salvini, io stesso, Le Pen, il nostro collega austriaco Heinz-Christian Strache siamo partiti cinque anni fa. Abbiamo formato un gruppo nell’Europarlamento, gran parte dei nostri partiti si sono rafforzati: noi siamo secondi in Olanda, in Svezia sono in crescita, Le Pen ha preso dieci milioni di voti, mentre Salvini, Orbán e Strache governano. È una lotta per la sovranità, l’identità e contro l’immigrazione di massa. Alcuni di noi sono anti Ue, altri sono critici dell’Europa. Ma tutti siamo per l’identità nazionale e contro l’islamizzazione».
In Olanda non più del 5% della popolazione si dichiara di religione musulmana. Perché tanta paura di quella che lei chiama «islamizzazione»?
«È un problema enorme. Non dico che tutti i musulmani siano gente poco raccomandabile, ma oggi abbiamo un milione di musulmani su 17 milioni di abitanti in Olanda. Non dico siano pericolosi. Ma il 70% dei musulmani crede che le leggi dell’Islam siano più importanti delle leggi fatte dal Parlamento. E l’11%, secondo l’Università di Amsterdam, è disposto a usare la violenza per difendere l’ideologia islamica».
Anche se i suoi sondaggi fossero corretti, questi abitanti di fede musulmana rispettano la legge olandese. Dov’è il problema?
«Sono sovrarappresentati in tutte le statistiche sui reati e la dipendenza dal welfare».
Ma in Olanda una quota importante di occupati è fatta di stranieri: pagano tasse e contributi e pochi fra loro sono già in pensione. Perché lei non ne parla mai?
«Quelli sono i figli o i nipoti di immigrati».
Le statistiche sbagliano?
«Paghiamo ogni anno 7 miliardi di euro per sostenere gli stranieri in disoccupazione. Ci sono dei somali da noi che non fanno nulla da decenni».
Lei dice che dev’esserci in Olanda e Europa una cultura dominante. Quale? I cristiani sono il 36%, gli atei il 50%.
«Io stesso sono agnostico, ma sottoscrivo i valori giudaico-cristiani. Non devi essere cristiano per sostenere i valori cristiani sui quali si basa la nostra cultura. Devi avere una cultura dominante. Sono contro la Ue e l’idea di uno stato sopranazionale che ci toglie l’identità. Il problema dell’islamizzazione è esistenziale. Quelli non vogliono integrarsi. Sono qui non per assimilarsi, ma per dominare e soggiogare. E guardi, la popolazione africana passerà da un miliardo e mezzo a più del doppio in questo secolo e almeno un terzo di loro vorrà venire in Europa».
L’Europa potrà gestire questi fenomeni se ogni Paese gioca da solo?
«Io sono per cooperare, ma non in un’unione politica. Il mio partito ha sostenuto un governo di minoranza del premier attuale, Mark Rutte, per due anni. L’accordo era che avremmo avuto una politica migratoria più dura, ma quando Rutte è andato a Bruxelles non gliel’hanno permesso. Non abbiamo più le chiavi della porta di casa nostra».
È per la libertà politica?
«Certo!»
Come fa a ammirare Orbán, che ha ridotto le libertà politiche?
«Non ci credo. Conosco Orbán da molto tempo, lo incontro più volte l’anno. Quello che dicono di lui è falso, lui per primo conosce i danni del totalitarismo. È uno dei pochi leader che affronta il tema dell’identità nazionale, è un esempio per il resto d’Europa».