Corriere 29.9.18
Elettrodomestici Candy ai cinesi Qingdao Haier compra il 100%
La famiglia Fumagalli vende per 475 milioni. È l’ultimo marchio italiano del bianco
di Corinna De Cesare
Candy
come la canzone di Nat King Cole ma in Italia, quando parlavi di Candy,
parlavi della lavatrice. Merito dei Fumagalli di Monza che nell’Italia
post-bellica del boom economico portarono nel nostro Paese la prima
lavabiancheria «made in Italy» con riscaldamento dell’acqua e pompa di
scarico. «Tante grazie, è Candy» diceva lo spot degli anni 50. Fu una
vera rivoluzione, cui seguì la semi-automatica con risciacquo e
centrifuga. Insieme a tutto il resto: lavastoviglie, frigoriferi. Fino
ad arrivare alle acquisizioni, l’internazionalizzazione e le operazioni
che portarono la ex Officine Meccaniche Eden Fumagalli al gruppo da 1,14
miliardi di fatturato di oggi, con 4.660 dipendenti e sei stabilimenti
in Europa. Il quartiere generale però è sempre rimasto lì, a Brugherio, e
lì resterà anche ora che Candy è stata ceduta ai cinesi di Haier.
L’ultima
grande azienda italiana del «bianco», un settore che fino a poco tempo
fa faceva dell’Italia la fabbrica d’Europa degli elettrodomestici, è
passata infatti alla Qingdao Haier per 475 milioni di euro. Al gruppo
quotato sul listino di Shanghai andrà il 100% dello storico marchio
della famiglia Fumagalli, che resterà operativa fino al perfezionamento
della vendita all’inizio del 2019. Poi i Fumagalli usciranno di scena
pur restando nel consiglio. Nel giugno dello scorso anno Candy aveva
annunciato un ambizioso piano di investimenti da quasi 300 milioni di
euro in tre anni. Piani confermati anche dopo la vendita. «Resteremo nel
board proprio per verificare che saranno realizzati — dice
l’amministratore delegato Beppe Fumagalli rassicurando i sindacati
preoccupati per il futuro dei mille lavoratori di Brugherio —. Per il
gruppo si apre una fase di espansione, cinque mesi fa non avevamo
intenzione di vendere, poi siamo entrati in contatto con questa azienda e
ne è nata un’operazione finanziaria».
Da poche settimane però le
sigle sindacali avevano firmato un accordo per gestire con la cassa
integrazione 200 esuberi a Brugherio. La paura è quella di finire come
le tante aziende italiane acquistate da gruppi internazionali e poi
ridimensionate o chiuse. «La preoccupazione è comprensibile ma c’è
l’impegno — aggiunge Fumagalli — di mantenere la sede come quartier
generale per almeno dieci anni e dal punto di vista produttivo saranno
rispettati tutti gli accordi».
È stata la forza europea di Candy,
che vanta anche marchi come Hoover e Rosières, ad attrarre i cinesi di
Haier considerati da Euromonitor come il maggior marchio di
elettrodomestici al mondo in termini di vendite. Candy consegue oggi il
fatturato principalmente dall’estero (Uk e Francia i principali mercati)
ma come per tutti i gruppi del «bianco», ha risentito molto della crisi
economica. Dopo tre anni in perdita, tra il 2011 e il 2014, nel 2016 il
bilancio si è chiuso con il superamento della soglia storica di un
miliardo di euro di ricavi. Non è bastato e i Fumagalli hanno ceduto
alla corte dei cinesi. «Tante grazie, è Candy».