mercoledì 5 settembre 2018

Corriere 5.9.18
Il Labour adotta un codice contro l’antisemitismo
di Luigi Ippolito


I laburisti britannici provano a lasciarsi alle spalle la polemica sull’antisemitismo che li ha assediati per tutta l’estate: ma difficilmente riusciranno a voltare completamente pagina. Ieri la direzione nazionale del partito ha finalmente adottato la definizione di antisemitismo codificata dall’Alleanza internazionale per il ricordo dell’Olocausto: ma l’ha accompagnata con una postilla in cui si fa salva la libertà di parola, ossia il diritto di critica a Israele. Era stata proprio la mancata adozione, all’inzio dell’estate, della definizione completa di antisemitismo a scatenare la controversia: la ritrosia dei laburisti era motivata con la volontà di non mettere la sordina a legittime critiche allo stato ebraico, ma molti vi hanno visto il risorgere di una latente ostilità agli ebrei. A gettare benzina sul fuoco hanno contribuito una serie di rivelazioni sul passato del leader Jeremy Corbyn: dalla sua presenza a una cerimonia per i palestinesi di Settembre nero a un discorso in cui rimproverava ai «sionisti» di «non capire l’ironia inglese». Corbyn ha subìto per questo dure contestazioni anche da parte di esponenti ebraici del suo partito: e anche se non tutti sono convinti che lui stesso sia un cripto-antisemita, resta il fatto che si è rifiutato di affrontare la questione di petto. Il problema è che Corbyn viene da una tradizione di ultrasinistra terzomondista e anti-imperialista, che lo porta automaticamente a solidarizzare con i palestinesi e a osteggiare Israele: un atteggiamento di fondo che può facilmente sconfinare nella tolleranza per posizioni ben più inquietanti. E quanto la situazione sia grave lo dimostra la rivelazione che Scotland Yard sta indagando su un dossier di episodi antisemiti nel Labour, per verificare se ci si trovi davanti a «crimini d’odio». Anche se l’imperturbabilità di Corbyn ha una spiegazione: finora la controversia non pare aver spostato consensi nell’elettorato.