mercoledì 5 settembre 2018

Corriere 5.9.18
Il documentario «Diversi, 1938» di Treves
Liliana Segre: sul razzismo riemerge l’indifferenza
di Stefania Ulivi


Venezia «Nel 1940 alla Mostra di Venezia fu proiettato in anteprima Süss l’ebreo, manifesto nazista dell’antisemitismo. Portare qui oggi Diversi, 1938, a ottant’anni esatti dalle leggi razziali in Italia, ha un significato profondo».
Giorgio Treves, regista del documentario presentato fuori concorso, è arrivato al Lido con una delle voci che, insieme a materiali d’archivio tra gli anni Trenta e il 1943, compongono un mosaico su quella pagina terribile della storia. Liliana Segre, senatrice a vita, internata da ragazzina a Auschwitz, oggi a 88 anni ancora testimone lucidissima e indomita dell’Olocausto. Se il mondo ha scoperto che cos’è il Binario 21 della Stazione centrale di Milano, parte del merito va a lei. «Sono una delle poche ancora in vita. Da trent’anni racconto soprattutto ai giovani quel che mi è successo quando avevo 13 anni con l’unica colpa di essere nata ebrea».
Fu l’amica Goti Bauer a convincerla a vincere il silenzio e dare voce all’orrore. «Portare qui il film significa molto perché oggi noto il risorgere di sentimenti osceni che erano stati tenuti segreti. Il razzismo e l’antisemitismo non sono mai sopiti, solo che si preferiva nella ritrovata democrazia non esprimerlo. Oggi il razzismo riemerge così come l’indifferenza generale che rese possibili quei crimini. Allora i senza nome eravamo noi ebrei, i senza diritti a cui veniva tatuato un numero sul braccio. Percepisco la stessa indifferenza per i migranti che muoiono nel mare d’indifferenza mentre il Mediterraneo si chiude sopra di loro».
Nel documentario — prodotto da Tangram — oltre a Liliana Segre, parlano storici, scrittori, politici e altri testimoni diretti. L’editore Bruno Segre, centenario o il medico Roberto Bassi che vediamo tornare per la prima volta nel cortile della scuola elementare Diaz di Venezia da cui fu cacciato, all’improvviso, una mattina di ottanta anni fa.