martedì 4 settembre 2018

Corriere 4.9.18
Sahra dà la rotta a sinistra «I governi devono fare ciò che vuole il popolo»
Da tempo nella Linke, la sinistra radicale, è uno dei politici più carismatici della scena tedesca
Nasce Aufstehen! Una sfida (alla socialdemocrazia) oltre Berlino
di Elena Tebano


«La sinistra deve tornare a impegnarsi per una politica sociale, non rappresenta più gli interessi del popolo». Studiosa marxista, figlia di un iraniano desaparecido e di una tedesca, cresciuta nella ex Ddr, Sahra Wagenknecht, 49 anni, da tempo nella Linke, la sinistra radicale, è uno dei politici più carismatici della scena tedesca. Oggi a Berlino lancia Aufstehen!, «In Piedi!», un movimento che vuole andare oltre i partiti (anche il suo) e offrire una risposta di sinistra ai populismi.
Dottoressa Wagenknecht, cosa può ottenere un movimento più dei partiti?
«C’è un divario crescente tra ciò che vuole la maggior parte delle persone e ciò che fa il governo. La società tedesca è in maggioranza favorevole a un aumento degli stipendi e delle pensioni e a tasse adeguate per i grandi gruppi industriali. Ma il governo non fa quello che vuole il popolo. Sempre più persone perdono fiducia nella politica. Con Aufstehen! vogliamo tornare a interessare alla politica chi si è allontanato dai partiti per la frustrazione o vota AfD per protesta, anche se non rappresenta davvero i suoi interessi».
Vede possibili alleati in Europa e in Italia?
«In tutta l’Europa i partiti di destra crescono in modo preoccupante, in Italia sono addirittura al governo. Abbiamo bisogno di un approccio movimentista. Sono contenta se succede anche in Italia».
I partiti populisti oggi sono molto forti: pensa che alle prossime elezioni europee la sinistra si possa rafforzare grazie al suo movimento?
«È il mio obiettivo. Se grazie alla pressione di un movimento extraparlamentare i partiti di sinistra tornano di nuovo a impegnarsi in modo credibile per una svolta sociale, allora si rafforzeranno».
Da cosa deriva l’attuale crisi della socialdemocrazia?
«Si è resa superflua perché rappresenta sempre meno gli interessi della popolazione e ormai si distingue a malapena dai conservatori. In Germania lo smantellamento dello Stato sociale è iniziato con il governo socialdemocratico, una tendenza che si è solidificata con la Grande Coalizione e che è stata venduta come “riforme”. Il sussidio di disoccupazione è stato smantellato, la liberalizzazione del mercato del lavoro ha aumentato quello precario e interinale, l’innalzamento dell’età della pensione è diventato per molti la strada verso una vecchiaia in povertà – tutto ciò è stato fatto da governi in cui c’era la Spd. La conseguenza è che la Spd si è incollata ai conservatori. Nella scorsa legislatura in Germania c’era ancora una maggioranza per Spd, Linke e Verdi. Invece di usarla per una nuova politica sociale, la Spd si è venduta ad Angela Merkel. È per questo che la destra è potuta diventare così forte».
Il salario minimo introdotto dall’attuale leader Spd Andrea Nahles non è un tentativo di invertire tale tendenza?
«Che finalmente sia stato introdotto un salario minimo è anche un successo della Linke, visto che abbiamo fatto pressione per anni in questo senso. E ovviamente è un bene che ci sia il salario minimo, anche se è così basso che non protegge dalla povertà, soprattutto in vecchiaia. Ma a parte ciò, dato che dal 2015 non c’è stato nessun altro tentativo da parte della Spd di revocare le cosiddette riforme del mercato del lavoro, rimane un misura insufficiente e isolata. Un’inversione di tendenza è un’altra cosa».
Lei si è opposta alla legge sull’immigrazione.
«Dobbiamo distinguere tra diritto all’asilo e migrazione economica. Il diritto all’asilo va difeso. Per l’immigrazione economica la questione è più complicata. Il dibattito sull’aprire i confini è una carta da giocare per chi vuole forza lavoro istruita a buon mercato – cioè per le grandi imprese. Non è un caso che le associazioni industriali cantino l’inno dell’immigrazione. Nessuno crede davvero che lo facciano per motivi umanitari. Si tratta di spietati interessi economici. Ma non può essere – e di sicuro non è una politica di sinistra – che i Paesi ricchi non formino abbastanza tecnici specializzati e invece li sottraggano ai Paesi poveri. Dove così vengono a mancare. La discussione sui migranti economici però non riguarda i rifugiati».
Perché l’AfD ottiene così tanti consensi all’Est?
«L’aumento dei voti di AfD riguarda tutta la Germania. Inoltre le attuali differenze tra i Länder orientali e occidentali hanno più motivi. I nodi chiave sono: un minor legame con i partiti tradizionali rispetto all’Ovest, minori esperienze di integrazione per il fatto che hanno avuto pochi immigrati e una frustrazione maggiore dovuta al vissuto negativo della Riunificazione, come anche la sensazione sempre presente di essere trattati come cittadini di seconda classe».
Non è una contraddizione che una parlamentare lanci via Internet un movimento «dal basso»?
«Non è decisivo chi dà la spinta iniziale. Ma chi entra a farne parte. Sarò contenta quando queste persone creeranno una rete, si troveranno sul territorio e daranno vita a campagne concrete. Come dice il nostro nome: si tratta di far alzare in piedi le persone per un’altra politica».